"Storia di Maria": bocciato. Sarebbe bastato seguire il Vangelo
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Un nuovo film sulla Madonna, questa volta targato Netflix, delude come quasi tutti i film tratti dal Vangelo. Anacronismi e licenze poetiche rovinano inutilmente il racconto. Eppure sarebbe bastato seguire il racconto evangelico.
Tutti i più famosi registi americani hanno voluto dire la loro sui seguenti temi: fantascienza, horror, Vietnam, sesso. In una specie di gara al grido di “mo’ vi faccio vedere io come si fa”. Qualcuno ha prodotto capolavori, i più ciofeche. Vabbe’. Ma c’è un tema su cui anche i non famosi, cioè quasi tutti, si cimentano: i Vangeli. Da una parte la cosa potrebbe far piacere, perché denota una certa qual nostalgia anche da parte degli atei che, nemmeno loro, non possono non dirsi cristiani perché anche la stessa possibilità di professare l’ateismo senza passare i guai viene dal cristianesimo. Dall’altra, però, questo continuo sfornare film su Gesù, Giuseppe e Maria (non tutti lo sanno, ma anche Christian Bale, “Batman”, è stato Gesù) alla lunga stucca. Come le continue rivisitazioni di Francesco & Chiara.
L’ultimo nato del ricco filone è Storia di Maria, distribuito da Netflix e arricchito dalla presenza dell’ormai troppo vecchio Anthony Hopkins nei panni di Erode. Anticipo subito che l’unica cosa azzeccata è la scelta della protagonista, Noa Cohen, attrice israeliana dal nome squisitamente ebraico. Infatti, la Madonna era ebrea. Lo sviluppo della trama, poi, fa porre allo spettatore una domanda: ma perché tutti questi film si ostinano a non seguire pari pari il racconto evangelico, già di per sé avventuroso quanto basta? Macché, e giù con le varianti secondo l'estro, di solito dettate dal politicamente corretto del momento. A ciascuno il suo: l’unico ad aver fatto partorire Maria senza dolore e urli è stato Zeffirelli. E pure a questo Storia di Maria (nell’originale semplicemente Mary) l’idea che, essendo immune dal Peccato Originale, Maria abbia figliato in tutta serenità non riesce ad essere contemplata. Boh, chissà che consulenti ha utilizzato, forse teologi à la page.
Ebbene, nel film Maria e Giuseppe non trovano alloggio a Betlemme perché la città è intasata da quanti sono venuti perché sanno che lì deve nascere il Messia. Cosa che non sapeva nemmeno Erode. Boh. Il censimento romano? Nessuna traccia. Tiremm innanz. L’arcangelo Gabriele si presenta subito. A chi? A Gioacchino, disperato per non avere figli. A lui annuncia la nascita di Maria. Ma l’attore scelto per fare l’angelo ha un viso bruttino e inquietante. Invece, quello che fa Lucifero è bello. Ri-boh. Tra l’altro, Giuseppe, per difendere la moglie rapita da Lucifero, trafigge quest’ultimo con una spada. Vabbe’, licenze poetiche. Ma a Giuseppe nessun angelo spiega come mai la sua fidanzata sia incinta. Se la tiene lo stesso, sì, solo perché ne è innamorato, e senza alcuna curiosità su chi sia il padre del nascituro. Per quanto riguarda il premio Oscar Erode, questi, tra una gigionata e l’altra, manda a uccidere tutti i bambini di Betlemme, tranne i neonati, che si fa portare al suo cospetto per vedere qual sia il Messia. Naturalmente non riesce a distinguere il Prescelto e viene praticamente ucciso da Gabriele.
Le scene di massa, al solito, sono girate in Marocco, e si vedono chiaramente facce maghrebine che lo spettatore è invitato a considerare ebree. Potremmo continuare con le incongruenze & ingenuità, ma ci sentiamo di invitare i registi a, per una volta, seguire il racconto evangelico senza aggiunte e/o varianti. Il risultato sarebbe molto migliore, come hanno mostrato Zeffirelli e Gibson. Tutto il resto, come direbbe Califano, è noia.