Socrate al liceo
Per l'incendio al liceo romano Socrato erano inizialmente sospettati degli omofobi e la notizia trovò ampio spazio sui giornali. Qualche giorno fa si sono costituiti quattro ragazzi bocciati: e la bolla mediatica si è sgonfiata.
Al liceo si studia Socrate e se poi il liceo si chiama «Socrate» è anche meglio. Uno pensa alla cicuta, a Platone, ai simposi. Di questi tempi, pensa anche (o soprattutto) al «vizio ateniese», che i coevi spartani disprezzavano cordialmente. Cioè, alla mania di certi gentiluomini locali di accompagnarsi con efebi, cosa che offre il destro al movimento gay di dire: visto che l’omosessualità la praticavano tranquillamente anche gli antichi e civilissimi greci? La storia ci insegna, in verità, che il fenomeno fu circoscrittissimo per tempi, ceto e località. Ma quelli non se ne danno per inteso. Non vedete che lo fanno anche gli animali? dicono. A parte il fatto, risaputo, che lo fanno certi animali (non tutti) e solo quando non ci sono femmine a disposizione, si potrebbe ribattere che proprio perché lo fanno gli animali non sarebbe il caso di imitarli. Infatti, gli animali fanno un sacco di altre cose che gli umani si guardano bene dal fare.
Ma perché –direte voi- questa tirata su Socrate, il liceo e l’omosessualità? Perché, come sapete, il liceo romano intitolato a Socrate e già teatro di iniziative culturali pro-gay (come è noto, la scuola pubblica è il luogo maggiormente ricettivo del più trito politically correct: qui le correnti di pensiero di volta in volta alla moda vengono inculcate allo studentame da «operatori» che sono lì perché non hanno trovato un lavoro migliore); il liceo «Socrate», dicevamo, è stato dolosamente incendiato. Ora, poiché i politicamente corretti non si trovano solo tra gli insegnanti ma anche tra i giornalisti (almeno, per fare il professore di secondaria ci vuole la laurea; per fare il giornalista basta solo saper leggere e scrivere), tutti i media hanno puntato il dito indovinate su chi? Ma sugli omofobi, è ovvio. I quali sono, per definizione, pure fascisti (o clerico-fascisti, data la posizione ufficiale della Chiesa sui comportamenti omosex). Dunque, dàgli all’untore incendiario. E la direzione delle indagini, alla polizia, è stata perentoriamente dettata.
Noi, che veniamo da decenni di «piste» a senso unico che non hanno mai portato a niente proprio perché ci si rifiutava di guardare in altra direzione, abbiamo tirato un respiro di sollievo quando i quattro balordi autori del gesto doloso si sono costituiti: siamo stati noi, volevamo vendicarci perché ci hanno bocciati. E subito la canea mediatica, delusa, si è sgonfiata. Il sollievo non è dovuto al fatto che siamo cattolici e, dunque, clerico-fascisti per i politicamente corretti. No, il sollievo è generato dall’esserci risparmiati settimane di cagnara contro l’«omofobia», con tanto di cortei, interviste ad «esperti», comparsate televisive di famiglie arcobaleno, testimonianze spezzacuore di coppie gay che leggi infami impediscono di convolare a giuste nozze. E meno male che i ragazzotti in questione hanno confessato spontaneamente, sennò sarebbe stato impedito al maresciallo di quartiere di indagare secondo buonsenso. Il maresciallo, distolto dalla ricerca di chi, dopo un falò, ha ancora il cerino in mano, sarebbe stato spedito a frugare perfino nei covi degli ultras della Lazio. Mentre la stampa e i tg avrebbero impazzato a cadenza quotidiana facendoci una testa così.
Vien voglia di ringraziare quegli adolescenti che, per coraggio o per paura di averla fatta grossa, hanno detto «scusateci tanto, volevamo solo dar fuoco ai registri». Tuttavia, ci sentiamo di dare loro un suggerimento: la prossima volta che vi vien voglia di farla pagare a qualcuno, abbiate l’accortezza di informarvi se non appartenga a qualche categoria protetta. Purtroppo per voi, resta fuori ormai poca roba: i cattolici, la destra, la gente comune che si guadagna il pane onestamente e paga le tasse. Anzi, vogliamo strafare: date fuoco a una chiesa e non finirete certo in prima pagina; sarà tanto se la cosa sarà segnalata in un angolino di cronache locali.