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INTERVISTA

«Tra Wojtyła e Padre Pio, vi racconto le confidenze del cardinale Deskur»

Il 3 settembre 2011 moriva il cardinale Andrzej Maria Deskur, amico di Karol Wojtyla fin dai tempi del seminario, dove il santo polacco manifestò il dono dell’«orazione infusa». Pochi sanno che Deskur ebbe un ruolo importante nei rapporti tra il futuro Papa e Padre Pio. E che fu incaricato da Giovanni Paolo II di incontrare suor Lucia di Fatima per sapere se la consacrazione del 1984 fosse avvenuta come chiesto dalla Madonna. La Nuova Bussola intervista il direttore di Padre Pio TV, Stefano Campanella, che raccolse le confidenze di Deskur

Ecclesia 13_09_2020 English Español

Il 17 ottobre del 1978, subito dopo l’elezione al soglio pontificio, Giovanni Paolo II si recò privatamente al Gemelli di Roma per fare visita a un suo amico colpito da un ictus. La visita del 17 ottobre è ritenuta ufficialmente il primo “viaggio” del Papa polacco fuori dal Vaticano. In quell’occasione il Pontefice pronunziò poche parole: «Sono venuto qui per visitare il mio amico, il mio collega, il vescovo Andrzej Deskur, presidente della Pontificia commissione delle Comunicazioni sociali, da cui ho ricevuto tanto bene e tanta amicizia, e che da qualche giorno è finito in ospedale in gravi condizioni».

In questo modo il mondo intero scoprì l’amicizia tra il Papa appena eletto e un monsignore polacco, Andrzej Maria Deskur (29 febbraio 1924 - 3 settembre 2011), appunto. I due si erano conosciuti al termine della Seconda Guerra Mondiale nel seminario di Cracovia. Le loro strade si erano poi temporaneamente separate: nel 1952 Deskur era giunto a Roma per prestare il suo servizio nella Curia, dove si è distinto come uno dei più importanti personaggi che hanno introdotto la Chiesa nel mondo dei media. Dopo l’ictus del 1978 era stato costretto sulla sedia a rotelle.

Chi fosse il cardinale Deskur per Giovanni Paolo II possiamo apprenderlo anche dalla lettera che il Papa gli inviò per l’80° compleanno: «Nel giorno in cui stai ringraziando Dio per 80 anni di vita, mi unisco a te in una preghiera di lode per tutto il bene che è nato in questi anni per Sua grazia. Invece io personalmente Ti ringrazio soprattutto per gli ultimi 25 anni in cui hai accompagnato il mio ministero alla Cattedra di Pietro in un modo unico: attraverso il sacrificio della sofferenza sopportato in silenziosa devozione a Cristo e sua Madre, nella perseverante preghiera e in uno spirito di amore per la Chiesa, e attraverso la sincera amicizia e fraterni consigli (…)».

Non tutti sanno che Deskur ebbe un ruolo importante nei rapporti tra Giovanni Paolo II e un altro santo mistico del XX secolo: Padre Pio. Ne abbiamo parlato con Stefano Campanella, scrittore prolifico e direttore della Padre Pio TV.

Campanella, potrebbe spiegarci perché possiamo parlare di un rapporto speciale tra Karol Wojtyla e Padre Pio? Si sa ad esempio di lettere scritte dal primo al secondo…
Sì, monsignor Wojtyla conobbe personalmente Padre Pio e gli scrisse almeno tre lettere, che attestano due miracoli ottenuti per intercessione del frate cappuccino, sollecitati dal prelato polacco: la guarigione della dottoressa Wanda Poltawska, psichiatra, e quella del figlio di un avvocato, ambedue di Cracovia.

Quale ruolo ebbe il cardinale Deskur nei rapporti tra Giovanni Paolo II e Padre Pio?
Il 30 gennaio 2004 ho avuto l’onore di intervistare il cardinale Deskur nel suo appartamento in Vaticano sui rapporti tra Giovanni Paolo II e Padre Pio. Il cardinale fu il testimone diretto di alcuni degli eventi che legano il Papa e il Frate ed è anche una persona che ha potuto raccogliere dalla viva voce di Giovanni Paolo II altri fatti, perché legato al santo Pontefice da profonda e lunga amicizia che iniziò nel seminario di Cracovia. Deskur mi raccontava che i compagni di seminario di Wojtyla si accorsero di trovarsi di fronte a un giovane speciale. Scoprirono, infatti, che aveva il dono dell’«orazione infusa»: «Durante l’ora di meditazione tutti si giravano, guardavano chi entrava e chi usciva. Lui era l’unico che non si muoveva mai». Deskur ha rivelato anche che Wojtyla è sempre stato «molto riservato per tutto quello che riguarda la sua vita spirituale».

Dopo il seminario, le strade di Deskur e Wojtyla si divisero.
Sì, ma i due si ritrovarono durante i lavori del Concilio Vaticano II. A monsignor Deskur - che nel 1952 era stato chiamato al servizio della Santa Sede con l’incarico di sottosegretario della Pontificia Commissione per la Cinematografia, la Radio e la Televisione - era stato assegnato un appartamento in Vaticano, dove ogni tanto ospitava l’amico arcivescovo di Cracovia. Alzatosi per caso, una notte, Deskur trovò il futuro Papa nella stanza adibita a cappella. Era disteso per terra dinanzi al tabernacolo, con le braccia aperte, a forma di croce, profondamente immerso nella preghiera. Tale modo di immergersi nel dialogo profondo con il Signore è continuato anche dopo l’elezione al soglio pontificio. Chi ha letto la Positio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II ha riferito, inoltre, che almeno due testimoni hanno dichiarato di aver visto il Pontefice in preghiera così intensa che sembrava un dialogo con qualcuno invisibile che era davanti a lui: una volta nei Giardini Vaticani e l’altra dinanzi alla Madonna Nera di Czestochowa.

