Sinodo tedesco: il pericolo di una Chiesa solo umana
Come disse Ratzinger il problema di questa sinodalità democratica è che ci si rivolge più all’assemblea che a Cristo, si pone attenzione più all’opinione che alla fede. E così i vescovi della Germania mirano a fare una chiesa loro con sacerdoti sposati, donne ordinate e una morale sessuale mondana.
Il 30 Gennaio inizia, con la prima assemblea a Francoforte, il «Cammino sinodale» di riforma della Chiesa cattolica tedesca; un «cammino» senza l’osservanza delle norme canoniche che un sinodo vero e proprio richiederebbe. Nei prossimi due anni i 230 membri, tra i quali 69 vescovi e 69 laici (progressisti) del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), si concentreranno su quattro temi di fondo, secondo gli statuti: «Potere e separazione del potere nella Chiesa – Partecipazione congiunta e partecipazione alla missione» (leggasi democratizzazione della Chiesa ed emancipazione della Chiesa tedesca da quella di Roma); «Esistenza sacerdotale oggi» (leggasi matrimonio dei preti); «Donne nei servizi e negli uffici della Chiesa» (leggasi accesso delle donne ai ministeri del diaconato e del sacerdozio); «Vivere in relazioni di successo – l’amore vive nella sessualità e nella collaborazione» (leggasi nuova morale sessuale).
«Sinodo», «sinodalità», «cammino sinodale» o «percorso sinodale» sono parole usate spesso negli ultimi cinquant’anni. Era il 15 Settembre 1965, mentre si stava celebrando il Concilio Vaticano II, quando Paolo VI, «scrutando attentamente i segni dei tempi», istituì un «consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale», il Sinodo dei Vescovi, allo scopo di «adattare le vie ed i metodi del sacro apostolato alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società» (Lettera apostolica Apostolica sollicitudo). Si scelse il nome greco delle più antiche riunioni episcopali: sýnodos, composto dalla preposizione syn, cioè «con», e da odòs, che significa «via, strada», che suggerisce l’idea del «fare strada insieme». Sì, ma verso dove?
Davanti a tutto questo «camminare insieme» sovente «Tal mi fec’io, quai son color che stanno, / per non intender ciò ch’è lor risposto, / quasi scornati, e risponder non sanno» (Inferno, XIX 58-60), direbbe Dante Alighieri per esprimere l’incertezza psicologica di quelli che non capiscono cosa è stato loro risposto, per cui sono confusi e non sanno cosa ribattere.
Sì, perché evidenziando troppo la sinodalità, l’elemento nuovo del collegialismo introdotto nel cuore della Chiesa dopo il Vaticano II, si vede una Chiesa umana, ci si rivolge più all’assemblea che a Cristo, si pone attenzione più all’opinione che alla fede: «Una Chiesa che riposi sulle decisioni di una maggioranza diventa una Chiesa puramente umana. Essa è ridotta a livello di ciò che è fattibile e plausibile, di quanto è frutto della propria azione e delle proprie intuizioni ed opinioni. L’opinione comincia a sostituire la fede» (J. Ratzinger, Una compagnia sempre riformanda, Meeting di Rimini 1990).
Riguardo all’immagine del camminare, come non ricordare il celebre racconto evangelico detto dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24, 13-35)? È stato rappresentato dall’arte cristiana di tutti i tempi, tra cui il breve — dura meno di 13 minuti — oratorio Historia dei Pellegrini di Emmaus di Giacomo Carissimi (1605-1674), uno dei più grandi compositori italiani del XVII secolo.
Duo ex discipulis Iesus ibant in castellum nomine Emmaus, canta l’Historicus II (tenore) all’inizio narrando come due discepoli di Cristo fossero diretti al villaggio di Emmaus, a circa undici chilometri da Gerusalemme. Un coro a tre voci subito interviene teneramente: Ite felices, ite beati, Andate felici, andate beati; e interrompe la loro afflizione per la tragedia del Venerdì Santo. Et factum est dum loquerentur de his omnibus quæ acciderant, ipse Iesus appropinquans ibat cum illis, canta l’Historicus I (soprano) per raccontare che mentre i due viandanti parlano e discutono, Gesù — che essi però non riconoscono — si accosta al loro cammino. Ecco il cammino cristiano! Un cammino «logico», verso una meta indicata da Gesù in persona. O stulti et tardi corde ad credendum! Nonne hæc oportuit pati Christum, et ita intrare in gloriam suam?, canta Cristo (baritono) rimproverandoli come non abbiano potuto capire che il Messia doveva soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria. A commento, il coro — quasi il cielo al tramonto — ripete il suo canto: Ite felices, ite beati. E l’Historicus I riprende la narrazione dicendo che Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano: Cum igitur Iesus interpretaretur discipulis in omnibus Scripturis quæ de ipso erant…. Il camminare cristiano ha bisogno non di un umano attivismo o di un orientaleggiante vagabondare, ma di Gesù che si metta a camminare con noi e ci insegni tutto, dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti i profeti.
Il racconto riprende per dire come, arrivati al villaggio dove erano diretti, Gesù finge di continuare il viaggio. Ma i due discepoli, in un delicato passo a due voci, affettuosamente lo trattengono perché expirat iam dies, et umbræ inclinantur, il giorno è ormai al tramonto e le ombre stano calando. Gesù entra nel villaggio, racconta l’Historicus II; messosi a tavola con loro, spezza il pane e sparisce dalla loro vista.
I due, adesso che hanno aperto gli occhi e hanno riconosciuto Gesù, si dicono a vicenda come sentissero ardere in petto il cuore quando egli era con loro. Eamus, andiamo, si dicono l’un l’altro, e — quasi volendo rischiarare le prime ombre della notte — inneggiano alla gloria del risorto. Tutto il coro ripete quell’invito, in modo ampio e ritmato: Eamus, surgamus, canendo dicamus: «O Christi victoria, o triumphalis, o immortalis resurgentis gloria», andiamo, sorgiamo, cantiamo la vittoria di Cristo, la gloria immortale del risorto.
Se ci rattrista (anzi, ci annoia) la formula vuota del «fare strada insieme», in cui la legge divina cede il passo al rinnovamento, ci consola l’Historia dei Pellegrini di Emmaus di Carissimi, utile ai sacri pastori per condurre il popolo di Dio ai pascoli eterni.