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ELEZIONI

Tra Kiev e Mosca si fa strada il compromesso

Il nuovo presidente Poroshenko è per l'Europa, ma riconosce alla Russia il ruolo di garante della sicurezza. Una professione di realpolitik che sembra tranquillizzare Mosca, già pronta a togliere il sostegno ai separatisti di Donetsk.

Esteri 28_05_2014
Petro Poroshenko

Subito dichiarandosi contrario all’ingresso dell’Ucraina nella Nato e dichiarando che la Russia è «un vicino senza il quale non è possibile garantire la sicurezza dell'Ucraina», il nuovo presidente ucraino  Petro Poroshenko - eletto l’altro ieri, 26 maggio, con il voto della maggioranza assoluta di quel 60 per cento circa degli elettori recatisi alle urne - ha dato perciò l’impressione di essere persona probabilmente capace di fare uscire il suo Paese dalla crisi che lo attanaglia. 

Fondatore e proprietario di una grossa azienda dolciaria, che gli ha valso il soprannome di “re del cioccolato”, Poroshenko, ritenuto uno degli uomini più ricchi dell’Ucraina, si era schierato dalla parte dei gruppi “filo-europei” che con il loro presidio di piazza Maidan a Kiev avevano provocato la crisi del governo di Viktor Yanukovic (fuggito infine in Russia nello scorso febbraio).

Diversamente  però  dall'ex eroina della Rivoluzione arancione, Yulia Timoshenko, che ha raccolto soltanto il 13,1 per cento dei consensi, Poroshenko è un uomo pragmatico che rifugge da posizioni estreme. Ha comunque dichiarato che non riconoscerà il referendum separatista nell'est del Paese né tantomeno l'annessione della Crimea alla Russia, ma appare in effetti consapevole che i due casi non sono identici. Mentre l’Est del Paese, pur se ormai da tempo di lingua russa, ne è parte integrante, la Crimea invece è un territorio russo dalla fine del secolo XVIII, e di grande importanza strategica per Mosca, che venne trasferito dalla Russia all’Ucraina solo ai tempi di Kruscev. Quindi è possibile che la crisi si concluda infine con l’accettazione da parte di Kiev della perdita della Crimea da un lato, e dall’altro con la rinuncia da parte di Mosca di ogni pretesa sulle regioni russofone dell’Est ucraino. Tutto sommato una soluzione ragionevole.  

Mentre scriviamo sembra che le forze governative ucraine abbiano ripreso il controllo dell’aeroporto di Donetsk togliendolo alle milizie filo-russe che lo avevano occupato (ma i durissimi scontri a Donetsk sembra abbiao provocato cento morti). Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov si è frattanto detto pronto al dialogo diretto con Kiev e con Petro Poroshenko, e i separatisti filorussi dell'autoproclamata repubblica di Donetsk si dicono a loro volta disponibili a trattative con il governo ucraino anche se “solo con la partecipazione di mediatori", tra cui la Russia.

Una proposta quest’ultima peraltro respinta da Poroshenko che li ha definiti dei criminali, dei fuorilegge che non rappresentano affatto le popolazioni che pretendono di rappresentare. Questo insieme di fatti induce a credere che appunto Mosca stia facendo venir meno il suo sostegno agli insorti delle regioni dell’Est, e che dunque si stia procedendo verso la soluzione di compromesso di cui si diceva. Dalla crisi potrebbe così uscire un’Ucraina più vicina all’Unione Europea, ma che non rimette in discussione i suoi inevitabili rapporti di speciale prossimità con la Russia. In questo nuovo quadro, peraltro accettabile, diventa ulteriormente  importante che l’Unione Europea si dia una politica “danubiana” meno casuale e passiva di quella che ha avuto finora. Diciamo ancora una volta che il nostro Paese avrebbe qualcosa di suo da dire al riguardo.