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Sepolcri imbiancati a Tripoli

La fine (fisica?) di Muhammar Gheddafi è scontata. Ma anche no. Ecco su Il Foglio l'epilogo della strana, inutile e sbagliata guerra di Libia con le squadre francesi, inglesi, americane e italiane che braccano febbrilmente il raìs. Apparentemente.

 

L’Italia e la “Nuova Libia” avranno un “comitato di raccordo che intervenga con estrema facilità, assumendo le dovute decisioni”, ha annunciato ieri Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il primo ministro del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Mahmoud Jibril. “Abbiamo confermato la nostra volontà di essere vicini al popolo libico”. Per far fronte alle emergenze – Tripoli senz’acqua, il disarmo delle fazioni, scuole e elettricità – sono stati sbloccati 350 milioni congelati nelle banche italiane per le sanzioni contro il regime del colonnello Muammar Gheddafi. Per Jibril, le priorità sono “ristabilire l’ordine”, formare un “esercito nazionale”, riaprire le scuole e ricostruire le infrastrutture. Ma il Cnt ha bisogno di “mezzi finanziari”. Il Cav. ha detto che la liberazione dei quattro giornalisti italiani “è di buon auspicio per il futuro” e di aver ricevuto rassicurazioni da Jibril che sarà “evitato ogni atteggiamento vendicativo contro i perdenti”. Il pensiero è all’amico sconfitto Gheddafi, che tutti dicono di non volere morto, come dicevano che l’obiettivo non era il cambio di regime. Ma, nonostante ufficialmente neghino, in prima linea nella caccia all’uomo ci sono Nato, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.

Il ministro della Difesa britannico, Liam Fox, ieri ha rivelato che “la Nato sta fornendo informazioni di intelligence per contribuire alla ricerca di Gheddafi e di altri scampoli del regime”. Funzionari americani hanno spiegato che, se il colonnello verrà localizzato, ci sono tre opzioni: un bombardamento; l’invio di una squadra della Cia; o l’intervento delle forze speciali britanniche e francesi. Il Telegraph, citando fonti della Difesa, ha svelato che “i soldati del 22° reggimento delle Sas hanno iniziato a guidare i ribelli su ordine del premier David Cameron”. I soldati britannici sono presenti in Libia da mesi, hanno avuto un ruolo essenziale nella presa di Tripoli e ora – in abiti civili arabi e con le stesse armi dei ribelli – hanno ricevuto ordine di concentrarsi su Gheddafi. Un giornalista dell’Afp ha visto operativi “francesi e britannici installati nella raffineria di Zuwaytinah”, centro di comando ribelle a 150 chilometri da Bengasi.

Mercoledì Nicolas Sarkozy ha smentito la presenza di forze francesi, perché la risoluzione 1973 dell’Onu vieta a soldati stranieri di mettere piede sul suolo libico. “Solo osservatori”, ha detto. “Fesserie”, secondo Eric Denécé, direttore del Centro francese di ricerca sull’intelligence: ci sono “agenti infiltrati francesi, britannici, americani, egiziani, degli emirati e forse anche italiani. Gente dei servizi segreti, delle forze speciali, delle società private”. Anche l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del comitato militare della Nato, ieri si è lasciato sfuggire il segreto di Pulcinella. Intervistato dal Corriere.it, ha rivelato che l’Alleanza è stata aiutata “soprattutto” dagli agenti italiani presenti in Libia: “L’Italia non solo è stata generosa nel mettere a disposizione le sue basi, ma ha fornito un prezioso apporto con le sue fonti di intelligence”. In una successiva versione corretta dal portavoce di Di Paola, è scomparso il “soprattutto” ed è tornata la grande ipocrisia: l’Italia si limita a disporre di “preziose fonti di intelligence”.

 Da Il Foglio del 26 agosto 2011