Tasso e Borromeo al primo Giubileo dopo il Concilio di Trento
Ascolta la versione audio dell'articolo
L'autore della Gerusalemme liberata era tra i pellegrini dell'Anno Santo 1575, che vide il santo arcivescovo di Milano incarnare in prima persona il cammino di rinnovamento e di purificazione intrapreso nella Chiesa post-tridentina.
Nel 1563 si concludeva il Concilio di Trento. Nel dicembre dello stesso anno un decreto sulle indulgenze prescriveva che esse si mantenessero, ma che fossero aboliti tutti «gli indegni traffici di soldi fatti per ottenerle». Dodici anni più tardi, il primo Giubileo postconciliare fu la dimostrazione del cammino di cambiamento e di purificazione in atto nella Chiesa. Si videro tanti frutti di carità. Molti fedeli d’Oltralpe, che si erano allontanati da Roma, fecero spontaneamente ritorno alla Chiesa cattolica. Furono all’incirca quattrocentomila i pellegrini che si recarono nella città papale, una cifra non trascurabile se si pensa che la popolazione della città doveva ammontare all’epoca a circa ottantamila unità.
Tra questi pellegrini era presente anche il maggior poeta vivente, Torquato Tasso, che proveniva dalla corte estense di Ferrara e stava componendo il poema della sua vita, la Gerusalemme liberata, che sarebbe stata pubblicata nell’edizione definitiva autorizzata dall’autore nel 1581. Il Giubileo lasciò la sua traccia anche nel capolavoro tassesco.
Nel canto XI della Gerusalemme liberata Pietro l’eremita si rivolge al gran capitano della crociata Goffredo di Buglione chiedendogli di pregare e di invocare il Cielo prima di partire con le armi all’assalto. Si muovono il clero e i comandanti seguiti dal popolo in processione cantando supplici. Le loro invocazioni sono rivolte alla Trinità, ai santi e, in particolare, a San Pietro che è «pietra e sostegno/ della magion [casa] di Dio fondata e forte», di cui è successore il Papa che – continua Tasso – oggi apre le porte della grazia e del perdono («ove ora il novo successor tuo degno/ di grazia e di perdono apre le porte»).
Torquato Tasso si riferisce in questi versi al Papa Gregorio XIII che emise il 20 maggio 1574 (datata 10 maggio) la bolla Dominus ac Redemptor noster per l’indizione del Giubileo dell’anno successivo. Il 20 maggio era il giorno dell’Ascensione. La seconda pubblicazione dell’indizione dell’undicesimo giubileo fu il 19 dicembre 1574, quarta domenica d’Avvento. Papa Gregorio XIII inaugurava così la consuetudine di pubblicare la bolla nei giorni dell’Ascensione e dell’Avvento. I papi successivi avrebbero seguito questa usanza. Gregorio XIII sceglieva due momenti particolari della vita della Chiesa per indicare il senso e il fine del Giubileo che apre l’accesso al Cielo dopo la vita terrena (Ascensione) attraverso l’indulgenza plenaria e inaugura una vita nuova (conversione) già su questa Terra.
Il Giubileo concretizza quanto Cristo ha promesso a chi lo segue: «E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per amore del mio nome, ne riceverà cento volte tanti ed erediterà la vita eterna» (Mt 19,29). Il centuplo quaggiù e l’eternità: questa è la promessa del Signore. Il pellegrinaggio nella vita del cristiano ha da sempre rappresentato il desiderio di incontrare, amare, seguire Cristo, disposti ad abbandonare tutto, pieni della speranza proveniente dalla fede.
La bolla papale di Gregorio XIII concedeva l’indulgenza plenaria ai fedeli che avessero visitato le quattro basiliche maggiori (San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura) per trenta giorni, se residenti a Roma, per quindici, se abitanti nei paesi esterni alla città. Le condizioni per lucrare l’indulgenza erano il pentimento dei peccati commessi e la confessione.
