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AFRICA

Senegal, le confraternite al secondo turno

Viaggio nei santuari dei Muridi per capire il loro ruolo chiave nel voto (sono del resto Muridi i due terzi degli 80mila immigrati senegalesi in Italia).

Attualità 02_03_2012
La grande moschea di Touba, in Senegal

 

Tra molte polemiche, i risultati delle elezioni presidenziali in Senegal di domenica 26 febbraio non sono ancora ufficiali. Nella serata di mercoledì 29 sono stati però annunciati i risultati "provvisori" - che tutti in Senegal, dove mi trovo, considerano più o meno definitivi - i quali assegnano al presidente uscente Abdoulaye Wade il 34,82%, a Macky Sall, ex primo ministro di Wade e dissidente del suo stesso Partito Liberale, il  26,57%, e al primo dei due candidati socialisti, Moustapha Niasse, il 13,20%. Si profila dunque un ballottaggio, che si terrà il 18 marzo a meno di ricorsi degli sconfitti che potrebbero farlo slittare, fra Wade e Macky Sall.

Il fatto che Wade abbia rinunciato a proclamarsi vincitore al primo turno, come si temeva e contro i dati raccolti dagli osservatori internazionali, è una buona notizia per il Senegal, e per l'Africa di cui il Senegal è un Paese leader. Qualche broglio elettorale c'è stato, ma la democrazia senegalese ha sostanzialmente tenuto. È l'analisi della Chiesa Cattolica senegalese, che rappresenta il 10% della popolazione, e che ha espresso soddisfazione per l'ordinato svolgimento delle elezioni e la sostanziale assenza di violenze.

Negli ultimi giorni, visitando la città santa di Touba [nella foto: la grande moschea della città]  e l'importante luogo di pellegrinaggio di Djourbel, ho cercato di approfondire la questione del ruolo delle confraternite musulmane sufi nelle elezioni senegalesi. Il Senegal è uno dei pochi Paesi africani dove le controversie etniche e tribali non giocano un ruolo importante. Ma sono invece molto importanti le controversie fra confraternite sufi. Moustapha Niasse, per esempio, è sì un esponente socialista, ma è anche in membro della famiglia che dà il nome ai Niasseni, una delle branche della confraternita maggioritaria in Senegal, quella dei Tijani, da sempre ostile a Wade. Nella citta di Kaolack, dove mi trovo, c'è la citta santa dei Niasseni, Medina Baye, e qui Niasse ha stravinto su Wade. Quest'ultimo appartiene alla confraternita dei Muridi, leggermente meno numerosa dei Tijani ma più importante dal punto di vista economico.

Visitando Touba e Djourbel ho cercato di rendermi conto degli umori dei Muridi e di quanto la confraternita investa sulle elezioni. La questione è importante anche in Italia, dove sono Muridi due terzi dei circa 80mila immigrati senegalesi. Alle origini della confraternita dei Muridi si situa la predicazione di Ahamadu Bamba Mbacke (Ahmed ben Mohamed ben Habib Allah, 1850 o 1853-1927), chiamato dai discepoli "Serign Touba", dal nome della città (Touba) da lui fondata.

Bamba, allevato in una famiglia affiliata alla grande confraternita sufi internazionale Qâdiriyya, vive in un periodo di crisi caratterizzato dalla fine dei regni tradizionali precoloniali e dalla vittoria finale in Senegal del colonialismo francese. La sua predicazione diventa punto di riferimento per aspirazioni contraddittorie, segnate da forme di malcontento in parte preesistenti alla venuta dei francesi. Questi ultimi - che temono la trasformazione della confraternita in fermento indipendentista - esiliano due volte Bamba, tra l'altro a lungo a Djourbel che diventa così un importante luogo di pellegrinaggio, ma infine si convincono che il suo insegnamento non ha un contenuto politico, e negli ultimi anni della vita lo decorano perfino con la Legion d'Onore.

Peraltro, è pure importante non leggere l'ascesa di Bamba come semplice reazione a fattori esterni e politici. La tradizione familiare, il contesto del sufismo nella regione e le effettive innovazioni apportate da Bamba rispetto a tale contesto sono altrettanto, se non più, importanti dei rapporti con il colonialismo.

