Spariti 6 miliardi: la "cresta" Inps sulle famiglie italiane
Dal 2013 ad oggi l'Inps non ha erogato un miliardo di euro all'anno in assegni famigliari. Una cresta scandalosa di 6 miliardi invano denunciata dall'Associazione Famiglie numerose. "Quei soldi devono essere dati alle famiglie italiane ", dice il presidente Sberna, che alla Nuova BQ ricorda il muro di gomma contro cui si è scontrato: "Il ministro Poletti ammise l'ammanco, ma fu evasivo; Boeri (Inps) rideva e Di Maio promise che mi avrebbe appoggiato. Oggi tocca a lui dare risposte". Iene e Forumfamiglie tallonano il nuovo presidente Inps. Partite Iva, figli 18enni e famiglie numerose: chi deve beneficiare della revisione dell'assegno famigliare.
Non vedono, non sentono e non parlano. A fare la figura delle tre scimmiette sono finiti i vertici dell’Inps succedutisi in questi anni e i ministri del Lavoro almeno degli ultimi sei anni. Tante sono infatti, parliamo almeno dal 2013, le annualità nel corso delle quali sistematicamente viene sottratta la bellezza di un miliardo di euro dal monte raccolto dall’Istituto di previdenza nazionale e da destinare sotto forma di assegno mensile a tutti i lavoratori dipendenti con almeno un figlio a carico.
Si tratta dell’unica misura decente che lo Stato eroga a favore delle famiglie in un contesto di inverno demografico in cui le politiche famigliari strutturali sono completamente assenti dal panorama politico. Ebbene: proprio su questa misura, lo Stato, per conto dell’Inps, fa la cresta di circa un miliardo all’anno.
6 MILIARDI IN MENO
Vi diciamo subito il calcolo dei soldi che mancano all’appello nelle tasche di tutti i lavoratori dipendenti italiani con figli: più di 6 miliardi di euro. Uno scandalo a cielo aperto che non indigna, non fa scendere in piazza, non provoca campagne mediatiche a Cinque Stelle, ma che è uno dei misteri italiani al quale non si vuole proprio dare una risposta impegnandosi a restituire il maltolto.
Di questo scandalo si sono occupate meritoriamente le Iene nella puntata di domenica. Hanno raccolto la denuncia del presidente del Forumfamiglie Gigi de Palo e del presidente dell’associazione Famiglie Numerose Mario Sberna, quest’ultimo che per primo e in solitaria fino a ieri, ha sollevato la questione in questi anni ricevendo in cambio solo sorrisetti e pacche sulle spalle.
Le Iene – intervistando De Palo e Sberna – hanno così ricostruito la genesi di una voragine inspiegabile ai danni dei contribuenti e delle nuove generazioni e chiesto conto all’ex presidente Inps Tito Boeri e al nuovo appena succeduto Pasquale Tridico. Ma il primo ha mostrato un disinteresse e una snobistica distanza da Oscar, il secondo invece ha risposto con il più classico del: “sono appena arrivato, datemi un mese di tempo per capire”.
Per capire l’ammontare della voragine è bene ricordare che cosa sono gli assegni famigliari. Con la Legge n. 153/1988 questo sostegno economico assume la denominazione di "Assegno al Nucleo Familiare" (acronimo ANF), una prestazione economica alla quale hanno diritto i lavoratori dipendenti, erogato sulla base del proprio reddito e dei componenti il nucleo familiare che risultano a carico del lavoratore.
Ogni anno si fa domanda in base al reddito e al nucleo e questi soldi, raccolti dalle buste paga di tutti i lavoratori, quindi anche quelli senza figli o con figli ormai in età non più di diritto (18 anni), arrivano ai lavoratori in busta paga. Si tratta dunque di una misura solidaristica. Ma ecco cosa fa lo Stato di questa solidarietà.
Le tabelle pubblicate sul sito dell’Inps alla voce bilancio sociale, fino agli anni scorsi, cioè fino al 2017, riportavano queste cifre: nel 2013, a fronte di un totale raccolto di 6 miliardi e 435 milioni, l’Inps ha effettivamente erogato 5 miliardi e 481 trovandosi così un avanzo di cassa di 954 milioni. L’anno seguente l’avanzo di cassa era di 1 miliardo dato che il raccolto dalle buste degli italiani è stato di 6 miliardi e 400 milioni e l’erogato di 5 miliardi e 393; Proseguendo: nel 2015 l’avanzo è stato di 927 milioni e nel 2016 di 982. Ne consegue che dal 2013 al 2018 l’attivo di cassa dell’Inps alla voce Assegni famigliari è di più di 6 miliardi. Soldi che dovevano finire nelle tasche degli italiani e che invece non si sa dove siano finiti perché tanto la politica quanto i vertici Inps, come dimostra il video delle Iene, non hanno avuto alcuna intenzione di rivelarlo.
