Tienanmen, memoria vietata. Ma la verità riaffiora
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Anche dopo la fine dell'emergenza Covid, a Hong Kong è stata vietata la veglia per la commemorazione del massacro di Piazza Tienanmen (4 giugno 1989). Attivisti e artisti sono stati arrestati preventivamente. Ora si può ricordare solo all'estero o a Taiwan. In Cina i giovani aggirano la censura.
Chan Po-ying, leader della Lega dei Socialdemocratici, partito dell’opposizione a Hong Kong, è stata arrestata ieri dalla polizia, perché teneva in mano due fiori e una piccola candela elettrica. Era un omaggio alle vittime del massacro di Piazza Tienanmen, di cui ieri si celebrava il 34mo anniversario.
Fino al 2019, ad Hong Kong, era permessa la memoria delle vittime di quel massacro, commesso dal regime comunista cinese. La tradizione era la veglia a Victoria Park, una celebrazione in cui le persone portavano candele e lumi per ricordare i morti. Dal 2020 è stato vietato, con il pretesto del Covid che impediva gli assembramenti. Questo è il primo 4 giugno, dalla fine dell’emergenza pandemica a Hong Kong e nel resto della Cina in cui, senza alcun altro pretesto, la memoria della repressione è vietata.
Assieme alla leader socialdemocratica sono stati arrestati una decina di oppositori, fra i quali anche Alexandra Wong (detta “nonna Wong”, attivista veterana della protesta del 2019, con già due arresti alle spalle) e Mak Yin-ting (ex presidente dell’Associazione Giornalisti della città). Il giorno precedente erano stati arrestati quattro artisti. Uno di loro, Sanmu Chen, è stato fermato mentre scandiva lo slogan: “Non dimenticare il 4 giugno! Gente di Hong Kong, non abbiate paura di loro!”. Chan Mei-tung è stata presa senza alcun apparente motivo. L’arte è nel mirino della polizia perché, tradizionalmente, la memoria del 4 giugno era accompagnata da spettacoli teatrali, mostre, lettura di poesia e concerti. Sempre alla vigilia della veglia, Lau Ka-yee e Kwan Chun-pong, attivisti, sono stati allontanati da Victoria Park dalla polizia. Stavano digiunando “in onore delle vittime del 6-4” come si poteva leggere in un cartello che tenevano in mano al momento del loro arresto.
La Hong Kong Alliance, che organizzava la veglia e le manifestazioni in ricordo di Tienanmen, dal 2021 è stata vietata, secondo la nuova Legge per la sicurezza nazionale, imposta da Pechino. I suoi principali promotori, Chow Hang-tung, Tang Ngok Kwan e Tsui Hon Kwong sono stati condannati, in marzo, per il loro rifiuto di collaborazione all’indagine della polizia sulla loro stessa organizzazione.
Il principale editore indipendente, Jimmy Lai, noto per la pubblicazione di Apple Daily, ha già subito due condanne (una per manifestazione non autorizzata e l’altra per frode), ma è sotto processo per l’accusa più grave, quella di “collusione con forze straniere” che potrebbe costargli il carcere a vita. Jimmy Lai si era dedicato all’editoria politica proprio come reazione al massacro del 4 giugno a Pechino, dopo che aveva perso ogni speranza in una riforma del sistema in Cina.
Mentre chi vuole ricordare è in carcere o sta per finirci, a Victoria Park regna l’oblio. Un gruppo di 26 associazioni pro-Pechino ha organizzato, nel parco, proprio per questi giorni, una fiera dei prodotti della Cina continentale. La fiera finirà entro oggi, appena il tempo di aver impedito fisicamente la veglia. Per gli organizzatori, l’occupazione di quel suolo in questi giorni è solo “una coincidenza”.
La memoria viene tenuta viva solo nell’altra Cina, a Taiwan, dove ieri si è tenuta una veglia a lume di candela a Taipei, per le vittime di Tienanmen. E all’estero: a New York, esuli cinesi, reduci del movimento studentesco stroncato nel 1989, hanno organizzato una mostra con foto, ritagli di giornale, manifesti e anche abiti insanguinati delle vittime di allora. Wang Dang, ex attivista studentesco e ora curatore della mostra, spiega ai giornalisti che “Il 1989 è stato il punto di svolta più importante della recente storia cinese. Le autorità cinesi vogliono insabbiare questa storia e far sì che il mondo dimentichi i loro crimini”.
Nonostante le più sofisticate censure, sul Web cinese qualcosa sfugge. In un’indagine condotta da Radio Free Asia sui giovani utenti cinesi (dai 22 anni in giù), risulta che i varchi nella cortina di silenzio siano molti di più di quanto il Partito Comunista preveda. Ci sono studenti che trovano foto navigando sui social network, altri che, dopo aver trovato qualche traccia, usano una Vpn per documentarsi, di nascosto su fonti straniere. Ma soprattutto ci sono insegnanti coraggiosi, che mettono a rischio la loro libertà e carriera, per insegnare quale fu la verità di quel 4 giugno 1989, mostrando di nascosto anche video e foto del massacro.