Torino, prima città a promuovere un centro contro l'islamofobia
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Il Comune, in collaborazione con sei associazioni islamiche, vara l'istituzione di centri che accolgano le denunce di islamofobia. Su quale base si presenta questa come un'emergenza? E perché non la stessa cosa per le altre fedi, cristiani in testa?

Torino istituirà dei centri nei quali sarà possibile denunciare casi di islamofobia. L’iniziativa fa parte di un piano operativo di contrasto all’islamofobia che è stato presentato il 15 marzo durante il convegno “Islamofobia: verso la soluzione della raccolta dei dati” organizzato dal Comune di Torino, dalla Città metropolitana e dal Comitato Interfedi. «Saremo la prima città italiana ad avere i luoghi di raccolta di segnalazioni, che finora non esistevano – ha detto il presidente della Commissione consiliare per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, Abdullahi Ahmed Abdullahi, che moderava l’incontro – la Città metropolitana organizzerà momenti di formazione, le comunità raccoglieranno le segnalazioni, il Comune promuoverà iniziative e i dati saranno raccolti in report annuali. Sono certo che Torino è avanti rispetto ad altre città, ma vogliamo capire realmente come sia la situazione. Oggi parte questo percorso».
«Sei centri islamici hanno deciso di aderire al nostro nodo anti discriminazioni – ha spiegato il consigliere metropolitano delegato alle Politiche sociali e parità di genere, Rossana Schillaci – vogliamo lavorare per abbattere gli stereotipi. Conoscere allontana la paura e aiuta a percepire l'avvicinamento e la contaminazione come la strada migliore da percorrere».
Il convegno, affiancato da tavoli di lavoro World Cafe e seguito, il giorno successivo, da una giornata di “Moschee Aperte-Spazio per tutti”, rientrava nelle iniziative promosse dal comune di Torino in occasione della Giornata internazionale per la lotta all’islamofobia che si celebra ogni anno il 15 marzo. La Giornata è stata istituita nel 2022 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha così condiviso la preoccupazione più volte espressa dal Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, per le manifestazioni di odio anti-musulmano e di intolleranza registrate in tutto il mondo. Nel 2024 inoltre l’Assemblea generale, dicendosi profondamente allarmata per i crescenti episodi di ostilità, odio e violenza verso i musulmani, per i ripetuti casi di profanazione del loro libro sacro, per gli attacchi a moschee e altri siti sacri e inoltre per la prevalenza di impunità e la generale mancanza di responsabilità nell’affrontare la violenza anti religiosa, con una nuova delibera ha chiesto al Segretario generale di nominare un inviato speciale Onu per meglio combattere l’islamofobia in tutte le sue forme e manifestazioni.
L’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha definito l’«islamofobia» come «paura, pregiudizio e odio nei confronti dei musulmani, sentimenti che portano a provocazioni, ostilità e intolleranza e si manifestano attraverso minacce, molestie, abusi, incitamenti all’odio e intimidazioni verso musulmani e non musulmani, tanto nella vita reale che nel mondo virtuale del web. Motivata da ostilità istituzionale, ideologica, politica e religiosa, l’islamofobia – cosi intesa – trascende nel razzismo strutturale e culturale, prende di mira i simboli e le pratiche della fede islamica, percepisce la religione, la cultura e le tradizioni islamiche come una minaccia ai valori occidentali».
Non si può che essere d’accordo sul dovere di difendere persone, simboli e luoghi sacri e condannare chi li insidia. Negli ultimi decenni tuttavia i musulmani, assai più che da persone animate da odio anti-islamico, sono stati minacciati da altri musulmani, quelli integralisti, che infieriscono contro i confratelli secondo loro non abbastanza saldi nella fede, non abbastanza ligi alle prescrizioni della legge coranica, non abbastanza sottomessi ad Allah come l’islam vuole. Le vittime musulmane dell’islam integralista non si contano: nella sola Algeria si stimano in circa 150mila durante la guerra civile che ha contrapposto governo e gruppi jihadisti tra il 1992 e il 2002, in Somalia dal 2006 quelle dei jihadisti al Shabaab sono già decine di migliaia. In molti paesi africani e asiatici a maggioranza islamica – Mali, Niger, Pakistan… – i gruppi jihadisti affiliati ad al Qaeda o all’Isis sono responsabili di uno stillicidio di attentati e morti che non fa neanche più notizia.
Ma, questo a prescindere, aver istituito una giornata internazionale contro l’islamofobia ha suscitato non poche perplessità, seppure sia encomiabile e del tutto condivisibile l’ansia di tutelare sicurezza e libertà dei musulmani. I fedeli più di tutti minacciati, perseguitati in odium fidei, sono infatti i cristiani e l’Onu non ha pensato di istituire una giornata dedicata a loro, in cui sensibilizzare al problema e sollecitare misure di contrasto. Nel 2022 il giornalista Giulio Meotti ha rivolto un appello alle autorità italiane affinché si facciano carico presso l’Onu di creare una Giornata internazionale per combattere la cristianofobia: «ne va del nostro onore come cristiani – ha scritto – come laici e come uomini liberi. Ne va dell’Occidente, della sua civiltà e delle sue libertà».
Siccome anche i fedeli di altre religioni sono oggetto di pregiudizi, odio, paure, perché non istituire allora una giornata contro tutte le “fobie” motivate dalla fede? Ma si sa che ormai da tempo le Nazioni Unite sono assai di parte e, peraltro, in fin dei conti le loro giornate e settimane celebrative sono, come disse un giornalista italiano, delle «vuote liturgie», in altre parole contano e servono a poco.
Tornando a Torino, l’istituzione di centri di segnalazione di atti islamofobici avrà invece effetti concreti. A Torino e nella sua Città Metropolitana vivono circa 50mila musulmani su una popolazione di 2,3 milioni. Sarebbe interessante sapere che cosa ha motivato a prendere questa iniziativa: un provato intensificarsi di casi di violenza nei confronti di musulmani, dei dati forniti dalla Questura, l’esistenza di troppi episodi impuniti?
Disporre di centri di segnalazione e denuncia renderà più semplice per i musulmani ottenere l’intervento delle autorità, farsi ascoltare e assistere. A tutti gli altri – cristiani, ebrei, indù… – si penserà un’altra volta.