Sindrome di Down, nessuna censura può fermare il sorriso
A seguito della censura nelle Tv francesi del video «Cara futura mamma» e del giudizio sconcertante della Cedu, ecco la campagna «Niente ferma il sorriso della vita», per sensibilizzare sulla sindrome di Down. Una mamma dell’Associazione 7xte21 alla Bussola: «Ai genitori in attesa dico: non abbiate paura, vostro figlio è un dono grande».
«La prima cosa da dire a un genitore che aspetta un bambino con sindrome di Down è di non avere paura, perché quel bambino è suo figlio e per questo lo amerà. Non importa se c’è un cromosoma in più, la sua vita è un dono grande, è bella. Le difficoltà ci sono, ma si affrontano». Al telefono ci risponde Maddalena Anzaghi, due figli, tra cui Tabata, una bambina di sette anni con trisomia 21, che nel corso della telefonata si incuriosisce, desiderosa di sapere con chi sta parlando la mamma. Maddalena presiede l’Associazione 7xte21, con sede a Gorgonzola (provincia di Milano), che dà voce a diverse altre famiglie italiane. Nei giorni scorsi, l’associazione ha lanciato la campagna Niente ferma il Sorriso della Vita in risposta alla censura subita dal video di sensibilizzazione Dear future mom (“Cara futura mamma”, 8,4 milioni di visualizzazioni su YouTube), promosso nel 2014 da CoorDown, in collaborazione con la Fondazione Jérôme Lejeune e altre realtà associative, e quest’anno oggetto di una sconcertante decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Ricordiamo i fatti. Quel video, che mostra i volti e le parole di quindici persone (bambini, adolescenti e adulti) con la trisomia 21, era stato ideato a seguito dell’email di una mamma incinta, in cerca di consigli: «Aspetto un bambino. Ho scoperto che ha la sindrome di Down. Ho paura: che tipo di vita avrà mio figlio?». In Francia la trasmissione del video - su tre emittenti televisive - aveva causato l’intervento del Consiglio superiore per l’audiovisione (Csa), che rilevava, nella riunione del 25 giugno 2014, l’inappropriatezza di trasmettere il filmato tra le pubblicità, e aggiungeva che esso «non può nemmeno essere considerato un messaggio di interesse generale»; il successivo 31 luglio, lo stesso Csa pubblicava un comunicato per dire che il messaggio del filmato rischia di «turbare la coscienza delle donne che, in ottemperanza alla legge, avevano fatto scelte di vita diverse».
Di lì sono iniziati i ricorsi alla giustizia interna francese da parte della Fondazione Lejeune e della giovane Inès de Pracomtal, una delle protagoniste del video, oggi ventiquattrenne. Ma senza ottenere l’esito sperato, visto che il Consiglio di Stato (2016) non ha riconosciuto il danno alla libertà d’espressione. Nella pratica, quando nel febbraio 2017 la Fondazione Lejeune ha chiesto alle emittenti televisive transalpine di ritrasmettere Dear future mom per la Giornata mondiale della Sindrome di Down (21 marzo), ha ricevuto un solo riscontro: negativo. Segno che il condizionamento del Csa sui media aveva avuto il suo effetto, come riconosciuto peraltro dal governo francese nei diversi gradi di giudizio (davanti alle corti interne e poi alla Cedu).
Inès e la Fondazione Lejeune hanno infine adito la Cedu, che con una serie di motivazioni capziose - pubblicate l’1 settembre 2022 - ha negato lo status di «vittime» ai ricorrenti, rigettando le loro richieste.
Di qui, appunto, il motivo della campagna dell’Associazione 7xte21, che mostra i sorrisi e i nomi di 48 persone - piccole e grandi - con la sindrome di Down, esprimendo solidarietà a Inès e alla Fondazione Lejeune e rinnovando il proprio sostegno a CoorDown. Dice Maddalena Anzaghi alla Bussola: «L’idea di censurare questi bambini e ragazzi, perché dà fastidio che possano avere una vita felice e dignitosa, è terribile. Nell’Associazione siamo tutti rimasti inorriditi da quanto accaduto, in una Francia che urla alla libertà, fraternità e uguaglianza». E in Italia? «Da noi il video è passato, però di discriminazione ogni giorno ce n’è qualcuna. Spero comunque che l’Italia non arrivi mai al livello del caso francese», aggiunge Maddalena. La mamma di Tabata spiega che anche tra le famiglie aderenti a 7xte21 «ci sono alcuni genitori che all’inizio hanno avuto il dubbio se proseguire la gravidanza o no, ma hanno scelto la vita e oggi dicono che è la scelta migliore che potevano fare. Secondo me manca soprattutto l’informazione a livello proprio iniziale, per i primi mesi di gravidanza: ma se non si trasmettono le campagne informative e non si dà la possibilità di vedere chi da quel momento della gravidanza ci è passato e oggi è felice di aver detto sì alla vita, si nega alle mamme e ai papà un aiuto prezioso».