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INTERVISTA

Tomasi: «Accoglienza sì, ma nel rispetto dei valori»

Monsignor Tomasi, nunzio apostolico all'ONU di Ginevra, invita all'accoglienza verso gli immigrati, ma a certe condizioni e comunque adoperandosi per risolvere il problema alla radice. La Slovacchia accetta solo profughi cristiani? «Ha ragione, ha diritto a mantenere la propria identità».

Cronaca 25_08_2015
Monsignor Tomasi

«I muri non hanno mai frenato la migrazione dei popoli, piuttosto i problemi che portano a emigrare vanno risolti alla radice». «L’accoglienza, la generosità è un dovere, ma va trovato un punto d’equilibrio per tutelare anche la popolazione che accoglie e soprattutto va rispettato il diritto dei Paesi a mantenere la propria identità». Sul tema dell'immigrazione la posizione di monsignor Silvano Tomasi, nunzio apostolico presso le Nazioni Unite di Ginevra, suona molto diversa dai proclami populisti di alcuni vescovi italiani - da monsignor Galantino a monsignor Mogavero - che parlano di apertura incondizionata delle frontiere per tutti, senza se e senza ma.

Monsignor Tomasi, che incontriamo al Meeting di Rimini, non può essere certo accusato di chiusura: come Missionario Scalabriniano migranti e rifugiati sono la sua vocazione e a loro ha dedicato tutta la sua vita sacerdotale iniziata nel 1965; non c'è dubbio che conosca il fenomeno delle migrazioni come nessun altro. Dal 1966 al 1995 è stato prima direttore esecutivo e poi presidente del Centro Studi sulle Migrazioni di New York, e nello stesso tempo ha anche ricoperto incarichi negli Stati Uniti e presso la Santa Sede sempre per la cura dei migranti; quale esperto di migrazioni ha anche fatto parte della delegazione vaticana alla Conferenza Internazionale ONU del Cairo su Popolazione e Sviluppo; poi dal 1996 al 2003 è stato nunzio apostolico in paesi a forte emigrazione, quali Etiopia, Eritrea e Gibuti nonché inviato presso l’Unione Africana; infine, dal 2003 è nunzio alle Nazioni Unite a Ginevra, incarico che lascerà fra qualche mese per raggiunti limiti di età. 

Dal suo posto di responsabilità, molte volte la voce di monsignor Tomasi si è levata a difesa della dignità di quanti fuggono dai loro paesi e per invitare i paesi occidentali a riconoscere in questa popolazione sofferente dei fratelli. Ma il fenomeno della migrazione è complesso e bisogna tener conto di tutti i fattori, fare i conti con la realtà: «Certamente c’è la priorità di salvare vite umane, abbiamo il dovere dell’accoglienza, è una responsabilità verso le necessità del resto della famiglia umana. Ma si deve anche tenere conto della popolazione che deve accogliere, il bene comune esige che si trovi un punto di equilibrio».

Nessuna apertura indiscriminata delle frontiere dunque, piuttosto «il problema va affrontato alla radice – afferma monsignor Tomasi - e vedere le cause per cui tutte queste persone si muovono. Probabilmente scopriremmo che anche i nostri paesi europei, ad esempio, hanno qualche responsabilità nelle condizioni di miseria e guerra dei paesi di origine: certe regole del commercio, l’appoggio a governi repressivi,  per non parlare della situazione in alcuni paesi del Medio Oriente: è un dato di fatto che dall’invasione dell’Iraq nel 2003 la situazione sia andata peggiorando». Queste ovviamente sono solo alcune delle cause delle migrazioni, ma agire su tutti questi fattori è fondamentale; come abbiamo dimostrato in un articolo di alcuni giorni fa non è certo il flusso di denaro verso i paesi poveri che è insufficiente, il problema sta invece nel come si usa questo denaro. In ogni caso, come dimostra anche l’appello dei vescovi africani di cui riferiamo a parte, l’emigrazione non è un fenomeno positivo per i paesi africani, che perdono in questo modo la parte più attiva della popolazione su cui poter contare per costruire il futuro.

Ma, stante le condizioni attuali, anche l’accoglienza in Europa necessita di alcuni chiarimenti: «Accanto al dovere di accoglienza – prosegue monsignor Tomasi - c’è anche il diritto di mantenere la propria identità, in questo caso l’identità cristiana». Non è un limite alla libertà religiosa, al contrario è una preoccupazione che dovrebbe stare a cuore alle autorità civili: «Accoglienza, va bene – continua il nunzio vaticano -  ma nessuno si preoccupa del “poi”, dell’eventuale processo di integrazione per coloro che restano. Non possiamo nasconderci il fatto che c’è una popolazione, quella musulmana, che ha problemi in questo senso. Non accettare la separazione tra religione e politica, tra Chiesa e Stato ha ripercussione diretta sulla possibilità di integrazione. E come facciamo? Dobbiamo anche dire che ci sono dei valori fondamentali che devono essere accettati. Tra questi valori fondamentali c’è il rispetto del pluralismo nella società, la separazione tra politica e religione, l’accettazione di un processo democratico normale, in modo che sia possibile la convivenza serena, costruttiva di tutte le persone che vengono a costituire la comunità arricchita di queste presenze».

Monsignor Tomasi mette il dito nella piaga: in Europa ci sono 30 milioni di musulmani, un problema enorme da questo punto di vista. Si capisce allora la preoccupazione della Slovacchia, che pure è finita nel vortice delle critiche per aver affermato che intende accogliere profughi siriani sì, ma solo quelli cristiani: «Non è discriminazione – dice mons. Tomasi – è il tentativo di far valere il diritto alla propria identità pur ottemperando al dovere dell’accoglienza». Chissà se in Italia – morto il cardinale Giacomo Biffi, che espresse pubblicamente queste tesi già 15 anni fa – ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di riaffermare questi sacrosanti princìpi di civiltà….