Sola come un uomo
La perla dell'intervista di Laura Boldrini a Repubblica per cercare di uscire dalle secche dell'accusa di essere una sfruttatrice delle donne sta nella frase in cui si è giustificata dicendo che la sua segretaria, leggi portaborse, doveva anche prenderle l'appuntamento dalla parrucchiera e ritirarle i vestiti in tintoria.
«Sono una donna sola», si è giustifcata l'ex presidente della Camera. Certo, come se il fatto di essere sola l'autorizzasse a servirsi della sua collaboratrice politica per scopi personali. Che bella pretesa.
Che poi, sola nel senso che non ha un marito? Perché, forse che se ce lo avesse, il consorte dovrebbe passare in corso Garibaldi a prendere l'appuntamento dall'estetista? O se la figlia fosse vicino a lei e non all'estero dovrebbe incaricarsi di passare dalla sarta? In virtù di quale potere? Perché donna o perché donna delle istituzioni?
C'è anche il caso che la Boldrini non sia una negriera come Selvaggia Lucarelli vuole far vedere, però ha mostrato con questa storia di aver applicato alla perfezione l'ideologia femminista della parità dei sessi. Donne sole devono avere ai loro piedi stuoli di schiavetti per il semplice fatto che sono donne sole. Donne che hanno pontificato per anni sull'autodeterminazione delle donna, sui diritti e poi di fronte alle piccole miserie della quotidianità fatte di vestiti in lavanderia e messe in piega, esibiscono il vittimismo della solitudine.
Una pretesa, nata da due ideologie: il femminismo ossessivo e il potere. Ci fossero ancora i Pooh racconrterebbero degli uomini, e delle pasionarie loro simili, soli per la smania di successo. In fondo era già tutto scritto da Vecchioni quando diceva di volere una donna con la gonna. Ché non sapeva che farsene di quella che viene via dal meeting perché lei è del ramo. «Stronza come un uomo, sola come un uomo».