Svolta Appendino Torino è tra capre e cavoli
Nuova era Cinque Stelle a Torino: dopo tanto fumo le grandi novità sono: da un lato la trasformazione dell’assessorato alla Famiglia in assessorato alle Famiglie con acclusa nomina ad assessore in materia del presidente dell’Arcigay torinese, e dall’altro l’avvio di un programma di promozione della dieta vegana e vegetariana.
Ma questi sanno dove si trovano, in quale tempo vivono e, insomma, in che cosa consistono le urgenze della città che sono stati chiamati ad amministrare? La domanda è di rigore alla vista dei primi provvedimenti presi a Torino dalla nuova giunta targata 5 Stelle. Abbandonata dalla Fiat, a sua volta divenuta semplicemente uno dei tanti marchi di una multinazionale dell’automobile con sede nei Paesi Bassi e direzione strategica negli Usa, la grande città piemontese vive un momento di crisi e di declino che per gravità è paragonabile soltanto a quello che per molti anni attraversò dal 1865 in avanti, quando cessò di essere la capitale del nuovo Stato italiano.
Alle recenti elezioni comunali, di fronte all’inerzia delle forze politiche “storiche”, i torinesi giocano allora la carta del nuovo per il nuovo. Sulla piazza il nuovo per il nuovo sono i 5 Stelle, e vada per i 5 Stelle. Il loro candidato sindaco, Chiara Appendino, perciò travolge l’impegnato, ma mesto sindaco uscente Piero Fassino. L’immaginazione – si potrebbe dire riusando un antico slogan del ’68 – viene mandata al potere, e la città si dispone a raccogliere i frutti della sua scelta di rottura.
Buoni, onesti e intelligenti come hanno continuato a dire di essere, chissà quale meraviglia di progetto di rilancio di Torino avranno in tasca i pentastellati. Venuto però il momento dei provvedimenti-bandiera, di quelle prime decisioni che dicono la “filosofia” di un’amministrazione, le grandi novità sono: da un lato la trasformazione dell’assessorato alla Famiglia in assessorato alle Famiglie con acclusa nomina ad assessore in materia del presidente dell’Arcigay torinese Marco Alessandro Giusta, e dall’altro l’avvio di un programma di promozione della dieta vegana e vegetariana sul territorio comunale.
Il programma è nelle mani dell’assessore Stefania Giannuzzi, a capo di un assessorato che, non a caso, non è più soltanto all’Ambiente bensì all’Ambiente e alla Tutela degli animali. Di fronte, insomma, ai problemi giganteschi di una metropoli orfana della grande realtà industriale attorno a cui la sua economia e la sua società hanno vissuto per oltre un secolo, e che ora deve letteralmente reinventarsi, questi pretendono di prendere le mosse da questioni, ripescate dall’agenda dei radicali e rispettivamente dei “verdi”, che sono non soltanto distruttive di quel che resta dalla cultura popolare torinese, ma anche lontanissime dalle sensibilità e dai legittimi interessi delle masse urbane senza futuro che la Fiat ha lasciato dietro di sé nelle vaste periferie della città.
Al di là di ogni altra e più pregnante considerazione, l’assessorato alle Famiglie è semplicemente fuori legge. A norma dell’art. 35 della Costituzione c’è una sola famiglia, quella costituita secondo natura. Tanto e vero che per poter far entrare le unioni civili nell’ordinamento italiano la legge Cirinnà ha dovuto spacciarle per “formazioni sociali” a norma dell’articolo 3. Quindi per un Comune dotarsi di un assessorato alle Famiglie è solo una perdita di tempo.
Non si fatica poi a immaginare che cosa nelle periferie di Torino si stia pensando della volontà della nuova giunta di impegnare l’amministrazione comunale a «promuove la cultura vegana e il rispetto degli animali»; intendendo per “rispetto” l’idea di considerarli come se fossero degli uomini (beninteso, degli uomini già nati e in buona salute perché se si trattasse di feti o di malati in coma irreversibile il discorso potrebbe anche cambiare…). Bontà sua, l’assessore Stefania Giannuzzi ha precisato che la nuova giunta non vuole “imporre a nessuno una dieta vegana o vegetariana». Intende però promuoverla come «atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali attraverso interventi di sensibilizzazione sul territorio». Come dire che un torinese, se se la sentirà di essere perciò un fondamentale nemico dell’ambiente, un sabotatore della salute e un assassino di animali, potrà anche continuare a mangiare carne e uova.
L’assessore pensa inoltre, sul modello delle domeniche ecologiche, a giornate in cui si inviteranno i cittadini «a non consumare carne spiegando le ragioni di questa scelta ma chiarendo anche che si tratta di una partecipazione assolutamente volontaria e che nulla sarà imposto». Essendo evidentemente capace come nessun altro di salvare tutte le capre e tutti i cavoli, la giunta Appendino si propone poi di promuovere «diete alimentari ambientalmente sostenibili» ma senza penalizzare gli allevatori.
Punta infine «alla realizzazione di colombaie in alcune aree verdi per fornire alimentazione adeguata ai colombi e ridurne il numero in modo incruento». L’esperienza non cessa insomma di insegnare quale sia la sostanza della proposta politica dei 5 Stelle al di là della grande abilità politica e della grande capacità di comunicazione di cui sanno dare prova. C’è da augurarsi che i loro attuali e potenziali elettori se ne rendano conto per tempo.