Tra guerra e pace: il rapporto Trump-Putin e l’Europa suicida
Trump ha bisogno di riallacciare i rapporti con la Russia sia per risolvere il conflitto in Ucraina che per altre crisi mondiali, in primis nel Medio Oriente. Pragmatismo e utopia. Il suicidio dell’Europa, succube di Obama e Biden. Dal videoincontro con Gianandrea Gaiani.

Dall’Ucraina al Medio Oriente: con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca diversi scenari sembrano cambiati, ma un’eventuale pacificazione delle attuali aree di conflitto passa dal riallacciare i rapporti con la Russia. È di questo che si è parlato in modo approfondito nel Venerdì della Bussola trasmesso ieri e intitolato Tra guerra e pace: alla conduzione il direttore Riccardo Cascioli, che ha avuto come ospite Gianandrea Gaiani, nota firma del nostro quotidiano e direttore di Analisi Difesa.
Gaiani ha ricordato innanzitutto che Trump «ha detto, nel suo discorso d’insediamento, che vuole passare alla storia come il pacificatore. Già nel suo primo mandato non ha scatenato guerre» e, inoltre, «ne ha risolte alcune», vedi l’accordo di Doha (2020) con i talebani. Diverse crisi odierne, in primis quella russo-ucraina, sono in buona parte eredità delle amministrazioni Biden e Obama. In particolare, sull’Ucraina, Trump ha valutato che la strategia americana di continuare la guerra per destabilizzare la Russia è fallita. «Anzi – ragiona Gaiani – l’operazione fatta da Biden ha portato la Russia a stringere rapporti ancora più solidi con la Cina, ma anche con la Corea del Nord e l’Iran». Per riprendere dialoghi proficui con queste ultime tre nazioni e vestire davvero i panni del pacificatore sulla scena mondiale, «Trump ha bisogno di Putin perché queste nazioni sono strettamente alleate alla Russia». Dunque, la risoluzione del conflitto in Ucraina è parte di un progetto più ampio, come dimostrerebbe il fatto che nei colloqui russo-americani «il primo argomento è il ripristino delle relazioni diplomatiche ed economiche» tra le due superpotenze.
Riguardo alla ventilata tregua di trenta giorni, Gaiani ha spiegato che Putin ha le carte in mano per dettare le condizioni, perché sta vincendo la guerra: condizioni che consistono in un congelamento dello status quo (con lo stop degli aiuti militari a Kiev e dell’arruolamento e addestramento delle truppe ucraine). Ma Zelensky non sembra disposto ad accettare, perciò «oggi l’unico modo per arrivare a un accordo è la sua rimozione», che passi possibilmente da quelle elezioni fin qui posticipate sine die; fatto che si aggiunge ai partiti di opposizione messi fuori legge dallo stesso presidente ucraino.
Gaiani giudica necessario «trovare un accordo che riporti la pace, perché questa è l’unica soluzione pragmatica». E ricorda che nel 2022, dopo un mese e mezzo dall’inizio del conflitto, l’accordo lo si era trovato, a Istanbul, ma poi gli ucraini si sarebbero convinti a non firmarlo perché «Boris Johnson e l’amministrazione americana» li avevano indotti «a continuare la guerra», con l’idea di sconfiggere la Russia. Se allora l’Ucraina avrebbe potuto limitare i danni, adesso la situazione è peggiorata. I russi, dopo che l’invasione non si è conclusa con la guerra-lampo che immaginavano all’inizio, si sono riorganizzati. «Più tempo passa, più gli appetiti russi crescono perché i russi avanzano, conquistano nuovi territori e aumentano le loro pretese», afferma il direttore di Analisi Difesa.
