Sfatiamo la leggenda nera sul Medioevo
La storiografia più recente, guidata da Régine Pernoud (1909-1998), ha sfatato il mito negativo - frutto del pregiudizio dell’Illuminismo - dell’età di mezzo. Nel suo Luci del Medioevo, la Pernoud sottolinea la fioritura culturale, sociale, artistica e perfino giuridica di quell’epoca, basandosi su fonti d’archivio spesso poco lette e studiate
Nella cinematografia, nei libri di storia, nel linguaggio comune, quando si sente parlare di Medioevo fuoriesce l’inveterato luogo comune, per la verità considerato spesso quasi assunto dogmatico, di un’epoca oscurantista e buia. È un pregiudizio creato dalla storiografia settecentesca e diffuso nella produzione letteraria, pamphlettistica, giornalistica e saggistica del secolo, che ha infestato i secoli seguenti giungendo sino a noi con i suoi germi di sarcastica denuncia della decadenza dell’epoca cristiana per eccellenza.
L’età della ragione o, se preferite, l’età dei Lumi ha guardato con altezzosa presunzione e superiorità culturale le epoche precedenti, soprattutto Medioevo e Seicento barocco. Un illuminista come Voltaire scrisse che un’epoca di «barbarie, superstizione, ignoranza coprì la faccia della Terra». Opinioni di questo tipo furono così frequenti e unanimi che, fino a poco tempo fa, persino i dizionari e le enciclopedie presentavano i Secoli Bui come un fatto storico.
La storiografia più recente, guidata da quella Régine Pernoud (1909-1998) che è stata definita la «Signora Medioevo», ha sfatato questo mito negativo e molte pubblicazioni hanno iniziato a rendere merito a un’epoca di fioritura economica, tecnologica, scientifica, artistica e letteraria.
«La cultura accademica […] ormai sa che il Medioevo non è un’epoca di sottosviluppo, di oscurantismo, di ignoranza e ancora meno di tirannia. Non sempre, tuttavia, questo si trasmette a chi frequenta la università: […] gli studenti hanno la possibilità di acquisire un decoroso senso letterario, ma spesso non un vero senso storico» (R. Pernoud).
Nella cultura comune l’immagine dei «secoli bui» è ben lungi dal morire. La visione dominante è, infatti, quella che lo scrittore Umberto Eco ha trasmesso ne Il nome della rosa: superstizione, roghi, streghe, ignoranza, Chiesa corrotta ed eresie sono gli ingredienti dominanti per un mondo di intrighi che sembra più rispondere ad esigenze costruttive di un giallo che ad un’ipotesi di ricostruzione storica veritiera. Così, anche a scuola, la pressoché totalità degli studenti conosce questo Medioevo da Nome della rosa.
Vale allora la pena di leggere il saggio Luci del Medioevo di Régine Pernoud che sottolinea la fioritura culturale, sociale, artistica e perfino giuridica di quest’età, ricostruendo un giudizio su quegli anni attraverso le fonti di archivio spesso poco lette e studiate. Prendiamo a titolo esemplificativo il campo letterario. Lo sapevamo che la maggior parte della produzione letteraria non è conosciuta?
«Resta ancora allo stato di manoscritto, seppellito nelle nostre biblioteche, mentre vengono continuamente ripubblicate le stesse opere. […] La colpa è piuttosto dei nostri metodi di storia letteraria, i quali, applicati alla letteratura del Medioevo, ci hanno notevolmente intralciati. Ci si è ingegnati a ricercare le fonti delle opere medioevali, […] proprio come se si trattasse di tragedie classiche. […] In tal modo si è perduto tempo prezioso. […] Ciò non significa che il Medioevo abbia ignorato l’Antichità» (R. Pernoud).
Se ai nostri giorni la poesia è appannaggio di una élite, nel Medioevo «le gioie dello spirito non erano riservate ai privilegiati o ai letterati e si poteva, senza sapere di greco o di latino, e anche senza sapere l’abbiccì, accedere alle più alte delizie della poesia» (Pernoud).
Nel campo artistico il Medioevo ha partorito gioielli di cui è disseminata l’Italia e l’Europa. È credibile che un’epoca buia possa aver generato le cattedrali e aver assistito alla fioritura dell’arte romanica? L’espressione «arte romanica» venne coniata nel XIX secolo per alludere al fatto che la ripresa dell’arte si realizzava grazie al ricongiungimento, dopo secoli di arretratezza culturale, con la grande esperienza architettonica romana. Le nuove opere artistiche derivavano quindi, secondo questa interpretazione, da un’imitazione di quelle del passato e, spesso, per di più, da una cattiva imitazione.
Il Medioevo ha, in realtà, una concezione organica, sintetica, unitaria della cultura che si trasfonde nelle realizzazioni artistiche che comunicano il legame profondo del particolare con il Tutto, con l’Ideale, con il Mistero.
