Senza politiche neanche gli immigrati fanno più figli
I dati che smentiscono i “pasdaran" dell'immigrazionismo: non è vero che gli immigrati ci pagheranno la pensione: anche loro hanno smesso di fare figli a causa delle inesistenti politiche famigliari. Il flop delle Unioni civili spacciate per richiestissime. Parla il demografo Blangiardo
L’immigrazione non è la soluzione per invertire la rotta della decrescita. Con buona pace delle Emmebonino e dei Tito Boeri, la cattiva notizia arriva da chi di popolazione si occupa tutta la giornata e questa notizia l’ha portata all’attenzione dei partecipanti della III Conferenza Nazionale sulla Famiglia che si è appena conclusa a Roma con grande spolvero di presenze governative. Ma nessuno ha pensato bene di farlo notare perché ormai siamo nella stagione dello ius soli da imporre anche contro la logica e gli interessi nazionali. Il demografo Giancarlo Blangiardo da anni predica nel vuoto e a Roma ha suonato per l’ennesima volta il campanello d’allarme.
Professore, è così? L’immigrazione massiccia non contribuirà a innalzare il livello della popolazione?
Esatto. L’immigrazione non è la soluzione al problema della natalità e chi lo teorizza dice una grande sciocchezza. Nel 2012 è stato raggiunto il massimo delle nascite da genitori stranieri con 80mila nascite. Da quell’anno la curva si è abbassata sempre di più e oggi le nascite sono ferme a 69mila. Un calo vistoso, più repentino di quello dei nati italiani, che comunque è sempre in caduta libera e quest’anno si assesta a 404mila.
Perché?
Perché le coppe straniere incontrano le stesse difficoltà delle altre a mettere al mondo un figlio. In futuro si assisterà ad una assimilazione al modello di riproduttività dei locali.
E’ un mito sfatato. Dai suoi dati si vede anche che quello delle unioni civili è un flop.
I numeri sono irrisori. In otto mesi 2.802 unioni civili in tutta Italia. Erano 2.433 a fine dicembre 2016. Se ne sono aggiunte 369 tra gennaio e fine marzo 2017. Nell’ultimo censimento Istat 2011 le coppie omosessuali erano circa 8.000. Quindi neanche la metà ha avuto accesso all’unione civile.
Questo che cosa significa?
Che quelli, politici e giornalisti, che avevano teorizzato come esistessero milioni di coppie da regolarizzare ci hanno raccontato una sciocchezza pilotata ad arte. Non è un fenomeno di massa come spesso hanno cercato di far credere.
Quindi la legge Cirinnà non è giustificata?
Non entro nel merito della legge, ma sotto il profilo demografico non è assolutamente giustificata. I dati mostrano una situazione molto al di sotto di convinzioni che comunque erano ideologiche, ma sono state veicolate da un certo tipo di comunicazione politica e giornalistica.
Secondo la Presidente della Camera Laura Bordini le donne non fanno figli perché non lavorano…
E’ tutto da dimostrare. Se la Boldrini si mette a parlare di natalità zero vuol dire che non ha capito di che cosa sta parlando. Natalità zero significa zero nati e nel Paese non ci saranno mai. Questo approccio viene portato avanti dalle istituzioni con disinvoltura.
Però almeno ci si consola perché è la prima volta che si parla di denatalità…
Non è la prima volta che si affrontano queste tematiche, quello che manca è la forza di andare oltre le promesse assistenziali.
Cioè?
Quello che non entra nella mentalità è che se vogliamo agire sulla natalità non bisogna aiutare solo le famiglie povere: il problema è che la popolazione faccia figli, il ceto medio e anche i benestanti dove li mettiamo? Invece tutti gli interventi che vengono attivati sono sempre interventi che vedono la politica demografica come contrasto all’esclusione sociale.
Invece…
Invece ad esempio i francesi danno aiuti a chi fa il IV figlio con sovvenzioni superiori alla media a tutti. Ci pagano più tasse certo, ma è un circolo virtuoso che smette in moto. Dal simulatore che mette a disposizione l’Ocse si vede che rispetto ad aiutare i poveri fino al 3° figlio l’Italia è messa più o meno come gli altri Paesi, ma quando si tratta di passare a categorie messe meglio economicamente l’Italia se ne frega tu comunque. In questo modo la maggior parte della popolazione è messa fuori gioco.
E’ un approccio strutturale che manca?
Una cosa è l’intervento sociale, altra cosa è la politica demografica che non deve mettere delle soglie vincolate alla condizione dei beneficiari. Ciò che fa massa sono quelli che non sono messi male ed è su quelli che bisogna agire.
Che giudizio dà della Conferenza sulla Famiglia appena conclusa?
Per quello che ho colto non è emerso nulla.
Lei che messaggio ha cercato di dare?
Una terapia ben precisa: intervenire nel sostenere nella funzione della famiglia che è la produzione del capitale umano, ma deve essere un discorso universale: equità fiscale ed economica, politiche abitative per la famiglia, lavoro di cura familiare, pari opportunità e conciliazione tra famiglia e lavoro e soprattutto iniziative per la diffusione di una cultura pro-famiglia.