In tutto questo, l’altra grande sconfitta appare oggi l’Europa. Secondo Gaiani, che già nel 2023 aveva pubblicato un libro sull’argomento (L’ultima Guerra contro l’Europa), nell’ottica americana «questa guerra aveva l’obiettivo di indebolire la Russia e di eliminare l’Europa come competitor commerciale-economico degli Stati Uniti. Si vede fin da lontano», dice l’analista, cioè da quando «gli americani organizzano nel 2014 il golpe del Maidan». Gaiani richiama al riguardo le dichiarazioni ufficiali di Victoria Nuland (in risposta a una domanda di Marco Rubio) sui 5 miliardi di dollari spesi per portare l’Ucraina fuori dall’orbita russa, nonché le spinte di Obama e Biden affinché i Paesi europei smettessero di comprare gas russo: «Gli americani volevano portarci a comprare il loro gas che costa infinitamente di più», con ovvie ricadute negative per l’economia europea. «Il problema non è che gli americani facciano i loro interessi, ma che l’Europa faccia gli interessi altrui: ci siamo suicidati in questa guerra, economicamente e militarmente». E la seconda Commissione von der Leyen, anziché riconoscere gli errori già fatti, sta perseverando «in scelte disastrose che ci porteranno a un ulteriore disastro sociale ed economico».
Se Trump sembra guardare all’Ucraina in termini pragmatici, decisamente più utopistico appare fin qui il suo approccio alla questione mediorientale, a partire dalla sua idea su Gaza. «Se decidi di spostare due milioni di persone non puoi chiamarlo “spostamento”, la devi chiamare “deportazione”», a cui tra l’altro la Giordania e l’Egitto sono contrari perché ne uscirebbero gravemente destabilizzati, osserva Gaiani. Il quale fa presente che «Trump sta facendo di tutto per farsi odiare, anche vicino casa» (vedi i casi Panama, Groenlandia, Colombia, Canada).
Tornando al Medio Oriente, Gaiani ritiene che il presidente degli Stati Uniti non possa giocare, come via per la pace, la carta della forza a tempo indeterminato. Carta che si è già rivelata fallimentare sia con Hamas (Israele ha distrutto Gaza, non il gruppo terroristico) che con gli Huthi (capaci di scoraggiare la gran parte del traffico marittimo attraverso Suez). «La soluzione per la crisi con gli Huthi e a Gaza deve passare attraverso un negoziato. E siccome parliamo di movimenti armati – Hezbollah, Huthi, Hamas – che hanno un grande sponsor che è l’Iran, un negoziato passerà attraverso l’accordo su vasta scala con l’Iran. E per arrivare a quello, Trump ha bisogno di avere un’ottima relazione con Putin», spiega la firma della Bussola. Se riuscisse a risolvere la lunghissima crisi mediorientale, Trump «potrebbe veramente passare alla storia come un grande pacificatore».
Di certo, rispetto all’era Biden, quello che è cambiato con Trump è che ora tra Stati Uniti e Russia c’è di nuovo «un reciproco riconoscimento del ruolo di grande potenza» e l’idea di non pestarsi i piedi nelle rispettive aree di influenza: è a motivo di questo pragmatismo geopolitico che, secondo Gaiani, potrebbe nascere «qualcosa di positivo per ridurre la conflittualità nel mondo». In questo senso, l’Ucraina sarà il banco di prova della collaborazione tra le due superpotenze. E la speranza è che l’Europa dia una mano alla pace.
Altra situazione drammatica, sempre in Medio Oriente, è quella della Siria. Anche lì, come osserva Cascioli, si è messa in mostra tutta la contraddizione occidentale ed europea che chiude gli occhi sul regime jihadista e ne riceve i rappresentanti come se nulla fosse. Gaiani ha quindi ricostruito il ruolo della Turchia nel cambio di regime in Siria e la storia di Ahmad al-Shara', alias al-Jolani, il quale «ha le mani sporche anche del sangue dei soldati italiani», poiché era uno dei luogotenenti di al-Zarqawi al tempo dell’attentato nel 2003 alla base italiana di Nassiriya. «La storia non si studia più. Molta gente, anche a livello politico, non sa nemmeno chi è» al-Shara'.
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