«Creazioni, scene, personaggi, monumenti, sembrano essere sorti d’un tratto, tanto essi fremono di vita ed esprimono con forza il sentimento o l’azione che sono chiamati a rappresentare. Ogni opera, in questa epoca, è a suo modo una Somma, unità potente, nella quale, però, sotto l’apparente fantasia, entrano in gioco moltissimi elementi, sapientemente subordinati gli uni agli altri» (R. Pernoud).
Basta recarsi a Perugia ad ammirare la stupefacente fontana realizzata da Nicola e Giovanni Pisano tra il 1274 e il 1278, guardare le statue dedicate ai simboli, alle virtù teologali, ai segni zodiacali per rendersi conto che l’opera d’arte medioevale risente di questo sforzo didattico ed educativo teso a sussumere le conoscenze fondamentali e ad introdurre al significato della realtà.
L’uomo medioevale è, poi, molto pragmatico e concreto. L’opera d’arte deriva la propria bellezza proprio da questa esigenza utilitaristica e pratica. Scrive Régine Pernoud:
«Contrariamente a quanto potrebbe far credere la fantasia che sembra presiedere alle sue ingegnose trovate, l’artista è lungi dall’essere libero; ubbidisce a prescrizioni di ordine esteriore e di ordine tecnico, che regolano punto per punto le tappe della sua opera. Il Medioevo ignora l’arte per l’arte, e in questa epoca l’utilità determina tutte le creazioni. Tuttavia, è proprio da questa utilità che le opere derivano la loro principale bellezza, consistente in una perfetta armonia tra l’oggetto e lo scopo per il quale esso è stato concepito. In questo senso gli oggetti più comuni a quest’epoca ci sembrano ora rivestiti di una vera bellezza: una brocca, un paiolo, una coppa, a cui ora si riserva l’onore dei musei, non hanno spesso altro merito oltre a questo perfetto adeguamento ai bisogni ai quali rispondono».
Tutta la cultura medioevale è fortemente simbolica, perché rimanda al senso globale, al tutto, all’orizzonte ultimo, al Dio creatore. Potremmo definire «simbolico» ciò che unisce il particolare con l’universale, con il tutto. La certezza sulla positività della realtà proviene all’uomo medioevale dalla consapevolezza del nesso inscindibile tra verità e bellezza. Presente anche nella cultura classica, questo nesso trova nell’arte cristiana e medioevale la sua formula nell’illuminante definizione di bellezza come splendore del vero.
Ogni epoca ha certamente i suoi simboli. Non tutte le epoche sono, però, ricche di simboli allo stesso modo. Esistono culture più simboliche e altre meno simboliche. La nostra epoca, che ha favorito un approccio materialista per spiegare la vita e le relazioni umane, ha perduto in gran parte la dimensione simbolica e non possiede a fondo l’intero simbolismo medioevale. Pensiamo, ad esempio, alla ricchezza d’immagini presente nelle cattedrali:
«Non abbiamo ancora compreso a fondo il «perché» dei dettagli di architettura e di ornamento che le compongono; sappiamo soltanto che tutti questi dettagli avevano un senso. Neppure una sola di quelle figure che pregano, che fanno smorfie o che gesticolano sono state poste là arbitrariamente: tutte hanno il loro significato e costituiscono un simbolo, un segno» (R. Pernoud).
L’analisi della studiosa investe ogni campo, dall’organizzazione sociale al vincolo feudale, dalla vita rurale a quella urbana, dai rapporti internazionali alla Chiesa, dall’insegnamento alla vita quotidiana, dalla scienza alla tecnica. Si tratta di un’epoca più tecnica che scientifica. Ma è sbagliato affermare che la scienza era assente.
«La verità è che vi sono ancora centinaia di manoscritti importanti, proprio di carattere scientifico, che non sono stati né pubblicati né studiati. […] Del resto, prima che tutta una serie di manoscritti di argomento tecnico venisse studiata e pubblicata, molti ritenevano che il Medioevo fosse un’epoca non particolarmente sviluppata anche dal punto di vista della tecnica. Oggi i manoscritti sono stati pubblicati e l’opinione è stata ribaltata. Quando i manoscritti di carattere scientifico saranno studiati a fondo, è probabile che si scoprano molte cose che oggi ignoriamo o sospettiamo appena […]. Vi sono molte scoperte rilevanti per la storia della scienza nel Medioevo che attendono ancora di essere fatte» (R. Pernoud).
Con queste parole si espresse la storica Pernoud in un’intervista del 1985. A che punto sono oggi gli studi sull’ambito scientifico medioevale? Sarebbe interessante aprire un dibattito al riguardo a distanza di trentacinque anni.