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LEGGE ETEROLOGA/PERCHÈ NO

Si deve perseguire il bene, non l'utile

Moralmente sarebbe lecita soltanto una legge che introducesse divieti, mai una legge che - per limitarne i danni - "accetti" la fecondazione eterologa, anche se questo potrebbe risparmiare la vita a molti embrioni.

Vita e bioetica 21_07_2014
Fecondazione eterologa

È lecito dal punto di vista morale proporre e votare una legge che limiti i danni provocati dalla sentenza della Consulta che ha aperto all’eterologa? Semplificando, a tale quesito si possono dare due possibili risposte. Da una parte abbiamo coloro che considerano lecito votare una legge che smorzi gli effetti negativi della pronuncia dei giudici asserendo che tra una situazione di maggior danno prospettata dalla Corte ed una di minor danno realizzata attraverso l’intervento del Parlamento non si può che, in stato di necessità, essere costretti ad optare per la soluzione meno lesiva. Su altro fronte vi sono invece coloro i quali negano questa possibilità asserendo che mai si può votare una legge intrinsecamente malvagia (futura legge sull’eterologa) perché il voto a questa legge è essa stessa azione malvagia e mai si può compiere il male anche volendo perseguire un fine buono come quello di limitare i danni. Bene contenere gli effetti negativi della sentenza, ma il mezzo per farlo deve essere lecito. Lo scrivente appoggia quest’ultima tesi e tenteremo per sommi capi di fondare tale scelta.

La fecondazione artificiale, che sia omologa o eterologa, è pratica intrinsecamente malvagia. Una legge che disciplinasse questa condotta sarebbe essa stessa malvagia, anche se extrema ratio per arginare il male. C’è chi obietta argomentando così: il “votare” è azione di per sé buona o tuttalpiù neutra sotto il profilo etico. Il mio voto sarà buono o cattivo a seconda del fine preposto (finis operantis, cioè fine fissato dal soggetto): se voto la legge sull’eterologa con l’intenzione di volere questa pratica, la mia azione sarà malvagia; se invece voto questa legge con il fine di limitare i danni provocati dalla sentenza della Consulta il mio voto sarà eticamente accettabile. Non tutte le leggi sull’eterologa sono dunque malvagie, dipende dal fine per cui si vota tale legge.

Ma le cose non stanno così. Come è noto e come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica (1750) le fonti della moralità sono l’oggetto dell’azione (alcuni autori parlano di “identità dell’azione”) – cioè il “che cosa” scelgo di compiere - il fine e le circostanze. Se un’azione ha un oggetto intrinsecamente malvagio, il fine soggettivo e le circostanze in cui si svolge l’azione non ne possono cambiare la natura: rimarrà sempre un’azione malvagia. Ora il voto su una legge riceve coloritura morale dal contenuto della legge stessa, il voto diventa così dal punto di vista morale finis operis.

Se ciò che disciplina la legge è conforme alla dignità dell’uomo la legge sarà buona e così anche il mio voto (a patto che anche il fine e le circostanze lo siano); se la legge per sua natura è contraria al bene dell’uomo il mio voto configurerà un’azione malvagia, seppur prestato al fine di limitare i danni.

Facciamo un esempio. “Sperimentare” è un’azione né buona né cattiva, come il “votare”: è un atto materiale, un’azione neutra perché naturalisticamente intesa. Per sapere se è buona o malvagia occorre capire, tra le altre circostanze, su cosa si sperimenta. Se sperimento sugli embrioni provocandone la morte, l’azione di sperimentazione è malvagia; se sperimento sugli animali provocandone la morte l’azione sarà buona (tralasciamo in merito a quest’ultimo caso altri criteri perché l’azione possa essere considerata lecita). È il termine verso cui verte la sperimentazione – embrione o animale - che colora questo atto in senso positivo o negativo. È il termine verso cui verte il voto – legge buona o malvagia -  che colora il voto delle tinte della liceità morale o della sua illiceità, perché faccio mio – seppur a malincuore in caso di leggi inique – il contenuto della legge stessa che ha già una sua valenza morale, un suo intrinseco orientamento etico.

E in merito al fine buono di contenere i danni, usiamo sempre l’esempio della sperimentazione. Un’epidemia sta mietendo milioni di morti. Posso sperimentare su una manciata di embrioni per limitare i danni e debellare così l’epidemia? No, perché non posso mai compiere un’azione di per sé malvagia anche per un fine ottimo come quello di salvare il genere umano dall’estinzione, fosse anche l’unica soluzione percorribile.

C’è chi obietta: ma io non voglio far mio il contenuto malvagio della legge che non approvo – non voglio l’eterologa - bensì solo limitare i danni – voglio meno eterologa (cosiddetta azione volontaria mista). L’oggetto dell’azione scelto da me è la limitazione del danno e sopporto gli effetti negativi di questa mia scelta cioè il votare articoli malvagi. Risposta. In realtà nella dinamica dell’azione io per prima cosa ordino la mia volontà a votare una legge iniqua (oggetto dell’azione) con il fine di limitare i danni. Se davvero non volessi sposare il contenuto della legge iniqua dovrei votare contro la legge o astenermi. Facciamo un esempio. Un pazzo mi dice che ucciderà tre persone se io a mia volta non uccido una persona innocente. Non regge il seguente ragionamento: l’oggetto della mia scelta è salvare le tre persone e sopporto come effetto non voluto la morte da me provocata di una sola persona innocente. Più semplicemente invece io avrò compiuto un omicidio, atto malvagio, per un fine buono, cioè quello di limitare i danni salvando le altre tre persone. Se davvero non volessi uccidere l’innocente, dovrei astenermi dall’ucciderlo.