Al periodo del Concilio risale anche il primo episodio che lega Wojtyla, Padre Pio e Deskur.
Sì, perché proprio nel novembre 1962 arrivò a mons. Wojtyla, che si trovava a Roma, la notizia della grave malattia di Wanda Poltawska, sua figlia spirituale e amica. Allora Wojtyla si ricordò di Padre Pio, già incontrato nel 1948, e pensò di chiedergli preghiere per la donna, madre di quattro figlie. Fu proprio Deskur a permettergli di entrare in contatto epistolare con Padre Pio. Il 17 novembre 1962 Wojtyla scrisse una prima lettera (vedi foto), che Deskur fece giungere a San Giovanni Rotondo tramite il dattilografo della Segreteria di Stato, Angelo Battisti, che era figlio spirituale di Padre Pio. Battisti recapitò la lettera a Padre Pio, che dopo essersi fatto leggere il contenuto pronunciò la famosa frase: «A questo non si può dire di no». A distanza di alcuni giorni, prima del programmato intervento chirurgico per eliminare la massa neoplastica, la donna fu sottoposta ad un nuovo esame diagnostico da cui risultò che il tumore era completamente scomparso. Questa notizia raggiunse immediatamente Wojtyla che si sentì in dovere di ringraziare Padre Pio: il 28 novembre scrisse la seconda lettera che, sempre attraverso mons. Deskur e Battisti, venne recapitata a Padre Pio. In quell’occasione il Frate disse: «Sia ringraziato Dio!». E consegnò a Battisti entrambe le missive, aggiungendo: «Tienile, queste lettere». L’impiegato vaticano le ripose in un cassetto e le ritrovò casualmente nello stesso mese e nello stesso anno in cui quel vescovo che le aveva scritte divenne Papa con il nome di Giovanni Paolo II.

C’è anche un altro episodio, giusto?
Nell’autunno del 1974, il già cardinale Wojtyla si trovava di nuovo a Roma e, siccome si approssimava la data dell’anniversario della sua ordinazione sacerdotale (1 novembre 1946), decise di commemorare la ricorrenza proprio a San Giovanni Rotondo e celebrare la Messa accanto alla tomba di Padre Pio. E Deskur, che spesso organizzava i viaggi del cardinale Wojtyla in Italia e lo accompagnava, organizzò anche il viaggio in Puglia, con l’aiuto dell’ingegnere Pietro Gasparri, che era uno dei dirigenti della Casa Sollievo della Sofferenza.

Per una serie di vicissitudini (il 1° novembre fu particolarmente piovoso) la comitiva composta da Wojtyla, Deskur e altri sei sacerdoti polacchi ritardò parecchio, arrivando la sera intorno alle 21. Purtroppo, Wojtyla non poté esaudire il proprio desiderio di celebrare la Messa presso la tomba di Padre Pio proprio nel giorno dell’ordinazione. Perciò lo fece il giorno dopo, rimanendo a San Giovanni Rotondo fino alla mattina del 3 novembre, con una sola escursione a Monte Sant’Angelo.

Grazie al cardinale Deskur ha quindi potuto scoprire tanti fatti straordinari su Giovanni Paolo II e sul suo rapporto con Padre Pio.
Deskur mi ha detto solo una parte delle cose che conosceva perché, come mi ha spiegato, «altre cose ho saputo in confessione e non posso raccontarle». Ma tra le cose che mi disse ce n’erano alcune molto significative. Un giorno monsignor Jozef Michalik chiese al Papa qualche cosa di più sul suo rapporto con Padre Pio. E Giovanni Paolo II gli raccontò di un rapporto speciale fin dall’inizio. Quando nei primi giorni di aprile del 1948 il giovane sacerdote Wojtyla si recò a San Giovanni Rotondo, il cappuccino gli rivelò ciò che non aveva confidato e non avrebbe mai più confidato a nessuno, nemmeno ai suoi confessori, e cioè che, oltre alle cinque piaghe della stimmatizzazione e a quella della transverberazione, aveva anche una sesta piaga sulla spalla, come quella che Gesù si procurò portando la croce o il patibulum sulla via del Calvario. Era la piaga «che faceva più male», perché si era «suppurata» e non era mai «stata curata dai medici».

All’epoca non potevo pubblicare di più, ma quando Giovanni Paolo II è stato beatificato, mi sono sentito libero di pubblicare altre rivelazioni: la prima, di cui ho già parlato, è il dono dell’orazione infusa. L’altra riguarda la Madonna di Fatima. Nel 1997 Deskur si recò a Coimbra, su mandato di Giovanni Paolo II, per incontrare suor Lucia e chiederle se l’atto di affidamento e consacrazione a Maria del 1984, compiuto insieme con tutti i vescovi del mondo, fosse stato fatto secondo le modalità volute dalla Madonna. Al termine del colloquio, dopo aver ricevuto le assicurazioni richieste, il cardinale chiese alla religiosa se dovesse «riferire qualcosa al Santo Padre» da parte della Madonna. E suor Lucia rispose: «Non è necessario, perché la Madonna gli parla direttamente». E questa è un’ulteriore conferma del tratto mistico di Giovanni Paolo II.