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LA STORIA

Strappata all'abisso. Così Milly sconfisse il male di vivere

Non è da tutti squadernare le proprie miserie e raccontare un matrimonio fallito, tre tentativi di suicidio e, alle spalle, una famiglia segnata da due suicidi riusciti. Ma soprattutto, la malattia depressiva e il calvario di psichiatri e psicofarmaci. Lo fa Milly Gualteroni, nel suo libro Strappata all’abisso. Dagli psicofarmaci alla fede.

Cultura 03_11_2015
La copertina del libro di Milly Gulisano "Strappata all’abisso. Dagli psicofarmaci alla fede"

Diversi anni fa io e Vittorio Messori andammo insieme alla sede della Mondadori a Segrate, lui per firmare il contratto del suo libro sull’Opus Dei, io per i miei due Elogi (dell’Inquisizione e del Sillabo). Contenti per quei nuovi lavori di apologetica che avrebbero visto la luce con il maggior editore italiano, salutammo l’allora neo-convertito Leonardo Mondadori (contento pure lui) e uscimmo. 

Tanta acqua è passata, da allora, sotto ai ponti: Leonardo è morto, l’apologetica pure, ma quel lontano giorno si è misteriosamente ripresentato alla ribalta della nostra esistenza, come dirò. Uscimmo che era scuro e salimmo in auto per tornare a Milano. Una ragazza minuta, vivace e carina ci chiese un passaggio: era una giornalista di Panorama che aveva perso l’ultimo bus-navetta. La accompagnammo alla stazione dopo un tragitto allegro e chiacchierino. Pochi mesi fa, Messori mi chiese se mi ricordavo di quel remoto, e brevissimo, episodio. Dovetti raschiare la mia memoria prima di farlo tornare a galla. Sì, ricordavo, vagamente. Facciamola breve: quella ragazza era Mariella Amalia Gualteroni, detta Milly, già firma, anche, di Vogue, Cosmopolitan e Chi. La quale oggi esce con un libro autobiografico e coraggiosissimo, Strappata all’abisso. Dagli psicofarmaci alla fede (Ares). 

Sì, perché non è da tutti squadernare le proprie miserie coram populo, e raccontare una vita di amanti e convivenze, un matrimonio fallito, tre tentativi di suicidio e, alle spalle, una famiglia segnata da due suicidi riusciti. Ma soprattutto, la malattia depressiva e il calvario di psichiatri e psicofarmaci. Infatti, quantunque si tratti di un male diffusissimo, chi lo ha se ne vergogna. Et pour cause: se dite agli altri che ne soffrite, è sicuro che vi fate il vuoto attorno. Il mondo odierno vuole allegria ed efficienza. Così, dopo le pacche sulle spalle e i consigli di «tirarsi su», anche i meglio disposti si defilano. Già, perché perfino abbracciare un lebbroso è più facile che avere a che fare con un depresso grave. Ma per fortuna Dio è più buono anche di quelli che si credono più buoni di Lui (oggi abbondano); così, la viacrucis di Milly è contrappuntata da “coincidenze” misteriose che, come le briciole di Pollicino, passo passo la riportano a casa. 

Segnalare un libro che merita di essere letto comporta una selezione, non un riassunto; perciò adesso sarò stringato. Nata in una zona d’Italia ad alto tasso di suicidi, Milly è presto segnata da due lutti del genere. Infatti, come ben sanno i cronisti, il suicidio è contagioso: dài notizia di uno e, nei giorni seguenti, altri ne imitano le modalità. Il suicidio è un atto di disperazione, certo, ma anche di supremo egoismo, giacché se ne frega se chi resta ne sarà segnato per sempre. Come nel caso di Milly. L’episodio più esilarante (non me ne voglia l’autrice, ma in certi casi non sai se piangere o ridere): Milly, agnostica politicamente corretta, riceve da un’amica il consiglio di rivolgersi a un prete-operaio, più “aperto” secondo la vulgata del tempo. 

Lui può riceverla solo di primo mattino, mentre indossa la tuta per andare in fabbrica. Lei gli confessa di sentirsi attratta dal suicidio. Lui apre un cassetto, cava una pistola e gliela mette davanti: faccia pure, ma lui non ha tempo, deve andare a lavorare. Milly, via via, ci prova in modi strampalati, vuol simulare una morte accidentale per non far subire a sua madre il terzo suicidio in famiglia. Ma ogni volta, ecco un’esperienza straordinaria: un tau che le compare sulla fronte (poi legge che san Francesco ne aveva uno uguale), una foto sul cellulare in cui spunta la sagoma della Madonna (identica a quella vista durante un reportage su una veggente), una teoria di figure demoniache che compaiono dal nulla… 

E Milly comincia a porsi le Domande, quelle che ognuno dovrebbe porsi ma i più non si pongono (ed è qui il grande mistero): «Perché tali e tante e continue frustrazioni al nostro bisogno di amore? Perché vogliamo amare e, invece, odiamo e siamo odiati? Perché ci sentiamo immortali e, invece, un giorno saremo sepolti nella terra e divorati dai vermi?». Milly, seguendo le famose briciole, si converte e inizia un percorso non facile (risalire dall’abisso non lo è mai), ma adesso la speranza ha preso il posto della disperazione tetra; la certezza, del dubbio angoscioso; la luce, del buio fitto. Leggetelo, questo libro, e fatelo leggere. 

 

Milly Gualteroni, Strappata all’abisso. Dagli psicofarmaci alla fede, Ares (info@ares.mi.it), pp. 216.