Traffico di feti abortiti (e non solo), spunta un nuovo video
Nuovi orrori dall’industria dell’aborto negli Usa. Gli investigatori del Cmp hanno scoperto che i bambini “abortiti”, in alcuni casi, erano vivi e venivano poi uccisi per rivenderne tessuti e organi. L’ammissione - da parte di Perrin Larton dell’Abr - è contenuta in un nuovo video girato di nascosto. E trova conferma nella testimonianza sotto giuramento di Deborah Nucatola della Planned Parenthood.
Il Center for Medical Progress (CMP) è un’organizzazione pro-life divenuta nota perché tra il 2014 e il 2015, tramite videoregistrazioni realizzate sotto copertura, dimostrò che Planned Parenthood (PP), un network di cliniche abortiste attive in tutto il mondo, vendeva parti di bambini abortiti e praticava l’aborto a nascita parziale (clicca qui e qui).
Ora gli investigatori del CMP hanno scoperto che i bambini abortiti - in alcuni casi - non erano abortiti affatto, ma erano vivi e venivano poi uccisi per rivenderne tessuti e organi. Ciò si spiega perché più il feto è maturo come età gestazionale, più è formato e quindi tessuti e organi si trovano in uno stadio migliore di sviluppo. E dunque più i tessuti e gli organi sono sviluppati maggiore sarà il ricavo.
In un nuovo video, sempre girato di nascosto, gli uomini sotto copertura del CMP hanno raccolto la testimonianza di Perrin Larton, uno dei principali responsabili di Advanced Bioscience Resources Inc. Lasciamo la penna al CMP per spiegare cosa sia questa società per azioni:
«L’Advanced Bioscience Resources, Inc. (ABR) è probabilmente il più grande grossista negli Stati Uniti di parti del corpo fetale abortito. Con sede nell’area della baia est di San Francisco ad Alameda, in California, ABR, sin dalla sua fondazione nel 1989, ha svolto attività di intermediazione per decine di milioni di dollari in transazioni relative a parti del corpo di bambini appena abortiti. Le entrate annuali di ABR sono ricomprese tra 1,1 e 1,5 milioni di dollari, tutte entrate provenienti dalla vendita di organi e tessuti fetali appena abortiti. ABR guadagna raccogliendo e acquistando da cliniche per l’aborto presenti in tutto il Paese, inclusi diversi mega-centri di Planned Parenthood, minuscoli fegati, polmoni e cervelli prelevati da feti sani uccisi a 4, 5 e 6 mesi di gestazione e rivendendo le parti del corpo ai laboratori di ricerca finanziati dai contribuenti a prezzi enormi. I clienti di ABR, come Food and Drug Administration [è l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi sociali degli Stati Uniti d’America, ndr] e gli Istituti nazionali della salute che fanno capo al Dipartimento federale della salute e dei servizi sociali, usano le parti del bambino abortito in tarda età per ogni tipo di sperimentazione demoniaca, anche trapiantando organi, tessuti e cellule in roditori per creare i cosiddetti “Topi umanizzati”».
Dunque, Perrin Larton della Advanced Bioscience Resources, nel video del CMP, ammette di essere a conoscenza di casi in cui vi erano bambini con cuore battente destinati alla dissezione. A confermare le parole di Larton, c’è anche la testimonianza sotto giuramento della dottoressa Deborah Nucatola, ex direttore senior dei servizi medici per Planned Parenthood, la quale, volendo escludere che PP uccidesse bambini nati vivi, sostiene che gli interventi abortivi venivano praticati solo su feti non “viable”, ossia che non potrebbero sopravvivere, indicando però alcuni criteri per stabilire la possibilità di sopravvivenza alquanto incerti come il peso fetale e la salute del nascituro.
Nel gennaio del 2017 il Congresso pubblicò un corposo report che forniva ampie prove che Planned Parenthood era immischiata in questa compravendita di tessuti e organi fetali. Ma la procedura per incriminare PP si arenò, a motivo dell’orientamento filo abortista di alcuni giudici. A causa di ciò nel settembre di quello stesso anno 18 parlamentari scrissero al ministro della Giustizia affinché si proseguisse nell’inchiesta giudiziaria. Poco o nulla si mosse. E allora nel giugno del 2019 ben 67 membri del Congresso scrissero una lettera al procuratore generale William Barr e al direttore dell’FBI Christopher Wray chiedendo lumi sul perché tutta la vertenza giudiziaria fosse ancora in stallo. Ma anche in questo caso nulla successe. Anzi, gli investigatori sotto copertura del CMP finirono davanti ad un giudice per rispondere dei danni causati a PP (clicca qui e qui). Tanto per comprendere come le lobby abortiste siano assai potenti e capaci di infiltrarsi nei piani più alti della magistratura statunitense.