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BALCANI

Serbia e Kosovo vicini alla pace dopo i venti di guerra

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Vicini alla pace fra Serbia e Kosovo. Belgrado continua e continuerà a non riconoscere ufficialmente quello che ritiene ancora parte del suo territorio. Ma le relazioni procedono verso la normalizzazione. Un accordo raggiunto a Ohrid, dal presidente serbo Vucic e dal premier kosovaro Kurti, con la mediazione Ue.

Esteri 23_03_2023
L'incontro di Ohrid

Serbia-Kosovo, vicini alla pace grazie alle tutele per le popolazioni cristiane ortodosse. Lunedì 27 febbraio i leader di Serbia e Kosovo avevano approvato un accordo sostenuto dall'Europa per normalizzare le relazioni, tuttavia Josep Borrell, parlando dopo aver ospitato i colloqui a Bruxelles tra il presidente serbo Aleksandar Vucic e il primo ministro del Kosovo Albin Kurti, aveva detto che i leader avevano concordato la necessità di esclusive discussioni sulla attuazione degli accordi e la loro implementazione, non sui contenuti veri e propri.

In particolare, la Serbia non riconosce il Kosovo come Stato indipendente, ma accetta di riconoscere documenti ufficiali come passaporti, diplomi e targhe e di non bloccare l'adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale. Secondo il testo dell'accordo mediato dall'Ue, il Kosovo, la cui popolazione è principalmente di etnia albanese, accetta di "garantire un adeguato livello di autogestione" alla sua comunità serba e di istituire un'associazione di comuni a maggioranza serba, come concordato da un precedente governo kosovaro.

“Per i serbi in Kosovo” aveva riconosciuto lo stesso Borrell, l’accordo “significa più sicurezza, certezza e prevedibilità,quando si tratta della loro protezione e dei loro diritti in Kosovo, anche per la Chiesa ortodossa serba e per i siti del patrimonio culturale e religioso serbo”. I timori erano che l’accordo raggiunto non fosse attuato rapidamente e si ricominciasse a tergiversare anche sotto le pressioni delle formazioni politiche nazionaliste di entrambi i paesi. Non è stato così, se è vero che ci sono state manifestazioni patriottiche in entrambe le capitali e dissensi marcati, è anche vero che nei giorni scorsi i due presidenti Vucic per la Serbia e Kurti per il Kosovo, coadiuvati dai rappresentanti europei Borrell e Miroslav Lajcak (speciale rappresentante europeo per il dialogo tra Kosovo e Serbia) hanno concluso l’intesa sulla implementazione dell’accordo nella città di Ohrid in Nord Macedonia.

 “La Serbia vuole relazioni normali con il Kosovo, ma non intende firmare alcun accordo…Non voglio firmare alcun documento internazionale giuridicamente vincolante con il Kosovo perché la Serbia non riconosce la sua indipendenza", ha dichiarato domenica 19 marzo il presidente Aleksandar Vucic, un giorno dopo aver accettato verbalmente di attuare l’implementazione del piano sostenuto dall'Occidente per la normalizzazione dei rapporti. La Serbia vuole entrare nell'Unione Europea e una condizione per l'adesione è la normalizzazione delle relazioni con il Kosovo, a maggioranza albanese, che ha dichiarato l'indipendenza nel 2008 ma che Belgrado considera ancora una provincia serba.

L'ambasciatore americano a Pristina, Jeffrey Hovenier, ha ribadito ieri che la posizione degli Stati Uniti non è cambiata dopo l'accordo di Ohrid. Hovenier ha sottolineato che tutti gli accordi, compreso quello sulla formazione del CSM (Comunità delle municipalità serbe), devono essere attuati. Un impegno che gli USA, veri padrini del Kosovo, prendono a nome di Kurti; un impegno sul quale si misurerà la serietà di Washington prima ancora di quella di Pristina.  Dal canto suo il presidente Vucic a ribadito ancora il 19 marzo  le ragioni della mancata firma, “non riconosciamo il "Kosovo" e siamo contrari alla sua ammissione all'ONU.

"Per questo non ho firmato nulla, per questo motivo non sono stati firmati né l'accordo né l'allegato, ma la Serbia è pronta a lavorare per l'attuazione fino alle sue linee rosse", ha dichiarato Vucic perché, come dice la Convenzione di Vienna, "il consenso verbale del capo di Stato è vincolante". Certo, sempre meno vincolante di una firma, ma ha un valore: l’onorare la parola data e gli impegni presi è ancora importante a livello internazionale. Serbia e Kosovo si impegnano ad attuare tutti gli obblighi previsti, dalla loro attuazione dipenderà l’accesso o meno alla casa comune europea e, soprattutto, la credibilità dei rispettivi governi. Nei prossimi giorni Vucic riunirà e discuterà l’intesa raggiunta e l’implementazione dell’accordo con tutti i partiti e gruppi politici a Belgrado.

Giovedì 23 marzo sarà il Presidente Kurti a riferire al Parlamento di Pristina su accordi e intese contratte a Ohrid nei giorni scorsi, anche in Kosovo non mancheranno le polemiche e le critiche all’intesa. Tuttavia, visto il rischio permanente di guerra sanguinaria e il costante pericolo per le comunità cristiane ortodosse nella regione a maggioranza musulmana albanese, è necessario per tutti noi sperare che l’implementazione dell’intesa venga attuata con puntualità e solerzia, in questi casi, prima si dà precisa attuazione all’intesa, più si evita che risuonino i tamburi di guerra risuonati più volte, come abbiamo raccontato,  nel 2022 e anche lo scorso gennaio.