Tendenza gay: ecco cosa dice il Catechismo della Chiesa
Dopo le polemiche sulla vicenda dell’insegnante lesbica di Trento a cui non è stato rinnovato il contratto da una scuola di ispirazione cattolica, qualcuno, anche tra le gerarchie ecclesiastiche, avanza il sospetto che ci sia stata discriminazione. Ma il Catechismo della Chiesa cattolica dice tutt'altro.
Continua la polemica sulla vicenda dell’insegnante lesbica di Trento a cui non è stato rinnovato il contratto, così come ad altri 30 dipendenti “etero”, da una scuola di ispirazione cattolica. Scende in campo anche l’arcivescovo di Trento Luigi Bressan che in modo obliquo dichiara: «L’orientamento sessuale è una cosa e non ci deve essere nessuna discriminazione; poi quelli che sono i rapporti all’interno di un ambiente e che riguardano l’agire questo è un’altra cosa. Il problema è complesso e non è certo con slogan che si risolve».
In tre righe un paio di errori marchiani e una mezza verità. Partiamo dal primo errore/orrore: il Catechismo della Chiesa cattolica ci dice che l’orientamento omosessuale, così come gli atti omosessuali, eccome se deve essere discriminato perché condizione intrinsecamente malvagia: «la Tradizione ha sempre dichiarato che ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’ (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana)…. questa inclinazione, oggettivamente disordinata…» (n. 2358). Sono le persone omosessuali che non vanno discriminate ingiustamente: costoro infatti secondo il Catechismo «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (2358).
Un nota bene: no all’ingiusta discriminazione, ma esistono casi in cui è giusto discriminare, cioè affermare che persone che vivono in questa condizione non sono adatte a svolgere alcuni compiti, ad esempio quello educativo, così come pare che lo stesso arcivescovo ammetta. Già nell’agosto del 2013 ne avevamo parlato sulla Nuova Bussola: la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1992 ha emanato il documento ‘Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali’, in cui si legge: «Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare» (11). Questo perché la tendenza omosessuale può essere in contrasto oggettivo con il bene dei più piccoli o degli scolari privi ancora di adeguati filtri critici o di coloro i quali, come i militari, vivono in una condizione di forte subordinazione ai superiori. In questa prospettiva “discriminare” recupera la sua accezione originaria, cioè esprime l’azione di distinguere, rilevare differenze tra distinti soggetti perché oggettivamente differenti tra loro.
E poi il documento aggiunge in modo lucido: «Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale (cf. n. 10). Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all'abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l'esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune».
Quindi, secondo la prospettiva dottrinale a cui anche l’arcivescovo di Trento dovrebbe aderire, il problema non è complesso, ma già risolto da Magistero. Ed anche nella prospettiva giuridica nulla quaestio, come la Nuova Bussola ha già ampiamente spiegato allorchè ha ricordato che la legge tutela gli “enti di tendenza”, cioè quegli enti che per statuto hanno un particolare orientamento valoriale o religioso, orientamento a cui i loro dipendenti si devono adeguare.