Smentiti i pronostici, Iannone al Dicastero per i Vescovi
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Leone XIV ha scelto il proprio successore per il ruolo chiave occupato da lui stesso fino ad aprile. E non è il "favorito" Tagle, ma il presule napoletano, canonista come il Papa. Una nomina che dimostra la volontà di riportare ordine nella Curia.

Leone XIV stupisce tutti. Nessuno si aspettava, infatti, che scegliesse come suo successore a prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina l'italiano monsignor Filippo Iannone. Una nomina attesa da quasi cinque mesi perché lasciata vacante proprio con l'elezione di Prevost al soglio di Pietro.
Smentiti previsioni e pronostici che volevano uno spostamento del cardinale Luis Antonio Tagle dal Dicastero per l'Evangelizzazione. A differenza di Francesco che amava dare anticipazioni a chiunque nel corso delle numerose udienze private a Santa Marta, Leone conferma la sua riservatezza sulle nomine. La scelta di monsignor Iannone sembra archiviare il metodo Bergoglio. Il presule napoletano non è stato catapultato da chissà dove, ma arriva al vertice del Dicastero per i Vescovi da capo di un altro Dicastero, quello per i Testi Legislativi.
Una promozione che sta nell'ordine delle cose e che dimostra la volontà di Prevost di riportare il governo della Chiesa – ed in particolare della Curia – all'ordinarietà dopo dodici anni di montagne russe. Chi conosce Iannone lo descrive come un ottimo canonista, un uomo riservato, un vescovo non certo bergogliano. Nel settembre del 2019 fu lui a scrivere la valutazione che stroncava il Cammino Sinodale in Germania, ricordando ai vescovi tedeschi che i temi in discussione «non possono essere oggetto di riflessioni o decisioni di una chiesa particolare».
L'altra sorpresa del bollettino di ieri è la riconferma del brasiliano Ilson de Jesus Montanari a segretario dello stesso Dicastero. Il monsignore ultrabergogliano, forte del rapporto privilegiato con Francesco, ha più volte "scavalcato" l'allora suo superiore Prevost per la scelta dei vescovi. Questo atteggiamento era all'origine di un rapporto non idilliaco tra i due che aveva fatto pensare ad una sua probabile sostituzione dopo l'elezione dell'americano. Invece non è andata così. Da numero due del dicastero, però, è improbabile che Montanari possa essere creato cardinale al primo concistoro al contrario di quanto vorrebbe la consuetudine per chi – come lui – ha fatto il segretario del conclave.
Le anomalie nella gestione del dicastero da lui presieduto fino ad aprile erano note a Prevost se, una volta eletto, ha subito deciso di riportare la giurisdizione dei dossier relativi ai nuovi vescovi italiani e argentini alla competente plenaria del dicastero. Bergoglio, invece, l'aveva avocata a sé e faceva le sue scelte sulla base di criteri personali spesso con l'aiuto proprio di Montanari. La nomina al dicastero di un canonista, consapevole delle storture giuridiche dell'ultimo pontificato, conferma l'intenzione di Leone XIV di chiudere in maniera soft la stagione bergogliana.
E nelle prossime ore un'ulteriore prova in questo senso verrà dall'allontanamento dalla Curia di monsignor Roberto Campisi, finora assessore per gli Affari Generali ascoltatissimo da Francesco e poco amato dai suoi superiori Pietro Parolin e Edgar Peña Parra. Prevost aveva già dato l'avviso di sfratto a colui che è stato uno degli uomini più vicini a Francesco in Curia depotenziandolo nel suo ruolo all'interno della Commissio de Donationibus ufficializzata lo scorso febbraio, col Papa ormai morente in ospedale. Ora l'uscita di scena vera e propria che, insieme a quella del potentissimo factotum di Francesco, don Juan Cruz Villalón, segna il tramonto del bergoglismo in Curia.
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