Papa Gregorio XIII volle che Il Giubileo del 1575 fosse l’occasione perché i fedeli potessero vedere i frutti del lavoro per il cambiamento della Chiesa e potessero partecipare a un clima spirituale nuovo. Per questa ragione in vista del Giubileo del 1575 convocò l’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, che aveva esortato i suoi diocesani a partecipare al Giubileo con la lettera pastorale del 10 settembre 1574. In essa Carlo Borromeo aveva ricordato come nei tempi moderni il pellegrinaggio si fosse intiepidito e esortava a riprendere con zelo l’antica devozione. Fu lui così a offrire un esempio per tutti.
Iniziato nell’autunno del 1574, il suo pellegrinaggio faceva tappa in luoghi significativi: a Camaldoli c’era l’eremo fondato da san Romualdo nell’XI secolo, sede della Congregazione benedettina dei Camaldolesi; a La Verna San Francesco, dopo aver chiesto al Signore di poter partecipare al dolore della sua passione in croce, ricevette le stimmate; nell’abbazia di Vallombrosa nell’XI secolo San Giovanni Gualberto spronò al rinnovamento della Chiesa attraverso il ritorno alla povertà evangelica; a Monte Oliveto Maggiore San Bernardo Tolomei fondò la Congregazione degli Olivetani nel 1313 in seno all’ordine benedettino. Racconta un biografo del santo:
Alla vigilia di Natale, fu al fianco del pontefice durante la cerimonia d’apertura della porta santa; come un normale pellegrino andò in visita alle quattro basiliche per quindici giorni, come previsto nella bolla di indizione per i non romani; fece più volte il giro delle sette chiese, secondo la consuetudine da poco reintrodotta da san Filippo Neri; salì la Scala santa in ginocchio e visitò tutte le altre reliquie conservate nelle chiese romane. L’esempio dell’arcivescovo fu seguito da molti dei suoi diocesani, che lui stesso aveva esortato a partecipare al giubileo con una lettera pastorale del 10 settembre 1574 (Aristide Sala, Biografia di San Carlo Borromeo, Milano 1858).
Carlo Borromeo fu autore di tanti atti di carità, come, ad esempio, l’apertura del suo palazzo cardinalizio ai pellegrini. Anche il Papa fu modello di pellegrino per i fedeli, compiendo il pellegrinaggio alle quattro basiliche, salendo in ginocchio la Scala Santa alla veneranda età di settantacinque anni, partecipando a tutte le solennità religiose.
Il Papa prodigò il suo impegno perché il Giubileo potesse svolgersi con ordine e sicurezza. Dispose il riassetto della viabilità creando nuove vie di comunicazione, fece sorvegliare le strade, aprì nuovi accessi alla città, impedì l’aumento dei prezzi degli affitti e delle locande. Volle che le distrazioni e le tentazioni fossero minori in città: proibì il carnevale e fece allontanare le prostitute.
1550, un Giubileo alla presenza di grandi santi e artisti
Paolo III, il Papa che indisse il Concilio di Trento, organizzò con ogni cura anche il Giubileo del 1550, a cui pure non poté partecipare perché nel frattempo deceduto. Presenti invece grandi artisti, in primis Michelangelo, e santi, come Filippo Neri e Ignazio di Loyola.
Il nono Anno Santo e il sacco di Roma del 1527
Indetto da Clemente VII, il nono Giubileo si svolse nel 1525, in una fase molto travagliata per la Chiesa e per Roma. Due anni più tardi nella Città Eterna giunsero i lanzichenecchi, in prevalenza protestanti, che portarono una tremenda devastazione.
Guicciardini e l’apertura della prima Porta Santa a San Pietro
L'autore della Storia d'Italia racconta i due anni santi del 1500 e del 1525. In particolare il primo, indetto dal discusso Papa Borgia, che portò grandi novità cerimoniali e urbanistiche.