Siria, è già una guerra mondiale
Gli attacchi israeliani in territorio siriano sono l'aspetto visibile di una interferenza internazionale che coinvolge le grandi potenze. Sono migliaia i volontari islamici arrivati a combattere la guerra santa contro Assad, che a suo favore ha invece Hezbollah e i pasdaran iraniani.
Anche senza un intervento militare diretto come quello che vide protagonista la Nato e alcuni Paesi arabi del Golfo contro il regime libico di Muammar Gheddafi, il conflitto siriano non è ormai più definibile solo come una
guerra civile. Troppe le intrusioni, le interferenze dirette e indirette, politiche e militari attuate dalla comunità internazionale, dai Paesi vicini e dalle grandi potenze: Russia e Iran al fianco di Assad, l?'Occidente e la Lega Araba con i ribelli. Troppi anche i combattenti stranieri segnalati sui fronti siriani i quali spesso si macchiano dei crimini peggiori contro la popolazione.
I periodici raids aerei israeliani (l?ultimo è stato registrato ieri) contro centri di ricerca militare di Damasco e convogli di armi iraniane a lungo raggio (come i razzi pesanti al-Fateh) diretti agli hezbollah libanesi rappresentano solo l?'aspetto più evidente dei numerosi interventi esterni che stanno amplificando la portata del conflitto civile in atto da oltre due anni. Se Israele si preoccupa infatti di salvaguardare la propria sicurezza impedendo ai miliziani jihadisti di controllare il confine sul Golan e agli Hezbollah di ricevere armi a lunga gittata da Teheran, altri Paesi e movimenti ideologici stanno aumentando la loro presenza in Siria per influire direttamente sull?'andamento della guerra.
I volontari islamici
Da tutto il mondo arabo e islamico sunnita vengono inviati volontari per combattere il jihad contro Assad. Dei circa 10 mila combattenti stimati tra le fila delle milizie islamiste una gran parte risultano stranieri: secondo
uno studio del King's College di Londra circa 5.500 persone. Molti i veterani del conflitto afghano e ceceno: caucasici, pakistani, e miliziani provenienti dalle repubbliche ex sovietiche dell'?Asia Centrale. Uomini che in molti casi non parlano l'?arabo che affiancano le milizie più nutrite composte da libici e tunisini ma anche da egiziani, yemeniti, sauditi e arabi delle monarchie del Golfo, tra i quali è difficile distinguere i ?volontari? dagli agenti dei servizi segreti incaricati di far affluire armi e denaro ai ribelli. In Tunisia sono stati smantellati un centinaio di centri di reclutamento per jihadisti da inviare in Siria camuffati da centri caritatevoli, e secondo stime delle Nazioni Unite i tunisini costituiscono ormai il 40 per cento dei combattenti stranieri in Siria superando anche i
libici.
Un ampio flusso di volontari è segnalato anche dall?'Iraq dove ormai le milizie sunnite del nord che combattono il governo sciita di Nouri al Maliki si sono saldate con quelle siriane, spesso appartenenti alle medesime tribù.
Un'?alleanza che ha visto un reparto siriano sconfinato in Iraq attaccato e massacrato da insorti iracheni mentre veniva scortato al confine dalle truppe di Baghdad. Anche i miliziani di al-Qaeda in Mesopotamia sono da tempo presenti in Siria e a loro sono da attribuire i primi grandi attentati a Damasco dell?'anno scorso, prima della costituzione del Fronte al-Nusrah, ?costola? siriana di al-Qaeda.
Se a migliaia hanno risposto al jihad proclamato dagli imam sunniti contro gli sciti siriani (alauiti), i miliziani libanesi Hezbollah e i pasdaran iraniani sono scesi in campo pesantemente a sostegno del regime di Assad.
Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah, ha proclamato il jihad contro i sunniti per le stragi di civili compiute dai ribelli sulla popolazione alauita (e cristiana, ma di questi ultimi non sembra interessarsi nessuno). Negli ultimi giorni le forze di Hezbollah, ben armate e addestrate, entrate in forze in Siria sono all'?offensiva e stanno conseguendo importanti successi militari nell'?area al confine con il Libano.
Jihadisti occidentali
Centinaia di guerriglieri che affiancano i ribelli vengono dall?'Europa e dall'?Occidente e in molti casi hanno il passaporto di questi Paesi. A fine aprile il responsabile per l'anti-terrorismo della Ue, Gilles de Kerchove, ha rivelato che sono almeno 500 i jihadisti con passaporto europeo che combattono in Siria provenienti per lo più da Olanda, Gran Bretagna, Belgio e Francia. Non si segnalano ?italiani? ma dopo i recenti arresti effettuati in
Lombardia in seguito alla scoperta di cellule jihadiste addette al reclutamento di ?volontari? il dato potrebbe subire aggiornamenti. Dei 249 miliziani stranieri uccisi in combattimento 8 sono europei, provenienti da Albania, Gran Bretagna, Bulgaria, Danimarca, Francia, Kosovo, Spagna e Svezia. I timori della Ue sono legati soprattutto al rischio che questi combattenti ritornino a casa indottrinati e addestrati per compiere attentati nelle nostre città. Un problema che preoccupa anche l?'Australia, che ha mobilitato i servizi d?'intelligence per monitorare i cittadini
australiani di fede islamica partiti per la Siria che tornano in patria radicalizzati. Secondo il quotidiano The Australian, sono almeno un centinaio i miliziani con doppia nazionalità che combattono con i qaedisti di al-Nusra.