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L'ORO DEL MILLENNIO

"Terre rare", tutti ne parlano pochi le conoscono

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Strategiche per la tecnologia moderna, sono assai più abbondanti di quanto potrebbe far immaginare il loro nome “terre rare”; ma per il loro isolamento richiedono metodi complessi e inquinanti. Abbondano soprattutto nella Cina, che ne detiene l’85 per cento, di alcune di esse quasi il 100 per cento.

Creato 17_02_2025

Raro il cerio? Ma se sulla terra è più abbondante del rame! Primo Levi non accenna minimamente alla scarsità nel capitolo che gli dedica il suo libro “Il sistema periodico”, dove i segreti della chimica si fondono meravigliosamente con quelli dell’animo umano. Del cerio in quelle pagine egli spiega anche il nome: quell’elemento chimico fu individuato agl’inizi dell’Ottocento, quando era ancora recente la notizia che a Palermo padre Giuseppe Piazzi, prete astronomo, aveva scoperto l’asteroide Cerere.

Con l’espressione terre rare sono indicati quattordici metalli, ai quali ne vengono comunemente aggiunti altri tre: il lantanio (e anzi i quattordici sono chiamati più modernamente lantànidi, come suoi parenti più o meno stretti) oltre allo scandio e all’ittrio, che sovrastano appunto il lantanio nello stesso gruppo della tavola periodica (detta sistema ai tempi di Primo Levi, come abbiamo visto). Il cerio è il primo dei lantànidi; seguono praseodimio e neodimio (ritenuti nell’Ottocento un unico elemento, detto didimio; il greco dìdymos significa gemello), il promezio che viene prodotto in reattori nucleari ed è quasi inesistente in natura, e poi un’altra decina: samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio e lutezio.

Perché quei quattordici elementi costituiscono una famiglia? È davvero un peccato che la maggior parte degl’italiani esca dalla scuola superiore senza aver compreso i pochi e semplici criteri, in base ai quali la tavola periodica è costruita. Con quelli in testa si guarderebbe alla chimica come strumento potente, per indagare senza troppa fatica il mondo materiale, anziché come a una disciplina incomprensibile e astrusa. Nel caso in questione il numero di quattordici viene dal riempimento progressivo d’un livello d’energia (un elettrone in più ogni volta), che può ospitare proprio quattordici elettroni: mentre ciò succede, il resto della struttura atomica rimane quasi costante, almeno a grandi linee, un po’ come se le quattordici caselle che quegli elementi occupano nella tavola potessero ridursi a una sola (Per un’introduzione alla tavola periodica degli elementi chimici si rimanda al terzo capitolo del volume “Il chimico autodidatta — La via più facile per capire il difficile” di Gianni Fochi e Stefano Casarosa, e al libro divulgativo “L’avventura periodica” di Gianni Fochi, ed. Bietti).

Torniamo alla denominazione terre rare. L’aggettivo si giustificava in origine con le difficoltà del loro isolamento allo stato puro, non perché siano rare in assoluto, ma perché sono molto diluite nella crosta terrestre. Per complicare ancor più la loro estrazione, si trovano mescolate fra loro e con altri elementi. “Rare” s’usa ancora perché conviene procurarsele solo da alcune zone, in cui si trovano più concentrate che nella media. Estrarle non era e non è tuttora uno scherzo, né per i costi né per l’ambiente. La Cina, che ne ha giacimenti importanti nella Mongolia interna, non bada a spese — tanto poi ci guadagna moltissimo — e, come suo solito, neanche all’inquinamento, sebbene negli ultimi anni abbia maturato atteggiamenti un po’ più ecologici. I minerali, contenenti fra l’altro anche uranio e torio, vengono dilavati con liquidi tutt’altro che innocui: restano nell’ambiente liquami tossici e radioattivi.

Ma perché il sostantivo terre? Fino all’Ottocento il termine terra veniva applicato agli ossidi di molti metalli; dunque l’espressione zoppica alquanto, se usata direttamente per gli elementi e non per loro composti come sono gli ossidi. Eppure ricorre spesso in italiano (perfino in ambito tecnico e scientifico). Se non si vuole ricorrere al poco diffuso lantànidi, è meglio fare come gli anglosassoni, che parlano di rare-earth elements, elementi delle terre rare.

Fatta la presentazione, occorre dir qualcosa su quanto essi siano ricercati. Nell’autunno del 2010 la Cina minacciò di ridurne le esportazioni: per alcuni di essi i prezzi salirono bruscamente di parecchio, fino al 3000 per cento. Poi ridiscesero, ma i colossi industriali dell’occidente capirono che il rischio c’era comunque e si misero a valutare estrazione e raffinazione in altre parti del mondo. Per il neodimio l’obiettivo non sarebbe poi arduo da raggiungere, sia pure non nell’immediato, perché ce n’è abbastanza anche fuori dalla Cina, ma per il disprosio non è così. Sono due metalli determinanti nelle leghe di cui si fanno i potentissimi magneti dei motori elettrici moderni (dagli autoveicoli green agli aspirapolvere domestici), degli apparecchi per la risonanza magnetica e — nota un po’ frivola, se volete — di alcuni tipi di gemelli per i polsini della camicia. Li troviamo perfino nelle chitarre elettriche, dove a una corda che vibra permettono di generare segnali appunto elettrici.

E sapete di avere un pochino di europio nel vostro portafoglio? Lo contengono le banconote dell’euro come aiuto contro i falsari: è presente in alcuni inchiostri, la cui composizione è mantenuta segreta dalla Banca Centrale Europea, che assumono colori particolari se irraggiati da luce ultravioletta. Euro ed europio: curiosa coincidenza.

Negli schermi di computer e televisori il verde è prodotto dal terbio, mentre nel rosso troviamo implicato di nuovo l’europio, stavolta insieme con l’ittrio. L’erbio invece emette radiazione infrarossa, invisibile per noi, ma capace di viaggiare per chilometri e chilometri nelle fibre ottiche. Il cerio contribuisce a depurare i gas di scarico nelle marmitte catalitiche. Lo scandio entra nelle leghe leggere del settore aerospaziale, in cui anche l’Italia sta espandendo i suoi investimenti.

Alcuni suppongono che le mire di Trump sulla Groenlandia siano dovute anche alla sua relativa ricchezza negli elementi di cui stiamo parlando, che suscitano l’interesse della Russia. Nel giugno di sei anni fa Stati Uniti e Groenlandia hanno stipulato un memorandum d’intesa per collaborare in quel settore, dunque l’attenzione dello zio Sam c’è di sicuro. Chissà che i “dietrologi” non ci vedano giusto, in questo caso.



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