Altra obiezione: con la nuova legge io non provoco nessun nuovo danno, non produco un male morale, bensì lo limito solo. È un po’ come se ci fosse un incendio (la sentenza della Consulta) ed io mi limito solo a contenerlo. Non ho io appiccato l’incendio, bensì la Consulta. Risposta. Vero che c’è già il danno ma con il voto alla legge sull’eterologa si configura un’azione positiva di conferma al male morale, seppur limitandone gli effetti negativi (anzi è come se buttassi benzina sul fuoco dato che gli effetti negativi giurisprudenziali riceveranno addirittura la veste formale della legge, che è ben più importante  di una sentenza di un giudice).

Qui occorre stare attenti al concetto di “danno” e quello di “male morale”, due concetti distinti. Il danno ormai c’è già, ma se io voto la legge sull’eterologa aggiungo all’atto moralmente illecito della Consulta anche un altro atto illecito: ad una sentenza intrinsecamente malvagia sommo una legge intrinsecamente malvagia. In altri termini i giudici hanno compiuto un male morale ed io lo rinnovo, seppur limitando la portata dei danni. Un male di minor entità negli effetti, ma sempre di un atto malvagio si tratta, nuovo e distinto da quello compiuto dalla Corte Costituzionale. 

Sul caso si  cita spesso il n. 73 dell’Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Questo numero non è il lasciapassare ad un’azione iniqua se persegue il fine buono di contenere gli effetti perniciosi di una legge o sentenza già varata o inevitabile. Bensì dice che in questi frangenti dove non è possibile ottenere il risultato ottimo (abrogazione della legge malvagia, annullamento di una sentenza iniqua), l’unica azione buona possibile è solo quella volta alla limitazione del danno, ma a patto ovviamente che l’azione di limitazione sia buona.

Torniamo all’esempio di prima: se per impedire la morte di milioni di persone dovessi sacrificare la vita di un innocente, l’azione che provoca la morte dell’innocente è un’azione sì che – sul piano degli effetti - limita i danni ma è anche – sul piano morale - un’azione intrinsecamente malvagia. E l’uomo deve guardare prima al bene che all’utile. Quindi l’EV direbbe sì ad esempio ad una legge sull’eterologa, per ipotesi proposta da parlamentari cattolici, che contenga norme volte solamente alla limitazione del danno come ad esempio: “Si fa divieto di scelta del donatore, di compravendita di gameti, di doppia eterologa, etc.”; non a norme del seguente tenore: “È permessa l’eterologa semplice con donatore scelto a random, tramite donazione di gameti etc”.

Il risultato sul piano degli effetti sarebbe il medesimo (divieto di scelta del donatore, di compravendita di gameti, di doppia eterologa), ma non sul piano etico. Nel primo caso infatti questi effetti sarebbero ottenuti tramite un’azione lecita – legge che solamente limita i danni: oggetto dell’azione unicamente buono – nel secondo caso tramite un’azione illecita – legge che permette l’eterologa seppur con vincoli: oggetto malvagio. 

Un nota bene. La rimanente parte di azioni non vietate che sopravviverebbero ai divieti posti dal legislatore cattolico  – l’esistenza di un donatore per l’eterologa semplice e la donazione di gameti – non sarebbe scelta positivamente dal legislatore cattolico che ha posto solo divieti, bensì solo tollerata da costui perché impossibilitato dalla Consulta ad ottenere effetti ancor migliori. Sarebbe la Consulta ad averli voluti, non il legislatore cattolico.

Quest’ultima considerazione ci traghetta ad un’ultima possibile obiezione: astenendoci dal votare una legge che limitasse i danni è come collaborare con la Consulta a mantenere una situazione di forte iniquità dove molto se non tutto è permesso. Risposta che parte ancora dall’esempio di prima. Il pazzo che tiene in ostaggio le tre persone e promette di ucciderle se io non avrò compiuto a mia volta l’omicidio di una persona innocente costruisce lui una condizione di iniquità che non posso far altro che non accettare e rifiutare in radice. La prima modalità di non collaborare al progetto del pazzo è quello di astenermi da qualsiasi azione malvagia. Sarà la Consulta il soggetto responsabile della situazione che si andrà a creare di maggior danno, non chi è stato costretto dagli eventi all’inattività, pena di compiere un’azione malvagia. L’uomo è chiamato sempre a fare il bene morale, non sempre a lucrare l’utile. E se in certi frangenti l’unico maggior bene possibile è quello dell’astensione da atti malvagi io non potrò che optare per questa scelta omissiva. Anche se questa mia scelta provocherà più danni, ma non imputabili a me dato che sarò stato costretto all’omissione dalle scelte inique altrui.

Ricordiamo quale fu la posizione che tenne alla fine degli anni ‘90 proprio Giovanni Paolo II nella famigerata questione sui consultori cattolici tedeschi in tema di aborto. Molti di questi articolavano il seguente ragionamento: se non entriamo nella lista ufficiale dei consultori che possono accostare le donne che vogliono abortire al fine di persuaderle a tenere il bambino, lasciamo il campo ai soli consultori abortisti. Perseguendo lo scopo di limitare il danno ci iscriviamo in queste liste. Il problema stava nel fatto che se il colloquio dissuasivo non aveva avuto successo, per legge questi consultori cattolici erano obbligati come tutti a rilasciare il certificato abortivo. Il Papa chiarì che mai si può collaborare al male anche con l’intenzione di limitarne la portata malvagia. L’unica strada  - dopo alcune soluzioni (fallimentari) proposte tra cui dichiarare che il certificato non aveva valore legale – era quella di non essere iscritti in quelle liste.