L’iniziativa delle Iene avrà più fortuna rispetto alle infinite sollecitazioni che Sberna ha messo in campo in tutti questi anni? E l'interpellanza annunciata ieri dal senatore leghista Simone Pillon sortirà qualche effetto?
IL MURO DI GOMMA
In questi anni il presidente delle famiglie numerose ha dovuto veramente combattere contro un ottuso e pervicace muro di gomma. Come spiega lui stesso alla Nuova BQ raccontando i retroscena di una vicenda che, dai dettagli, si delinea come lo specchio della crisi di questo Paese.
“Tutto nasce nel 2016 da un nostro associato commercialista, Paolo Moroni – spiega Sberna (in foto) che all’epoca era deputato del Gruppo Democrazia Solidale -, il quale si accorge di questa incongruenza tra i soldi che l’Inps incassa dai circa 22 milioni di lavoratori dipendenti italiani e quelli che eroga alle famiglie”.
Sberna si attiva: raccoglie i dati, fa verifiche e controverifiche e deve ammettere che è tutto vero: si tratta di una cresta colossale. A quel punto, esercitando le funzioni di sindacato ispettivo che gli sono proprie dal suo essere un eletto al Parlamento, Sberna si unisce al compagno di schieramento Gianluigi Gigli e prepara un’interrogazione al Ministro del lavoro di allora, Giuliano Poletti. Il 24 maggio 2016 espone il tutto durante il question time alla Camera.
Alcuni giornali – Avvenire e Libero – riportarono la surreale risposta del ministro. “Ci disse che avevamo ragione su tutta la linea”. Quindi? Chiediamo. “Quindi la cosa finì lì. Avanzò qualche scusa, si inventò una fantomatica riforma degli assegni famigliari e noi incassammo con disappunto la risposta”.
DI MAIO SAPEVA
Ad ascoltare la risposta di Poletti c’era il vicepresidente della Camera, quel Luigi Di Maio che tre anni dopo avrebbe occupato il suo scranno in via Vittorio Veneto. “Ricordo perfettamente – dice oggi Sberna – quando Di Maio mi raggiunse subito dopo. Mi disse di andare avanti, che era uno scandalo, che avrei avuto tutto l’appoggio anche dei 5 Stelle”. Ebbene: oggi di questo ammanco bisogna chiedere proprio a Di Maio, il quale avrebbe gli strumenti ispettivi e politici per lo meno, per costringere l’Inps a chiarire ed erogare gli arretrati.
“Speriamo che l’emersione di questo scandalo lo convinca a intervenire – allarga le braccia Sberna – perché adesso la cosa dipende anche da lui”.
SARCASMO E OPACITA’
L’anno successivo Sberna non si abbatte. E’ ospite del Convegno sulla Famiglia organizzato dal premier Gentiloni. Al tavolo, nella sala della Protomoteca del Campidoglio, c’è anche l’allora presidente Inps Tito Boeri. Dopo il suo intervento, infrangendo il protocollo, Sberna prende il microfono: “Ho illustrato a Boeri l’ammanco rispetto ai dati, chiedendo spiegazioni e che venisse restituito in arretrato. Ma ricevetti in cambio un sorrisetto beffardo, lo stesso che ho rivisto in televisione l’altra sera”, spiega indignato l’ex deputato.
A questo punto Sberna ha scoperto solo recentemente che dal 2018 il bilancio sociale dell’Inps non è più trasparente: “Non si trova più il dato preciso sull’erogato e il raccolto. E’ tutto molto più complicato, impossibile da scoprire per un umano dotato di pazienza. E’ la dimostrazione che dopo le mie sollecitazioni, l’Inps ha recepito il messaggio, ma ha visto bene di nascondere tutto”.
Eppure, quei soldi devono andare alle famiglie con figli. Senza se e senza ma, perché la legge parla chiaro. Non servono finanziarie o emendamenti particolari.
Le risposte ora sono affidate alla “bontà” del neo presidente Inps Tridico, il quale si è preso un mese di tempo per dare una risposta. E a Di Maio, che allora si indignava dello scandalo e oggi non ha ancora mosso un dito per questa battaglia di legalità, per usare una terminologia che piace ai pentastellati.
Nel frattempo, l’Associazione Famiglie Numerose ha sollecitato più volte una revisione più equa e più giusta dell’assegno. “Ci sono ancora delle categorie di lavoratori che ne sono fuori, come gli autonomi e le partite iva”, ha detto. Ma è altresì vergognoso che la legge – che in questo caso va rivista- cessi di erogare il contributo al compimento del 18esimo anno del figlio: deve essere estesa fino a 25 anni. E degli arretrati? “Vanno immediatamente ripartiti – conclude - , tenendo conto dei principali svantaggiati da questa situazione, le famiglie numerose, che negli anni si sono viste depredate di cifre ragguardevoli di svariate migliaia di euro. E per una famiglia con 4 e più figli anche solo 1000 euro in più all’anno rappresentano ossigeno vitale”.