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circo mediatico-giudiziario

Toti, gli abusi dei pm minacciano lo Stato di diritto

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Accuse gravi ma ancora da dimostrare per il governatore della Liguria, che dalla magistratura e da certa stampa viene già trattato da colpevole. Le lancette dell’orologio dei rapporti tra giustizia e politica sembrano tornate a trent’anni fa.

Politica 02_07_2024
Photo Valentina Carosini/Lapresse

Il caso Toti sembra aver riportato le lancette dell’orologio dei rapporti tra giustizia e politica a trent’anni fa, quando, in piena Tangentopoli, i pm ricattavano gli indagati affinché parlassero e si dimettessero per poter riacquistare la libertà. Altri tempi, si dirà, ma il fatto che a distanza di tre decenni si ripetano certi abusi la dice lunga sulla persistente immaturità della nostra democrazia in termini di equilibri tra potere politico e potere giudiziario.

Il governatore di centrodestra della Liguria è agli arresti domiciliari dal 7 maggio. Le accuse che la procura di Genova gli rivolge sono gravi ma tutte da dimostrare. Si sarebbe fatto corrompere e avrebbe ricevuto denaro anche personalmente in cambio di decisioni istituzionali favorevoli ad alcuni, tradendo quindi la sua missione di rappresentante del popolo. Nel frattempo, però, visto che fino a prova contraria siamo in uno Stato di diritto, Giovanni Toti è da considerarsi innocente. Eppure dalla magistratura e da certa stampa orientata viene trattato da colpevole.

È il ben noto circo mediatico-giudiziario che riproduce i suoi rituali fatti di fango a oltranza, insinuazioni becere, teoremi in palese malafede. Tutto questo distrugge i bersagli, che magari a distanza di anni, con i tempi biblici della giustizia italiana, escono puliti dall’inchiesta ma completamente bruciati sul piano dell’immagine e della carriera istituzionale.
Forse è proprio quella la finalità di un disegno diabolico che una parte della magistratura insegue da sempre nel nostro Paese: fare selezione politica utilizzando in maniera subdola ed equivoca le armi del diritto, piegate a interessi di parte.

Il ricatto dei pm nei confronti di Toti è infatti un ricatto non dichiarato, ma tacito: visto che secondo loro il governatore potrebbe reiterare il reato, è prudente tenerlo ai domiciliari fino a quando non si dimetterà. Quindi lui può riacquistare la libertà solo dimettendosi.
Ai pm non importa che la Regione Liguria da quasi due mesi sia paralizzata, con danni per i territori e per le comunità anche in termini di rallentamento dei progetti del Pnrr. A loro probabilmente interessa decapitare i vertici regionali e imporre un ricambio politico.

Ecco perché nelle ultime ore circola la voce di un ricorso della giunta regionale ligure alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art.134 della Costituzione, per sollevare un conflitto di attribuzione. In altre parole, mentre per sottoporre a misure interdittive un parlamentare occorre l’autorizzazione della Camera di appartenenza, per far marcire ai domiciliari un governatore eletto democraticamente dai cittadini basta l’autonoma decisione di un pm. «Nel caso ligure – come scrive Luigi Bisignani sul Tempo – la Corte Costituzionale dovrebbe valutare se vi sia stata interferenza di un organo dello Stato - la magistratura - sul regolare svolgimento delle funzioni di un ente territoriale autonomo di rilievo costituzionale quale è, appunto, una regione. Tra l’altro, i tempi per Toti si allungano ulteriormente perché l’udienza del Tribunale del riesame è fissata per l’8 luglio e di certo per conoscerne l’esito bisognerà attendere. In caso di reiezione gli avvocati di Toti hanno già annunciato di voler ricorrere per Cassazione e il giudizio non arriverebbe prima della fine di settembre. Cosa succederebbe se nel frattempo in Liguria si verificasse un altro evento catastrofico simile alla tragedia del ponte Morandi quando decisioni immediate sono vitali?».

D’altronde il ricorso alla Consulta appare, ora come ora, l’unico strumento in grado di impedire questo vulnus allo Stato di diritto, cioè la possibilità che un giudice, prima di una sentenza, possa indurre alle dimissioni chi ricopre una carica politica.
Per ora i giudici stanno consentendo a Toti di incontrare assessori della sua giunta ed esponenti di partiti politici che la sostengono. Perché allora continuare a negargli la piena agibilità nell’attesa che possa chiarire in sede giudiziaria la sua posizione e impedirgli di svolgere il mandato popolare che gli è stato attribuito?

Claudio Cerasa ieri sul Foglio ha scritto provocatoriamente che il centrodestra avrebbe dovuto candidare Toti alle scorse elezioni europee, esattamente come hanno fatto i verdi con la Salis. Se quest’ultima è stata candidata per essere sottratta, a detta di chi le ha offerto un posto in lista, a una patente ingiustizia, altrettanto si sarebbe potuto fare per il governatore ligure, che sta subendo un trattamento iniquo e sproporzionato in rapporto alle accuse rivoltegli. Non esiste la “pistola fumante”, non ci sono prove certe della corruzione che gli viene contestata, ma a lui si continua ad applicare la carcerazione preventiva “perché potrebbe reiterare il reato”. Un vero attentato allo Stato di diritto, commesso non in Ungheria ma in Italia, nel silenzio assordante dei presunti garantisti di sinistra.



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