Sorpresa, le lesbiche guadagnano di più delle etero
A parità di mansioni e competenze le donne omosessuali guadagnano il 9% in più delle donne eterosessuali. Questo vale per Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Germania e Olanda. Lo dice la professoressa Klawitter, che ha studiato la relazione tra i livelli di retribuzione e l'orientamento sessuale.
Sostenere che le persone omosessuali sono discriminate appare sempre più un’affermazione lunare. Qui sulla Terra le cose, invece, stanno in modo diverso. Ne dà testimonianza la professoressa Marieka Klawitter, docente di gestione aziendale, presso l’University of Washington (Seattle), che ha condotto una revisione di 29 studi, pubblicati nel 2015, i quali mettono in relazione livelli di retribuzione con orientamento sessuale. É emerso un dato interessante: a parità di mansioni e competenze le donne omosessuali guadagnano il 9% in più delle donne eterosessuali. Un vero e proprio premio aziendale saffico.
Questo vale per Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Germania e Olanda. Non solo, ma la Klawitter ha scoperto che le lesbiche “pure”, cioè mai sposate con un uomo, sono quelle con il conto corrente più in salute. Le colleghe omosessuali che invece vengono da una precedente relazione eterosessuale guadagno sempre più delle donne a cui piacciono gli uomini, ma solo nella misura del 5,2%. Quasi un dimezzamento dunque.
I dati emersi in questo studio trovano conferma in altre ricerche precedenti. Ad esempio, un paio di anni fa la Banca Mondiale e l’Iza World of Labour (istituto tedesco specializzato nell’analisi economica dei mercati del lavoro) avevano commissionato all’inglese Anglia Ruskin University una ricerca simile. Risultato: le lesbiche nel mondo possono vantare un bonus omosex del 12% in più delle omologhe donne eterosessuali in quanto a retribuzione. Poi vi sono studi ancora più eclatanti. L’Università di Melbourne insieme a quella di San Diego (California), ha stimato un reddito del 33% più elevato per le donne lesbiche che vivono in Australia rispetto sempre alle donne etero. In breve: le vere discriminate sono le donne attratte dagli uomini. Il coming out conduce al successo e non certo alla discriminazione. Essere gay dunque paga e paga bene.
La ricerca della Klawitter infine ci dice che i maschi omosessuali guadagno di più delle omologhe donne (un dollaro contro 81 centesimi) e i maschi bianchi etero battono entrambe le categorie. Dato di rilievo dal momento che il gap dei guadagni trova una sua giustificazione nell’orientamento sessuale quando ci riferiamo a donne, ma non ha più molta importanza quando il confronto è tra sessi diversi.
Questi dati sono stati commentati da Anna Lorenzetti, docente di Analisi di genere e diritto antidiscriminatorio nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo. La Lorenzetti non è sospetta di partigianeria perché è membro del gruppo che ha dato vita al progetto Making Equality Real: Lgbti People and Labour Discrimination in Italy, commissionato da Ilga-Europe all’Associazione Avvocatura per i diritti Lgbti-Rete Lenford. L’Ilga (International lesbian, gay, bisexual, trans and intersex association) è l’associazione omosessualista più potente al mondo. Invece la Rete Lenford è un pool di avvocati che si spendono per sostenere le rivendicazioni gay.
Dunque, la docente dell’Università di Bergamo dichiara che «le omosessuali sono meno condizionate socialmente e meno settorializzate delle eterosessuali, le quali «vivono sia la cosiddetta “segregazione orizzontale” (femminilizzazione di alcuni settori, scuola, commercio, cura), sia quella “verticale” (femminilizzazione dei livelli bassi e medi della carriera e poi... soffitto di cristallo da sfondare a testate)». La donna eterosessuale «non può certo combattere da sola i modelli del lavoro, che, è dato di fatto, sono mossi da meccanismi che hanno per riferimento la mascolinità. Che senso ha tenere le riunioni dopo le 8 di sera? Che cosa può fare chi ha dei figli piccoli?».
Questa lettura ci fornisce una prima risposta alla domanda sul perché il portafoglio lesbo è più gonfio rispetto a quello etero. Le lesbiche imitano il modello maschile nella sua versione spesso deteriore. Infatti, appaiono determinate fino alla morte, competitive, accettano e fomentano la legge della giungla, lavorano fino all’esaurimento, sono arriviste, incline a diventare leader e assai ambiziose. Un profilo psicologico che poi cozza con lo stereotipo della persona omosessuale remissiva, debole e fragile che è vittima di discriminazioni sociali.
C’è un altro motivo per cui essere lesbiche rappresenta una marcia in più. In genere le donne omosessuali non hanno figli e quindi il loro tempo e risorse è speso per il lavoro: non chiedono il part-time e sono sempre disponibili con il capo. Non hanno figli non perché le leggi lo vietino – gli Stati sopra menzionati permettono adozioni e a volte anche uteri in affitto – ma perché non ne vogliono. Altro che famiglie “omogenitoriali”. Sul punto, sempre la Lorenzetti: le lesbiche «beneficiano di una discriminazione positiva, libere come sono da un matrimonio tradizionale, che è la gabbia della subordinazione normativa delle donne».
Insomma, al netto di alcune cifre semantiche impregnate di femminismo usate dalla Lorenzetti, la professoressa ci sta dicendo che la condizione lesbica è una condizione privilegiata (ammirevole lo sforzo di dire che le donne omosessuali sono comunque discriminate parlando di «discriminazione positiva»). Il reddito lesbo è così florido anche perché il successo professionale potrebbe essere uno dei sintomi di quel narcisismo che spesso è elemento caratterizzante della psicologia omosessuale (ma questa lettura dovrebbe essere confortata da dati scientifici). Essere concentrati totalmente su se stesse per vedersi realizzate tenendo alla larga maschi, casa e figli fa felice anche l’estratto conto. Meno il cuore della persona.