"Togliete i finanziamenti alle scuole anti gender"
Nuovi totalitarismi. In Spagna una scuola cattolica rischia la chiusura per perdita di contributo pubblico. Il preside ha scritto una lettera ai genitori per denunciare l'ideologia gender. Ma è ormai proibito perché significa andare contro una legge dello Stato. Che ora può segnare la sorte della scuola cattolica.
Il collegio dedicato a Giovanni Paolo II Papa, di Alcorcón, nella comunità autonoma di Madrid, rischia seriamente di vedersi togliere il contributo pubblico che gli consentiva l’accreditamento. Il motivo? Una lettera del preside a inizio anno scolastico nella quale, illustrando ai genitori i pericoli dell’ideologia gender nelle scuole anche a seguito della legge approvata dalla governatrice Cristina Cifuentes, è stato ravvisato un pericoloso attacco discriminatorio alla comunità Lgbt.
La quale adesso non si accontenterà di chiedere la testa del direttore della scuola superiore Carlos Martínez, ma attraverso un esposto farà valere uno degli articoli più controversi e liberticidi della legge Cifuentes, cioè lo stop ai contributi per quelle scuole che non applicheranno le direttive sulla gender education tra i banchi. Il rischio era nell’aria da quando la legge è stata approvata, con l’appoggio del Partido Popular, che dovrebbe essere di ispirazione cristiana. Ma è diventato concreto con questo caso che la lobby gay Acropoli ha tirato fuori ad arte per dare inizio alle danze.
Dopo le denunce ai vescovi, si passa così a toccare il portafogli, argomento per certuni più sensibile che la semplice fede. E come prima vittima è stato scelto un collegio dedicato al Papa anti gender per antonomasia, il primo che, in tempi non sospetti, denunciò l’insorgere di filosofie anti umane e anti cristiane capaci di distruggere l’umanità.
Il canovaccio è quello solito visto per altri episodi simili: una caccia al dissidente, le scuole cattoliche e una vittima, l’immancabile ormai comunità Lgbt. Ma che cosa ha fatto di così sconveniente il povero preside? Ha messo in guardia i genitori dagli attentati jihadisti che stanno insanguinando l’Europa riflettendo sulla chiamata al martirio per i cristiani e contemporaneamente si è lamentato del fatto che i politici, anche quelli che dovrebbero difendere la famiglia naturale, si occupino di leggi come la "Cifuentes" dedicata al gender.
Le lobby si sono scatenate: “Ha paragonato la comunità Lgbt ai terroristi islamici”. In realtà, ma nessuno andrà mai a spiegarlo, nella lettera è stato spiegato benissimo, Martinez ricordava che “tanto lo jihadismo quanto il gender sono macchinazioni ideologiche che pretendono di costruire un altro tipo di uomo, ma che sono destinate alla dissoluzione e al fallimento”, ha detto citando l’insegnamento di Giovanni Paolo II sull’esplosione delle ideologie.
Un concetto non dissimile da quelli espressi da Papa Francesco, il cardinal Bagnasco, il cardinal Robert Sarah e molti altri prelati e pastori i quali, circa la natura totalitaria e liberticida della gender education non sono stati certo leggeri, arrivando appunto a paragonarla al terrorismo jihadista o persino al nazismo.
Ma un conto è se certe cose le dice Papa Francesco, che gode fortunatamente di una sorta di “immunità” nel mondo mediatico, un conto se la dice un preside di un istituto che, grazie al principio di sussidiarietà e alla libertà educativa, riceve finanziamenti pubblici da uno Stato. Stato rappresentato a Madrid da un governo regionale che ha appena approvato una legge che obbliga le scuole di ogni ordine e grado a insegnare il gender, senza aver chiesto un solo parere ai genitori.
In realtà quel preside non ha fatto altro che difendere il diritto dei genitori a decidere sull’educazione dei propri figli: “Che barbarie prescindere dalla verità naturale dell’uomo e dal diritto inalienabile dei genitori a educare i propri figli. Che assurdità quella di imporre una ideologia a forza di sanzioni”, ha detto.
La questione è piombata subito sul tavolo della governatrice dell’assemblea di Madrid, madrina tra l’altro della legge, che nell’intervenire ha già fatto capire quale destino aspetta il preside: “Bisogna vedere fin dove arriva la libertà di espressione di questa persona – ha detto ai giornali -. Libertà che senza dubbio ha, tuttavia bisogna anche considerare se tra i compiti di un direttore di un collegio rientri anche quello di fare pressioni sugli alunni e sui genitori”. Che tradotto vuol dire: “Caro preside, hai libertà di espressione, ma non di indottrinare i ragazzi”. Per forza, verrebbe da dire: la facoltà di indottrinare, ma in chiave gender, spetta solo allo Stato e semmai ai caudatari di regime ben remunerati delle lobby gay. A nulla vale la distinzione tra insegnamento e indottrinamento. A Madrid il problema non si pone nemmeno.
A difendere il povero preside sono arrivati i vertici della scuola, la Fondazione “Educatio Servanda” che non ha mancato di giustificare le sue parole citando la Costituzione spagnola e lo stesso Papa Francesco che ha paragonato il gender ad un programma di rieducazione simile a quello che faceva la gioventù hitleriana.
Anche la Conferenza Episcopale iberica è intervenuta a difesa di Martinez con il segretario generale, praticamente il nostro Galantino, che ha rivendicato il diritto della Chiesa e della scuola di esercitare la libertà e di denunciare “l’inquisizione laica”.
E ha ribadito: “L’ideologia di genere rappresenta una imposizione assolutamente contraria al pensiero della Chiesa, che non può smettere di proclamare la sua visione sull’uomo, sul matrimonio, la famiglia e deve farlo con libertà. Non passiamo ad una inquisizione laica”.
Ma con la nuova legge il preside rischia grosso, persino la chiusura della scuola se, perdendo il contributo pubblico, dovesse decidere di non acconsentire a piegarsi all’ideologia. A quel punto parlare di persecuzione non sarà più un astratto riferimento al passato.