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L’ANNIVERSARIO

Tiepolo, l’artista che “suonava” dipingendo

Il 27 marzo di 250 anni fa moriva Giambattista Tiepolo, grande pittore veneto del Settecento. Tra i suoi affreschi, famoso è l’Incoronazione della Vergine, in cui l’artista esalta l’aspetto musicale. Tanto che la sua opera è stata paragonata ai «trionfanti “gloria” del grande Vivaldi».

Cultura 27_03_2020

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo di 250 anni fa morì improvvisamente il grande pittore, interprete degli splendori dell’aristocrazia veneziana: Giambattista Tiepolo (1696-1770). Se le Poste Vaticane lo celebrano con un francobollo, noi ci avviciniamo al maggiore artista della pittura veneta del Settecento dalla via nostra solita, quella della passione per la musica.

Il 15 aprile 1754 Giambattista sottoscriveva con i governatori dell’Ospedale della Pietà di Venezia un regolare contratto, secondo cui, per un compenso di milleottocento ducati, pagabili in tre rate, doveva dipingere i tre affreschi ancora visibili nella chiesa annessa di S. Maria della Visitazione (chiesa della Pietà, secondo il titolo popolare): il Trionfo della Fede o l’Incoronazione della Vergine, un ovale nella volta della navata di metri 13 x 7; Fede, Speranza e Carità, un ovale rappresentante le tre virtù teologali sopra il presbiterio di m. 3 x 2 e Davide e l’Angelo, il tondo in chiaroscuro sopra l’altare maggiore dal diametro di m. 2,5.

L’orfanotrofio di Santa Maria della Pietà in Riva degli Schiavoni (oggi Istituto Provinciale per l’Infanzia «Santa Maria della Pietà») - di cui ci siamo occupati qui - era allora uno dei quattro conservatori di Venezia per ragazze, famoso per le esecuzioni di canti e di musica da parte delle «putte», le giovani virtuose che vi abitavano. Sappiamo quanto la loro fama andasse oltre la Serenissima non solo grazie al loro celebre maestro Antonio Vivaldi, come il suo amico Charles De Brosses, studioso e politico francese, attesta nel 1739:

«Musica eccezionale qui è quella degli ospizi. Ve ne sono quattro, tutti formati da fanciulle bastarde od orfanelle, e da quelle che i loro genitori non sono in grado di allevare. Sono educate a spese dello Stato, e le istruiscono esclusivamente per farne delle eccellenti musiciste. Quindi cantano come angeli, e suonano il violino, il flauto, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c’è strumento, per grosso che sia, che possa far loro paura. Sono segregate come monache. E sono soltanto loro che eseguono i concerti: ogni gruppo è composto da una quarantina di ragazze. Vi giuro che non c’è niente di altrettanto divertente come una giovane e graziosa monaca, in abito bianco con una coroncina di fiori di melograno sopra le orecchie, che dirige l’orchestra e segna il tempo con tutta la grazia e la precisione immaginabili. Le loro voci sono adorabili per la modulazione e la freschezza. […] Quello di quattro ospizi dove vado più spesso e dove mi diverto di più è l’Ospizio della Pietà; è questo anche il primo per la perfezione dell’orchestra. Che rigore di esecuzione!» (Viaggio in Italia, Laterza 1973, p. 145).

Consideriamo ora il soffitto della chiesa: Tiepolo cominciò ad affrescarlo il 13 giugno 1754 e il 2 agosto 1755, poco più di un anno dopo, «fu reso visibile» (cfr. P. Gradenigo, Notatorio III, alla data, in Notizie d’arte…, a cura di L. Livan, Venezia 1942). L’artista vi ha riprodotto l’incoronazione della Vergine Immacolata. Maria è vestita di raso bianco come una sposa, così come proclama l’antifona d’ingresso della Messa dell’Immacolata Concezione: Gaudens gaudebo in Domino […] quia induit me vestimentis salutis […], quasi sponsam ornatam monilibus suis, «Esulto e gioisco nel Signore, […] perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza […], come una sposa adornata di gioielli» (Is 61,10). Eretta su un grandissimo globo celeste, la Madonna, tipica del Tiepolo, sta per essere incoronata da Dio Padre, a cui sta accanto Cristo, che Dio «ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore» (At 5,31), e «lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba» (Lc 3,22).

Vi sarebbe tanto da dire contemplando questo affresco, attraverso il quale - come per altri simili sparsi per il mondo - la Chiesa continua ad adempiere il suo fondamentale compito di evangelizzazione. Limitiamoci alla musica, qui esaltata dal pittore, a giudicare dai numerosi angeli musicanti e dalle molte coriste che, posti lungo il cornicione, partecipano alla scena. Uno sguardo panoramico a tutto il dipinto, dal fortissimo nella balaustra (vicina alla cornice ovale) al piano nel mare di nuvole, immergendoci nel circolo luminoso che tutto fa ruotare, ci fa scoprire tanta musica.

Il coro e l’orchestra, collocati all’estremità dell’affresco, alludono certamente ai concerti delle celebri «putte» dell’istituto, le ospealère, riconoscibili dal fiore distintivo di melograno che hanno tutte sulla nuca, fra i capelli, o sulla fronte. Lungo il bordo, tra gli strumenti musicali troviamo un organo portativo, un violino, due timpani, un oboe, un’arpa, un arciliuto, un contrabbasso, una tromba naturale, un altro violino, un altro timpano, un’altra tromba naturale all’altezza di Cristo, ancora una tromba naturale di cui s’intravede l’apertura terminale, o campana, un altro violino, un violoncello e, poco prima dell’organo, una tromba naturale. A destra del globo nella parte inferiore sono le coriste, intente a seguire la parte che tengono in mano: alcune cantano, altre aspettano la loro entrata.

Che cosa eseguono? Un pezzo di canto gregoriano o una composizione di un loro maestro di cappella, come Gasparini (1701-13), Vivaldi (1703-41), Grua (1719-26), Porta (1726-37), d’Alessandro (1739-40), Porpora (1742-44), Bernasconi (1746-52), Latilla (1753-66)? È vero che Vivaldi era morto da 14 anni quando furono scoperte le pitture di Tiepolo in questa chiesa; tuttavia, di fronte a questo dipinto ci piace pensare alla musica del «prete rosso», aderendo alle parole di due illustri studiosi, che riportiamo di seguito insieme al collegamento a un bellissimo filmato.

Antonio Morassi, storico dell’arte di fama internazionale, paragona l’Incoronazione della Vergine a una delle più intense sonate di Vivaldi, in cui «il rincalzante ritmo accende di sempre più vivida luce l’innalzarsi della visione verso lo zenit; e gli accordi cromatici, nei quali predominano il giallo e il lilla, si fanno sempre più limpidi e cristallini, sino a perdersi nella vasta luce d’uno spazio sidereo che è porta dell’eternità» (Giovanni Battista Tiepolo, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo 1943, p. 33).

Egidio Martini, critico d’arte e pittore veneziano, ci fa ammirare «il soffitto della Pietà pieno d’angeli e di luce dove il Tiepolo, con la pittura, sembra quasi abbia voluto gareggiare in musicalità con i trionfanti “gloria” del grande Vivaldi» (La pittura del Settecento veneto, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia 1982, p. 56).

E Gloria di Vivaldi sia: https://youtu.be/cgaOVV4JQHA!