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IL REPORTAGE

Siria anno zero. La vita a Damasco, fra calma apparente e caos

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Calma apparente nella capitale siriana, sotto il nuovo regime guidato da al Jolani. Code e nervosismo per entrare nel paese, quartieri di Damasco che vivono come in tempo di quiete, con presepi e alberi natalizi. Ma altri quartieri vuoti. Vecchie abitudini derivate dal regime di Assad e nuovi uomini. Si percepisce tensione che cova sotto la cenere. Il reportage da Damasco.

Esteri 03_01_2025
Damasco la nuova bandiera (foto di Elisa Gestri)

L’anno 2025 si apre in Siria con un’importante novità: per la prima volta il Paese non è sotto il giogo della famiglia Assad, cacciata l'8 dicembre scorso dagli uomini della formazione estremista islamica Hayat Tahrir al Sham (HTS) al comando dell'ex al Nusra Ahmad al Sharaa, alias abu Mohamed Al Jolani.

A meno di un mese dalla cacciata degli Assad i contorni dell'improvviso, ma indubbiamente non improvvisato, regime change sono ancora piuttosto nebulosi, mentre pare chiaro l'avallo e il sostegno all'impresa di al Sharaa da parte di potenze straniere, in primis la Turchia di Erdogan.

Dopo gli episodi cruenti di vendette e violenze sulle minoranze, in particolare alawite e cristiane, che hanno turbato i giorni del Natale, il nuovo governo pare voler consolidare il proprio potere concedendo una parvenza di normalità al Paese, anche se la strada verso la pacificazione sembra ancora in salita. Il 31 dicembre scorso sono stati riaperti i checkpoint lungo il confine con il Libano, dopo tre settimane di anarchia durante le quali erano stati aboliti i controlli di frontiera.

Proprio quel giorno siamo entrati in Siria da Masnaa, il checkpoint più vicino a Damasco dal lato libanese.

Le decine di macchine incolonnate in direzione Siria che abbiamo incontrato paiono confermare i dati, già diffusi dal governo libanese, secondo i quali centinaia di migliaia di siriani sono rientrati in madrepatria dal Libano nell'ultimo mese. A Jdeidah, lato siriano, ci hanno accolto funzionari del nuovo governo, o forse del vecchio regime impegnati nel passaggio di consegne, che ci hanno concesso un visto di ingresso gratuito senza eccessivi problemi, a parte l'affollamento di persone in coda. Il timbro, recante la dicitura Syrian Arab Republic, la stessa dei tempi degli Assad, ci è stato apposto su un foglietto allegato al passaporto.

I guai sono iniziati una volta rientrati in macchina: l'incolonnamento, degno delle peggiori file sull'Autostrada del Sole durante il controesodo di Ferragosto, ci ha trattenuto due ore nell'area del check point, fino a giungere alla postazione della dogana. A sorvegliare il serpente di auto uomini armati vestiti con parti di uniformi militari, barba e kalashnikov a vista, volto semicoperto. Provenienti da Idlib (abbiamo avuto la sfrontatezza di chiedere), evidentemente non avvezzi a dirigere il traffico e ad affrontare le intemperanze dell'automobilista medio, notoriamente propenso all'anarchia ad ogni latitudine, si trovavano palesemente a disagio. Davanti agli enormi cartelloni dipinti di bianco, orbati delle immagini degli Assad padre e figlio che accoglievano per primi chi entrava nel Paese, gli uomini di al Jolani hanno iniziato ad urlare, sbracciarsi, perdere la calma. Dopo un'ondata di clacson particolarmente lunga e fastidiosa, il miliziano davanti alla nostra macchina ha caricato il suo fucile, dalla quale azione è scaturita una zuffa miracolosamente non finita in tragedia. Lo smarrimento che abbiamo provato in quel momento si è trasformato in un'amara riflessione, confermata da ciò che abbiamo visto nei giorni successivi: la ritrovata libertà della Siria avrà un prezzo molto alto.

Arrivati a Damasco senza ulteriori intoppi, abbiamo trovato una situazione molto disomogenea: zone della città totalmente deserte e zone affollatissime, piene di vita e commerci, come del resto si conviene a questi giorni festivi. Dappertutto cartelloni, manifesti, serrande di negozi, pareti di edifici, muri dipinti di bianco a coprire le insegne di Assad. Le bandiere con le tre stelle del nuovo regime sono invece ovunque in città, riprodotte su decine di oggetti in vendita, sciarpe cappelli borse portachiavi, in quella che si direbbe una formidabile quanto tempestiva operazione di marketing. Si vedono anche alberi di Natale e presepi, questi ultimi solo nelle chiese e nelle aree cristiane del centro. A mezzanotte del 31 dicembre il nuovo governo ha dato il via allo spettacolo pirotecnico nel centro di Damasco offerto in precedenza dalla famiglia Assad, piccolo ma efficace segnale per il popolo di continuità con la tradizione.

Il primo gennaio, proclamato come giorno di Festa Nazionale da al Jolani e i suoi, la vita sembra scorrere normalmente, se non fosse per gli uomini armati di  kalashnikov che sorvegliano le strade e i luoghi particolarmente caldi, come la moschea sciita di Rukayat, in centro città. Bar, caffè e ristoranti sono pieni, come si addice ai giorni festivi, la gente affolla i suk del centro mentre nei quartieri esterni molti negozi sono chiusi. Subito dopo pranzo viene sfornato il pane sussidiato dal governo, abitudine che evidentemente è stata mantenuta: uomini, donne e ragazzi sciamano stringendosi al petto decine di qubz, il tipico pane arabo somigliante nell'aspetto a una grossa piadina. Mentre in strada bimbi e bimbe passeggiano allegri coi genitori indossando berretti con la bandiera a tre stelle, decine di uomini stazionano sul marciapiede, scuri in volto, le mani in mano; centinaia di mendicanti di ogni sesso ed età affollano le piazze e i luoghi di ritrovo.

 Anche in questo, ahimè, nulla sembra cambiato di tempi di Assad. All'angolo di una via un uomo estrae dalla borsa il cellulare, che porta l'immagine del Sacro Cuore di Gesù. Interrogato se sia cristiano si confonde, balbettando: "Siamo tutti figli di Dio, cristiani, musulmani.. non c'è distinzione…". Quando apprende che siamo cristiani anche noi, cattolici provenienti da Roma, si apre in un sorriso e ci racconta che è un cristiano ortodosso sposato con una donna cattolica. Vorremmo chiedergli altro ma capiamo che ogni domanda potrebbe essere penosa per lui; lo salutiamo augurandogli Buon Anno.

La giornata finisce presto, e con le interruzioni di elettricità di cui soffre la città non è prudente restare fuori col buio; decidiamo di rientrare nel nostro hotel, un quattro stelle molto grande e semideserto.

L'impressione di questi primi giorni a Damasco è di calma relativa, interrotta da piccoli inquietanti segnali in direzione opposta; non resta che aspettare per vedere come evolveranno gli avvenimenti, auspicando il meglio alla Siria e al mondo per questo 2025.