Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
NUOVO GOVERNO

Sull'immigrazione si gioca la partita tra Italia ed Europa

Il ministro dell'Interno Salvini al centro di violenti attacchi sul tema immigrazione in un fine settimana che ha registrato centinaia di sbarchi e decine di morti nel Mediterraneo. Sulla politica di "meno sbarchi e più rimpatri" arriva un segnale di apertura dalla Germania. Ma la strada per un effettivo cambiamento di indirizzo in Europa e in Italia è lunga e accidentata.
CACCIA A FONTANA, DISINFORMATJA DI REGIME, di Andrea Zambrano

Politica 04_06_2018
Il ministro Salvini bel centro di accoglienza di Pozzallo

Dopo il ministro Fontana, tocca a Matteo Salvini diventare l’obiettivo di attacchi scomposti in un fine settimana caratterizzato da altre centinaia di sbarchi in Sicilia e, purtroppo, altri morti nel Mediterraneo: almeno 46 al largo della Tunisia e nove nel Golfo di Antalya, in Turchia, tra cui sei bambini.

Lo scrittore Roberto Saviano, ormai diventato tuttologo, è arrivato anche ad accusare Salvini di essere responsabile degli annegamenti, ma intanto la vicenda degli sbarchi si mischia a quella dello sfruttamento degli immigrati, a dimostrazione che il flusso incontrollato di immigrati è una vera e propria bomba ad orologeria. Ieri sera è andata in scena la rivolta degli immigrati nella tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria, dopo l’uccisione di Soumaila Sacko, il 29enne maliano, attivista del sindacato che difende i braccianti. Anche se gli investigatori sono certi che l’omicidio non abbia motivi di razzismo (Sacko stava aiutando due altri immigrati a "prendere" delle lamiere in una vecchia fornace per costruire delle baracche) ieri sera nella tendopoli gli immigrati hanno bruciato copertoni e altro materiale, impedendo peraltro a polizia e vigili del fuoco di intervenire.

Si teme ovviamente che possa essere l’inizio di una più vasta rivolta, ma intanto l’attenzione della politica ieri era rivolta alla Sicilia dove Salvini era impegnato in un tour elettorale in vista delle elezioni amministrative di domenica prossima. «Basta con la Sicilia campo profughi dell’Europa», lo slogan lanciato mentre i centri sociali lo contestavano in loco e il finanziere George Soros da Trento (dove partecipava al Festival dell’Economia) faceva piovere su di lui l’accusa di essere a busta paga del presidente russo Vladimir Putin.

Certamente Salvini nei suoi interventi pubblici non è andato tanto per il sottile, dando dei «vice-scafisti» alle Organizzazioni non Governative che fanno la spola tra le acque nordafricane e le coste siciliane scaricando migliaia di migranti irregolari sul suolo italiano. E ne ha avute anche per la Tunisia, paese «libero e democratico» che «spesso e volentieri esporta galeotti».

Ma il ministro dell’Interno ha le sue ragioni nel dire che la sua è una linea politica di «buon senso». Il problema delle morti nel Mediterraneo è legato al boom delle partenze e non alla mancanza di soccorsi, come qualcuno vorrebbe far credere. Permettere di partire a centinaia di migliaia di persone che si sa non hanno i requisiti per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato è la causa prima delle tragedie nel Mediterraneo, come La Nuova BQ sostiene da anni. Fare in modo di fermare le partenze è anche l’arma più efficace per bloccare il traffico di esseri umani da parte di organizzazioni criminali che con i migranti finanziano anche le attività terroristiche.

Il piano di Salvini prevede anche l’accelerazione dei rimpatri per circa 600mila immigrati irregolari che non hanno il diritto di essere accolti in Europa. E anche qui è difficile sostenere che non si tratti di buon senso.

Il vero problema è come raggiungere questi obiettivi. Salvini intende muoversi in due direzioni, entrambe piuttosto complicate. La prima strada consiste in accordi bilaterali con i Paesi nordafricani da cui partono gli scafi per l’Italia e, in seconda battuta, con i Paesi di origine dei migranti. La seconda strada punta su Bruxelles: il ministro dell’Interno ha detto chiaramente che il dossier migranti va ricontrattato a livello di Unione Europea. In ballo ci sono la questione della sicurezza delle frontiere e la ricollocazione degli immigrati che ottengono asilo politico. Due questioni che, viste le posizioni dei diversi paesi Ue, sappiamo essere molto problematiche.

Ma una apertura a sorpresa è arrivata ieri dalla cancelliera tedesca Angela Merkel che, in una intervista, ha ammesso che «gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli nel compito di accogliere così tanti migranti». E ha posto «la sicurezza delle frontiere, la politica di asilo comune e la lotta alle ragioni dell'esodo dei migranti» come «la vera questione esistenziale per l'Europa». La Merkel vede un rafforzamento di Frontex, che dovrà diventare «una vera polizia di frontiera con competenze europee» e l’istituzione di «un Ente europeo per l’asilo». Segnali di apertura importanti, il tempo dirà quanto convinti.

Ma resta il fatto che il tema immigrazione è centrale per l’Europa. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, in una intervista al Quotidiano Nazionale, ha detto che non si deve ridurre l’immigrazione «ad una mera questione di polizia o addirittura di spesa pubblica». Vero, ma è ancor più vero che bisogna denunciare il tragico errore di considerare l’immigrazione come soluzione al problema demografico derivato dal crollo della natalità: è il cavallo di battaglia di Emma Bonino e della sinistra ma, purtroppo, anche di tanti vescovi. Né si deve nascondere il problema di una immigrazione – ci riferiamo a quella islamica – che salvo rari casi, non ha alcuna intenzione di integrarsi. Inoltre, è preoccupante il fatto che da tempo in tema di immigrazione si faccia di ogni erba un fascio: c’è invece una immigrazione regolare, che va tutelata, e una immigrazione irregolare, o clandestina, che va fortemente contrastata. Ciò che tanti buonisti e teorici dell’accoglienza senza “se” e senza “ma” non comprendono è che il flusso incontrollato di clandestini mette in difficoltà anzitutto quanti migrano regolarmente o che hanno effettivo diritto allo status di rifugiato.