Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL PROGETTO

Tante domande senza risposta

A parte la sistemazione dei precari, il resto della riforma presentata da Renzi è un piano ambizioso fatto di grandi enunciazioni ma anche con palesi contraddizioni. E soprattutto: come si permetterà ai genitori di scegliere liberamente la scuola che ritengono più idonea per l'educazione dei figli?

Educazione 04_09_2014
Il ministro Giannini

Pochi giorni fa, durante la conferenza stampa di presentazione di «Millegiorni», il premier Renzi aveva dichiarato: «La riforma della scuola è pronta. I giornali dicono che non ci sono coperture, che lavoriamo ancora sui contenuti. Invece è tutto già scritto nero su bianco, e mercoledì lo presenteremo».

Finalmente, ora sappiamo come intenda il Governo procedere verso la riforma della Buona scuola intervenendo prima in sede di Legge di stabilità, poi con un Decreto-legge e con un Disegno di legge delega.

Con la Legge di stabilità è «previsto il finanziamento del piano straordinario di assunzioni a decorrere dall’anno scolastico 2015/2016 di tutti i “precari storici” iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento (con riferimento all’ultimo aggiornamento di luglio 2014) e dei vincitori e idonei dell’ultimo concorso, bandito nel 2012». 
Il Governo riconosce l’urgenza di valorizzare la cultura e di investire sul sapere e sulla scuola. Per questo in tempi brevi ricorrerà ad un Decreto-legge (si riconosce come data limite gennaio 2015) che verrà poi convertito in legge nell’iter parlamentare. Al Decreto-legge si giungerà dopo due mesi di consultazione pubblica sul Rapporto «La Buona Scuola» che coinvolgerà tutto il mondo della scuola  (da metà settembre a metà novembre).

Non vi saranno più, dunque, precari storici, tutti assunti per l’anno scolastico 2015-2016. Il Decreto-legge prevederà, inoltre, misure atte a superare il meccanismo delle supplenze brevi e saltuarie, ad individuare nuove procedure di abilitazione e di reclutamento del personale docente ed educativo, ad ampliare l’autonomia scolastica, ad aumentare le risorse finanziarie delle scuole, a rafforzare le competenze degli alunni, a ripensare lo status giuridico del docente. Una delle maggiori novità sarà proprio quella legata alla figura dell’insegnante che finalmente potrà avere una progressione di carriera. Da decenni non esiste un criterio di valutazione degli stessi a partire dal merito, ma solo dagli scatti di anzianità. Ora verranno introdotti gli «scatti di competenza» per valorizzare le competenze didattiche e professionali. Il Decreto-legge prevederà anche la semplificazione delle procedure di alternanza scuola-lavoro e delle procedure amministrative e gestionali attraverso l’uso di tecnologie informatiche.
Infine, attraverso un Disegno di legge delega si procederà alla stesura di un nuovo Testo Unico per la scuola (l’ultimo risale addirittura a vent’anni fa).

Ambizioso, quindi, è il piano. I nodi da sciogliere non sono certo pochi. Pur non potendo ora affrontarli per intero, mi limiterò a sottolineare alcune questioni di particolare rilevanza: se davvero saranno assunti tutti i precari storici, secondo quali criteri verranno poi assunti i nuovi abilitati? Un modello potrebbe essere quello inglese in cui con la sua autonomia ciascuna scuola ha la facoltà di assumere gli insegnanti che sono poi sottoposti ad una valutazione. Come si può, poi, valutare davvero ed efficacemente il merito dell’insegnante? Bastano i titoli derivanti da pubblicazioni, da corsi di formazione, etc. per valutare seriamente e oggettivamente il lavoro didattico ed educativo?

Inoltre, non è sufficiente introdurre la carriera scolastica per i meritevoli. Dai racconti che pervengono da parte di studenti e di genitori è chiaro che si deve iniziare a pretendere dagli insegnanti dei requisiti minimi per l’insegnamento, da valutarsi in itinere, ovvero durante l’anno scolastico: ad esempio, che conoscano effettivamente le discipline insegnate (non basta aver superato una prova, un concorso,…), che spieghino agli alunni quanto poi pretendono da loro nelle interrogazioni, etc. Troppo spesso gli insegnanti si nascondono dietro il pretesto della bassa retribuzione, del non riconoscimento della figura professionale per avvallare un atteggiamento non deontologico.

Come in ogni azienda si chieda che si lavori bene. Non si dia per scontato che chiunque sia entrato nel mondo della scuola vi debba rimanere. Oggigiorno solo nel mondo della scuola è impossibile licenziare. Qualcuno risponda: perché? Se il capo del governo Renzi afferma che la scuola è fondamentale e che l’Italia tra vent’anni sarà quella dei ragazzi istruiti ed educati nel 2014, ciò significa che il corpo docenti dovrà essere all’altezza dell’importante compito. Si abbia il coraggio, finalmente, di trattare la scuola come una buona azienda in cui tutto deve funzionare al meglio. Le prime risorse non sono le disponibilità economiche, ma le risorse umane e il desiderio di ciascuno di lavorare e di «produrre». 

Le novità relative alla scuola dovrebbero, poi, riguardare anche le discipline affrontate nel percorso scolastico: un numero maggiore di ore dovrebbe essere dedicato alla Storia dell’Arte, al Disegno, alla Musica dal momento che la creatività e l’arte appartengono al patrimonio genetico degli italiani. Anche lo studio delle Lingue straniere e la produzione digitale dovranno essere migliorate. C'è da chiedersi come si realizzerà questo connubio tra un ampliamento dello studio dell’arte e della cultura classica nel senso ampio del termine e una sempre più convincente acquisizione delle nuove tecnologie e delle Lingue, senza aumentare il numero di ore scolastiche. Teniamo conto che, inoltre, è previsto che la scuola avvicini gli studenti sempre più al mondo del lavoro. Negli ultimi anni il trend ha visto una diminuzione delle ore di studio della Storia, del Latino, etc., ovvero di quelle discipline che permettono lo studio del nostro invidiabile patrimonio artistico - letterario.  

Il percorso delineato da Renzi è ambizioso (nel senso buono del termine) e tutt’altro che scontato, richiede l’adesione e la partecipazione di tutti: non nel senso che tutti debbano per forza esprimere la propria opinione, ma nel senso che dovranno essere tutti disposti a mettersi in discussione, a rinunciare magari a qualche diritto o pseudo diritto acquisito, a lavorare di più e a faticare maggiormente non in nome di un progetto astratto, ma di una scuola che possa essere effettivamente un luogo di crescita umana oltre che culturale per lo studente. 

E in questo senso dovremo capire come Renzi intenda davvero affrontare la questione della libertà di scelta nell’educazione. Come si permetterà a tutti i genitori di scegliere con libertà la scuola che ritengono più idonea per l’educazione dei propri figli? In alcuni stati dell’Unione europea questo già accade da tempo.