Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
GINEVRA SACRILEGA

Torna la Messa in cattedrale, ma non è una buona notizia

Dopo quasi cinquecento anni la Messa torna nella cattedrale protestante di Saint-Pierre a Ginevra. Il presidente del consiglio della cattedrale ha reso noto che i protestanti saranno invitati a partecipare alla celebrazione e a ricevere la Comunione, come «viene già fatto localmente in molte parrocchie». Il cardinal Kurt Koch non dovrebbe essere d'accordo ma non ha ancora preso posizione: urge un intervento che ponga un freno agli abusi.

- I VESCOVI UCRAINI CORREGGONO QUELLI TEDESCHI, di Ermes Dovico

Ecclesia 12_02_2020

Dopo quasi cinquecento anni di assenza, la Messa cattolica potrà tornare nella cattedrale protestante di Saint-Pierre a Ginevra. Il prossimo 29 febbraio, il vicario episcopale del cantone ginevrino della diocesi di Losanna-Ginevra-Friburgo, Mons. Pascal Desthieux, potrà presiedere la celebrazione eucaristica in una delle chiese simbolo della “riforma” protestante.

Era l’8 agosto 1535, giorno dell’ultima Messa celebrata nella cattedrale, quando una parte della popolazione ginevrina, incalzata dal riformatore francese Guillame Farel, cacciava i sacerdoti, gettava a terra le statue, distruggeva gli altari; in una parola, cercava di cancellare ogni traccia di quella che era ritenuta “idolatria”. Il tempio di Ginevra, come verrà chiamato da quel momento, fu anche la sede della predicazione di Calvino.

Dunque, una buona notizia. O forse no. Il presidente del consiglio della cattedrale, Daniel Pilly, ha infatti reso noto (vedi qui) che i protestanti saranno invitati a partecipare alla celebrazione e a ricevere la Comunione. Dal suo punto di vista, è tutto normale; anzi, si tratta di un evento in linea con gli intenti ecumenici del consiglio: «Non c’è stata alcuna opposizione, il che è significativo. L’idea è piaciuta, perché corrisponde alla nostra volontà di fare della cattedrale un luogo di incontro per tutti i cristiani ginevrini. Uno spazio che oltrepassi le frontiere confessionali».

Pilly fa anche presente che l’iniziativa, pur essendo importante, non è nulla di speciale a Ginevra, perché «questo viene già fatto localmente in molte parrocchie durante celebrazioni ecumeniche dove i protestanti ed i cattolici si invitano reciprocamente alla Cena del Signore ed alla Comunione». Emmanuel Fuchs, presidente della comunità protestante di Ginevra e pastore alla chiesa di Saint-Pierre, fa presente che l’avvenimento è in linea con il cammino ecumenico svolto in questi anni, soprattutto con Mons. Desthieux: «Abbiamo fatto dei progressi innegabili in termini di ecumenismo, in particolare con la Dichiarazione comune, sottoscritta nel 2017, che riconosce i nostri ministeri rispettivi». Ed ha aggiunto: «È un segno forte che diamo prestando la nostra cattedrale, una volontà d’apertura, di fare la Chiesa tutti insieme, di portare il Vangelo e di testimoniare il nostro amore a Cristo. Come ha detto papa Francesco, l’ecumenismo si fa camminando. Cerchiamo di camminare insieme nella speranza che, una volta che avremo camminato abbastanza, gli ostacoli che oggi ci sembrano insormontabili non lo saranno più».

Che il sig. Pilly non sia sorpreso dall’iniziativa e sponsorizzi una Communion pour tous è più che comprensibile; che il sig. Fuchs vagheggi un oecuménisme en marche, pure. Si fa invece un po' più di fatica a comprendere come la diocesi di Ginevra, ed in particolare il suo vescovo, Mons. Charles Morerod, non battano ciglio. Almeno per ora; e speriamo di essere smentiti al più presto.

Da parte sua il Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell' Unità dei Cristiani, Cardinale Kurt Koch, anch’egli svizzero, aveva salutato l’evento come una «grand première», un evento simbolo per l’unità dei cristiani. Gli va però dato atto che si tratta di un’intervista del dicembre scorso (vedi qui) e non è detto che fosse a conoscenza della chiamata generale di Pilly a ricevere la Comunione tutti assieme appassionatamente.

Al contrario, sappiamo che Koch aveva esternato il suo dissenso relativamente ad un documento dal titolo significativo Gemeinsam am Tisch des Herrn (insieme attorno alla mensa del Signore), redatto  lo scorso settembre da un gruppo ecumenico di teologi protestanti e cattolici tedeschi, che chiedeva appunto l’intercomunione. Allora il Cardinale aveva fatto presente che c’erano delle affermazioni che non poteva condividere, come per esempio che «la celebrazione eucaristica cattolica e la Cena protestante sono identiche». Koch faceva presente che «ci sono molte questioni aperte circa la comprensione dell’Eucaristia, per esempio l’idea del Sacrificio non si presenta neppure». Il Cardinale aveva preso le distanze anche sul modo di comprendere i ministeri, perché nel documento si ritiene che «ogni persona battezzata può amministrare i sacramenti. E l’ordinazione conviene solo per un’organizzazione esterna».

Koch appare dunque su ben altra linea rispetto a quella lanciata dagli organizzatori dell’evento del prossimo 29 febbraio. Ma la memoria del suo passato dissenso non basta. La notizia della Messa nella cattedrale Saint-Pierre è ormai pubblica e l’evento si approssima; urge dunque una presa di posizione sia di Mons. Morerod sia del Cardinal Koch per rettificare l’eccesso di zelo del mondo protestante ginevrino ed impedire una dissacrazione di massa. A prescindere dagli intenti generosamente ecumenici.

Parimenti, poiché è stato reso pubblico che nella città svizzera gli abusi sono all’ordine del giorno, vista la pratica diffusa della reciproca ospitalità eucaristica tra la comunità protestante e quella cattolica, occorrono serie misure per frenare una prassi che necessariamente finirà per eliminare la verità sulla Messa e sull’Eucaristia. Perché si sa che quando non si vive all’altezza di come si pensa si finisce per pensare alla bassezza di come si vive.