Sri Lanka, proibito convertirsi
Nel paese asiatico una legge impedisce ai cittadini di scegliere il proprio credo, e professarlo.
Nei giorni scorsi, Asia News ha riferito che in Sri Lanka vi sono state diverse manifestazioni contro l'approvazione della risoluzione del Consiglio Onu per i diritti umani sui crimini di guerra avvenuti durante la guerra civile, durata trent’anni, che ha causato migliaia di morti, che si chiuse ufficialmente il 18 maggio 2009, quando venne ucciso V.Prabhakaran, il comandante dei guerriglieri dello LTTE, le Tigri Tamil, che chiedevano l’autonomia delle zone settentrionali e orientali dell’isola abitate da tamil di religione hindu.
Il ministro delle Relazioni pubbliche Mervyn Silva ha minacciato di "spezzare le gambe" ai giornalisti srilankesi che all'estero hanno parlato male del Paese.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, durante gli ultimi mesi della guerra civile l’esercito uccise almeno 40.000 civili Tamil. Le dimensioni dei massacri compiuti nella fase finale della guerra civile in Sri Lanka sono da tempo oggetto di inchieste internazionali. L’anno scorso un rapporto di International Crisis Group spiegava come nella primavera del 2009 il governo avesse bombardato intenzionalmente e ripetutamente i civili, gli ospedali e le operazioni umanitarie per reprimere e annientare la decennale ribellione delle Tigri Tamil. Il governo si è sempre rifiutato di indagare concretamente sulle responsabilità dei massacri e degli abusi.
I Tamil, che costituiscono circa il 12% della popolazione dello Sri Lanka, sostengono di essere stati sempre discriminati dalla maggioranza singalese da quando lo Sri Lanka ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1948. Il risentimento della minoranza Tamil ha favorito la nascita di molti gruppi armati, tra cui appunto le Tigri per la Liberazione della patria Tamil, che dalla fine degli anni Settanta hanno condotto una violenta campagna secessionista poi sfociata in oltre vent’anni di guerra civile e attentati contro i civili. Anche i Tamil sono stati accusati da molti osservatori indipendenti di crimini contro l’umanità, soprattutto di avere addestrato dei bambini come soldati e di avere utilizzato i civili come scudi umani.
La risoluzione del Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, presentata dagli Stati Uniti, è stata adottata con 24 voti favorevoli, 15 contrari e 8 astenuti. Chiede al governo dello Sri Lanka - che ha sempre rifiutato le accuse di violazione dei diritti umani mosse dall'Onu, definendole un tentativo dei Paesi occidentali di "interferire con la politica interna del Paese" - di prendere "tutti i provvedimenti necessari" per assicurare giustizia, uguaglianza e riconciliazione per tutti gli srilankesi.
La Tamil National Alliance (Tna), principale partito tamil del Paese, si è detta "soddisfatta" dell'approvazione. Tuttavia, in questi giorni in Sri Lanka sono scesi in piazza tamil e singalesi insieme, di ogni gruppo religioso, per protestare contro la risoluzione con manifestazioni e programmi interreligiosi. Molte comunità cattoliche dell'isola hanno preparato liturgie speciali, con la partecipazione di forze di polizia e autorità locali. Le funzioni terminavano con preghiere, invocando la benedizione di Dio per fermare le dispute attuali e risolvere i problemi della nazione.
Nel novembre dello scorso anno, l’Agenzia Fides ha dato notizia del fatto che è tornata in auge nel Paese asiatico la richiesta di promulgare una “legge anti-conversioni” che proibisca a un cittadino di cambiare la propria fede, se non in casi specifici e con l’autorizzazione di un magistrato. A riproporlo è il “Jathika Hela Urumaya” (JHU), movimento ultranazionalista, singalese e buddista, composto da molti monaci buddisti, che da sette anni ha fatto di tale proposta uno strumento di ascesa politica, giungendo a far eleggere nove monaci in Parlamento . Il partito ha rinnovato la sua campagna, che vede nelle altre religioni “una contaminazione per il paese”, invitando il governo a reintrodurre il divieto di convertirsi. La richiesta desta preoccupazione nei cristiani dello Sri Lanka, che sostengono la piena libertà di coscienza e di religione di ogni individuo, che lo stato non può condizionare.
Un altro campanello di allarme per i cristiani nello Sri Lanka è l’atteggiamento del Ministero degli Affari religiosi, che ha disposto la chiusura di “chiese non autorizzate” e continua a rifiutarne la registrazione ufficiale, mentre nega le licenza edilizie (anche per edifici civili, non adibiti al culto) se il richiedente è un individuo o un'organizzazione cristiana. Il Ministero ha diffuso, nel settembre scorso, una lettera circolare in cui si specifica che “la costruzione o il mantenimento dei luoghi di culto deve avere una preventiva approvazione”. Secondo fonti di Fides, sono soprattutto le chiese cristiane evangeliche ad affrontare la maggiore pressione nella società, sia da parte dello stato, con la chiusura di locali adibiti a chiese, ma anche da parte dei movimenti nazionalisti buddisti.
Nel corso dello scorso autunno - l’ha riferito Asia News - migliaia di genitori cattolici hanno scritto lettere al presidente del Paese e al ministro dell’istruzione per chiedere che gli studenti cattolici e cristiani possano avere lezioni ed esami nella loro religione nelle classi di “English medium”, esattamente come le altre comunità religiose possono studiare e praticare la loro religione nel loro linguaggio agli esami condotti dalle istituzioni statali. Anche l’arcivescovo di Colombo, il card. Malcom Ranjith ha fatto appello al governo affinché considerasse la questione. Ma il ministero dell’Istruzione ha lasciato cadere la richiesta.
Secondo il sito web ufficiale dell’arcidiocesi, il giornale Sunday Times ha scritto il 6 novembre che la richiesta mandata dall’ufficio del presidente Mahinda Rajapaksha al ministero dell’Istruzione di considerare favorevolmente la richiesta degli studenti cattolici e cristiani è stata lasciata cadere. I genitori cattolici si erano rivolti al card. Ranjith affinchè facesse appello al governo, ma evidentemente senza successo.
Parenti e insegnanti, ascoltati da AsiaNews hanno dichiarato di apprezzare la mediazione diretta del Presidente e dell’arcivescovo, ma, hanno aggiunto, “questa è una situazione molto triste, se il ministero non permette ai nostri figli quanto richiesto. E’ un grosso punto interrogativo. Perché il ministero dice di no?”. Altri hanno dichiarato: “Il nostro arcivescovo ha fatto appello, e anche il Presidente si è rivolto al ministero, che però non ha avuto il buon senso di ascoltarli. Perché questo cattivo trattamento degli studenti cristiani?”.