Senza Aeterni Patris non c’è Rerum novarum
La Dottrina sociale della Chiesa, che vuole portare nella società la luce della trascendenza e garantire ad essa “piena cittadinanza” politica, ha bisogno della metafisica. Negare la metafisica comporta quindi negare la Dottrina sociale della Chiesa.
La metafisica è l’unica forma di accesso concettuale alla trascendenza. La Dottrina sociale della Chiesa, che vuole portare nella società la luce della trascendenza e garantire ad essa “piena cittadinanza” politica, ha quindi bisogno della metafisica. Negare la metafisica comporta quindi negare la Dottrina sociale della Chiesa. Ricordo questi concetti dopo la morte di Emanuele Severino, avvenuta qualche giorno fa. Il suo pensiero, incentrato sul ritorno a Parmenide, negava tutta la metafisica occidentale: platonica, aristotelica, cristiana. La considerava una forma di nichilismo. Stupisce il plauso che la sua filosofia ha avuto da parte cattolica. Ai lettori di questo blog stupirà in modo particolare, perché senza metafisica non c’è Dottrina sociale della Chiesa. Senza Aeterni Patris non c’è Rerum novarum. Senza Fides et ratio non c’è Centesimus annus. Senza l’incontro tra fede cristiana e filosofia greca non c’è Caritas in veritate. Qui bisogna fermarsi perché dopo Benedetto XVI la metafisica sembra definitivamente sparita dall’orizzonte degli interessi ecclesiali.
La Dottrina sociale della Chiesa fa riferimento ad un ordine sociale naturale, ossia non frutto di un contratto tra i cittadini. Le norme positive trovano legittimazione nel diritto naturale e questo in un ordine superiore perché anche la natura non può essere l’ultima istanza per la propria legittimazione. Essa ha delle leggi ma non ne è l’ultima fonte. Ora, senza uno sguardo metafisico come si farà a scoprire questo ordine sociale? Possiamo fare un esempio. Se si osservano due conviventi e una coppia di sposi non si riscontrerà nessuna apparente differenza nella fenomenologia della loro vita. Sembrano fare le stesse cose e sembrano essere la stessa cosa. Può risultare quindi logico che la legge li equipari e che le politiche ne tengano conto nello stesso modo. Ma se consideriamo la cosa con uno sguardo metafisico, e quindi non ci limitiamo ai fenomeni di cui possiamo avere esperienza, vediamo che la coppia sposata è cosa ben diversa dai due conviventi. Essa ha istituito un’unione indissolubile, ha assunto dei doveri pubblici in quanto coppia, a cominciare dalla procreazione ed educazione dei figli, ha costituito una famiglia fondata sull’accoglienza reciproca incondizionata e quindi forma-base di ogni socialità accogliente, ha trasformato due individui in una coppia non di individui accostati ma di persone integrate, ha posto le basi della società fondata su vincoli naturali indisponibili.
Giunto a questo livello, lo sguardo metafisico sulla famiglia che ho adoperato come esempio, può fermarsi qui, oppure può aprirsi ad un ulteriore discorso di tipo religioso, alla ricerca di un fondamento non solo naturale ma anche soprannaturale del matrimonio. Una cosa è certa: senza lo sguardo metafisico, rimanendo al livello della considerazione di ciò che vediamo nella vita quotidiana dei due conviventi e della coppia sposata, non è possibile questa apertura al significato soprannaturale, perché non si è raggiunto nemmeno il livello naturale. Quindi ogni presenza culturale della fede cattolica nell’ambito della visione politica della famiglia risulta impedito alla radice. Quanto il Vangelo dice sul matrimonio non potrà mai avere diffusione o applicazione sociale, legislativa, politica. Diventa quindi impossibile la Dottrina sociale della Chiesa, che vuole mettere in relazione Vangelo e società politica. Non potendosi sviluppare verso l’alto, il ragionamento scenderà verso il basso. Se la ragione non è aiutata a volare, razzolerà per terra. Non è possibile che si mantenga stabile ad una certa altezza. Una ragione solo naturale non regge, o si sviluppa verso la sopra-natura o si avvita nella sotto-natura. Ecco allora che, a proposito del nostro esempio, si giustificheranno per legge le convivenza, ma poi anche la unioni civili omosessuali e tante altre cose.
Ho fatto il semplice esempio del matrimonio e della famiglia per dire che questa dimensione non risulterà mai ad una considerazione delle cose non a carattere metafisico. Con ciò non voglio dire che tutti, compresi i politici, dovrebbero essere filosofi di professione e conoscere Platone e Severino. Dico che la cultura vissuta deve avere di questi sguardi, che non sono però possibili se nei luoghi deputati al sapere si insegnano cose del tutto diverse. Se la metafisica viene uccisa sulle cattedre universitarie e nei seminari non diventerà mai sguardo comune nei cittadini. Senza questo sguardo però la politica è cieca e si trova a dover fare delle scelte fondamentali senza averne i criteri. La politica è sola. Severino ha scritto molto sui pericoli della tecnicizzazione. Anche Benedetto XVI ha dedicato un paragrafo della Caritas in veritate al problema. Ma l’impostazione era diversa: anti-metafisica la prima, metafisica la seconda.