Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
sloane avenue

Sentenza inaspettata per Becciu condannato a 5 anni e 6 mesi

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Il primo round del processo nato dal "caso londinese" (ma non solo) finisce male per il porporato ritenuto colpevole di peculato. È scontato che la difesa ricorrerà in corte d'appello.

Ecclesia 18_12_2023
AP Photo/Gregorio Borgia

Cinque anni e mezzo di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Finisce male il primo round per il cardinale Angelo Becciu, l'uomo simbolo del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato nato dallo scandalo relativo all'acquisto dell'ormai famoso palazzo di Sloane Avenue.

Il porporato sardo è stato ritenuto colpevole del reato di peculato per la sottoscrizione delle quote della Athena Capital Commodities con i soldi della Segreteria di Stato. Smentita l'accusa di peculato per quanto avvenuto dopo, nella fase 2 dell'investimento londinese, perché «il fatto non sussiste, non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo».

A Becciu va male anche sul filone Cecilia Marogna (anche lei condannata a tre anni e nove mesi) e su quello della cooperativa Spes riconducibile al fratello: per il Tribunale di Città del Vaticano c'è stato peculato. Seppur parzialmente ridimensionata, la colpevolezza del cardinale è stata riconosciuta dal presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone che ha pronunciato la sentenza a metà pomeriggio di sabato. Può esultare, dunque, il promotore di giustizia Alessandro Diddi che aveva chiesto più di sette anni per l'imputato più famoso e che a caldo ha commentato così: «stasera dormo tranquillo, non abbiamo mandato a giudizio innocenti».

Grande amarezza, invece, nella reazione della difesa del cardinale. Gli avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione hanno già annunciato che non finisce qui: «le prove emerse nel processo – si legge nella loro nota – la genesi delle accuse al cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia».

Anche nell'ordinamento giudiziario di Città del Vaticano esistono tre gradi di giurisdizione ed è scontato che la difesa di Becciu ricorrerà in corte d'appello. Le parole degli avvocati neppure si preoccupano di nascondere la delusione per una sentenza inaspettata. Nelle ultime ore, infatti, filtrava un certo ottimismo in coincidenza con l'uscita di due articoli "innocentisti" scritti da due firme autorevoli come Alberto MelloniErnesto Galli della Loggia.

Si era sperato che questo processo, voluto e autorizzato dal Papa, si potesse concludere diversamente alla luce delle contraddizioni della tesi accusatoria emerse nella fase dibattimentale. Il discorso rivolto da Francesco una settimana fa al personale dell'Ufficio del Revisore generale, lo stesso da cui era partita insieme allo Ior la denuncia sul palazzo di Londra all'origine dell'indagine, poteva essere interpretato come un indizio di un'inversione di marcia con quel richiamo ad una «misericordiosa discrezione» e l'intemerata sul fatto che «gli scandali servono più a riempire le pagine dei giornali che a correggere in profondità i comportamenti». Questo in pubblico. In ogni caso, alla fine il ridimensionamento dell'impianto accusatorio riconosciuto dallo stesso Tribunale nella sentenza non è bastato ad evitare una condanna che farà sicuramente male ad un uomo che continua a proclamarsi innocente e si ritiene vittima di un'ingiustizia.

E il Papa? Lo ha mandato a processo con un motu proprio ad hoc dopo avergli tolto ruolo in Curia e diritti legati al cardinalato, ma poi si era augurato che il "suo" ex sostituto fosse innocente. Vedremo in che modo si comporterà con Becciu di fronte a questa condanna in primo grado.

L'unico assolto è stato l'ex segretario del cardinale, poi "ereditato" da monsignor Edgar Peña Parra, don Mauro Carlino che nel suo piccolo era già stato "riabilitato" con l'assegnazione di una parrocchia prestigiosa a Lecce lo scorso anno. È andata male a tutti gli altri imputati, da Fabrizio Tirabassi a Raffaele Mincione fino a Gianluigi Torzi. Meglio, invece, agli ex vertici dell'ex Autorità di Informazione Finanziaria vaticana Tommaso Di Ruzza e René Brülhart che sono stati assolti dall'accusa di abuso d'ufficio e multati solo per omessa denuncia.

Disposta anche la confisca di 166 mila euro e il risarcimento di 200 mila euro per le parti civili costuitesi: Segreteria di Stato, Apsa e Ior. Anche monsignor Alberto Perlasca, capo dell'ufficio amministrativo nel periodo dei fatti contestati, si era costituito parte civile in relazione al capo del reato di subornazione relativamente al quale, però, è intervenuta l’assoluzione per Becciu. Il suo ex collaboratore e poi grande accusatore, quindi, non avrà alcun risarcimento.



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