Toti ostaggio dei Pm, costretto a non ricandidarsi
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Toti potrebbe uscire dagli arresti domiciliari, ma solo perché non si ricandiderà alla guida della Liguria nel 2025. Di fatto è tenuto in ostaggio dai Pm.
Forse un giorno il caso Toti verrà studiato nelle università come esempio di giustizia malata o, peggio, di giustizia politicizzata. Dovrà passare del tempo, dovranno andare in pensione i pm che lo accusano o forse anche il diretto interessato, dopo di che qualcuno potrà ricostruire i dettagli delle mostruosità giuridiche in base alle quali un governatore di una regione importantissima come la Liguria viene tenuto agli arresti domiciliari “perché potrebbe reiterare il reato”, senza che sia stata dimostrata in alcun modo l’illiceità dei suoi atti e solo perché qualcuno ipotizza che alcune decisioni amministrative prese dalla sua amministrazione regionale abbiano seguito percorsi clientelari anziché istituzionali.
Ora che perfino un costituzionalista 89enne tra i più esperti d’Europa come Sabino Cassese ha definito discutibile la decisione della Procura di Genova di continuare a tenere agli arresti domiciliari Giovanni Toti, si comprende nella sua interezza l’anomalia giuridica del caso del governatore ligure, che nelle ultime ore è stato costretto ad una resa parziale: pur continuando a non dimettersi, ha fatto sapere che nel 2025 non si ricandiderà alla guida della Regione Liguria. I suoi avvocati gli avrebbero suggerito questa mossa che potrebbe indurre i giudici a revocare la custodia cautelare e a rimetterlo in libertà, almeno fino alla scadenza del suo mandato, fra meno di un anno. Per la Procura Giovanni Toti può reiterare i reati e serve più tempo per individuare i soggetti da sentire. Per la difesa, rappresentata da Stefano Savi, il pericolo non sussiste: Toti, infatti, non si ricandiderà alle elezioni regionali. Sono queste le argomentazioni contrapposte esposte davanti al Tribunale del Riesame, che si pronuncerà in settimana sulla revoca dei domiciliari al presidente della Liguria. Secondo Savi, i domiciliari non sarebbero più necessari, dal momento che Toti «non è accusato di aver intascato né un euro né una utilità personale, ma solo di finanziamenti pubblici e registrati alla propria forza politica». Toti potrebbe tornare libero o, in subordine, ottenere un obbligo di rimanere nel comune di Ameglia, nello spezzino, dove abita, o il divieto di soggiornare a Genova.
Savi ha chiesto un parere, depositato al Riesame, al presidente emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese. Nell’emettere misure cautelari, scrive Cassese nella sua relazione, è necessario tener conto “non solo della gravità dei fatti, ma anche degli effetti che si producono, direttamente e indirettamente, sul buon andamento della pubblica amministrazione, che richiede la continuità dell’attività amministrativa, nonché sul rispetto della volontà popolare manifestata con la scelta del presidente “per diretta investitura popolare” e della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva”.
Il presidente emerito si richiama anche alla sentenza della Consulta che, nel 1981, ha interpretato l’articolo 48, comma 4, della Costituzione, chiarendo che “il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.
Non escluso, quindi, il ricorso dei legali di Toti alla Consulta, ove gli arresti domiciliari venissero confermati e il governatore dovesse essere ancora costretto a non svolgere il proprio mandato.
Si comprende, quindi, che la claudicante linea decisa dai pm ha un chiaro movente politico, quello di far cuocere a fuoco lento Toti per estrometterlo dall’agone politico e gettare discredito sulla sua parte politica scaricando su di essa le colpe dell’attuale inerzia dell’attività amministrativa. Così facendo, agli elettori verrebbe spontaneo o quasi votare fra un anno per la sinistra, che apparirebbe la parte sana della politica ligure, una vera alternativa al malaffare. Peccato, però, che i sondaggi, in particolare quelli della Ghisleri, dicano quasi il contrario e cioè che la popolarità di Giovanni Toti, eletto per ben due volte governatore ligure con una maggioranza schiacchiante, non è stata per nulla scalfita da questa vicenda. Pur stando da due mesi ai domiciliari, il governatore ligure avrebbe mantenuto quasi intatto il suo bottino di voti. Evidentemente la gente non si fida più dei pm e, soprattutto, pretende che il voto popolare sia l’unico criterio di selezione della classe dirigente, regola democratica alla quale, a quanto pare, alcune procure politicizzate continuano fieramente ad opporsi.