Dopo la sua morte, la direzione della confraternita rimane nelle mani della famiglia Mbacke, discendenti diretti del fondatore, ma un ruolo importante nella gerarchia muride assumono anche i collaboratori di Bamba, i "grandi talibé", fra cui lo shaykh Ibra Fall (1858-1930), fondatore del movimento Bay Fall, che - a torto considerato da alcuni una branca separata del muridismo - ne costituisce insieme il "nucleo duro" e una sorta di servizio d'ordine, ai cui componenti è sia riconosciuta una grande dedizione alla causa muride sia rimproverata una certa intemperanza accompagnata da una scarsa osservanza delle pratiche islamiche.

Con l'emigrazione senegalese - in cui un ruolo importante hanno venditori ambulanti di etnia wolof, in una parte significativa muridi - il muridismo è diventato un movimento diffuso in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone. A partire dagli anni 1970, sotto la guida di Abdou Lahat Mbacke, la Murîdiyya cambia volto: potenzia  la grande biblioteca di Touba, che ho potuto visitare e che impressiona per il carattere straordinariamente bene ordinato, dove un'Università di Studi Islamici si conquista un generale rispetto e dà alla confraternita una dimensione più vicina all'islam maggioritario dei Paesi arabi.

La peculiarità del muridismo consiste nella santificazione del lavoro, che ha un ruolo altrettanto (se non più) importante della meditazione e della preghiera. Attraverso questa spiritualità del lavoro, Bamba inserisce nel sufismo un elemento autenticamente africano, e insieme si espone a critiche e riserve soprattutto da parte di ambienti Tijani. Alla base del muridismo (come di ogni altra confraternita sufi) vi è una sorta di patto iniziatico, la bai‘a, con cui il discepolo (talibé) si affida al marabutto, mediatore fra l'uomo e Dio e garante sia della salvezza del discepolo sia (almeno in una certa misura) del suo benessere materiale.

Attraverso la bai‘a il discepolo promette al marabutto la khidma ("servizio"), cioè il lavoro svolto a profitto sia della confraternita sia - personalmente - del marabutto, che a sua volta si assume il compito della preghiera a beneficio del discepolo. È attraverso la khidma e il rapporto contrattuale con il marabutto sancito dalla bai‘a che il discepolo realizza la irada ("impegno a camminare verso Dio"). Il muridismo ha tra i suoi pilastri anche l'offerta (hadiya) e il pellegrinaggio annuale a Touba, sulla tomba del fondatore, presieduto dal leader generale della confraternita (malia). Il sistema delle offerte e del lavoro del tâlib a beneficio del marabutto ha fatto sorgere quello che il sociologo Donald Brian Cruise O'Brien chiama «il mito dello sfruttamento» e l'immagine - caricaturale e divulgata dagli oppositori, sebbene anche indicativa di una reale possibilità di abusi - del marabutto che, alla guida di una lussuosa automobile, si arricchisce sfruttando i discepoli.

In realtà - come aveva rilevato un'acuta studiosa italiana dei Muridi, Ottavia Schmidt di Friedberg (1957-2002) - il rapporto ha almeno un certo grado di vera reciprocità: il marabutto si impegna ad assistere il talibé e la sua famiglia in una pluralità di modi, tra l'altro nella ricerca del lavoro, spesso con notevole successo, ponendosi nello stesso tempo come polo di riferimento e di identificazione culturale.

Non c'è dubbio che mentre i governi socialisti hanno mal sopportato l'egemonia dei Muridi nell'economia senegalese - anche per i loro legami con i Tijani, ancorché il primo presidente del socialista, il socialista e poeta di fama internazionale  Léopold Sédar Senghor (1906-2001), fosse cattolico - al contrario Wade, che si è proclamato «presidente talibé» anche se sulla validità della sua iniziazione nei Muridi ci sono dubbi - ha favorito in molti modi la confraternita. A Djourbel - dove incontro discendenti di Bamba - e a Touba, dove un noto tele-predicatore, il «predicatore Ibrahim», mi fa da guida, il tifo per Wade è evidente. Si tratta certo di legami economici, ma insieme di paura delle novità e di svolte che potrebbero mettere in discussione il carattere pacifico e non fondamentalista dell'islam senegalese. Benché il califfo dei Muridi abbia perseguito una politica di buon vicinato con i Tijani, mi si fa pure notate che nel corso delle manifestazioni di piazza contro Wade sono stati Tijani - contestando anche le loro autorità tradizionali - a scandire slogan tipici dell'islam politico e dei Fratelli Musulmani.

I Muridi sono soprattutto difensori dello status quo, e di un sistema economico che deve molto al motto del loro fondatore: «Lavora come se dovessi vivere per sempre e prega come se dovessi morire domani». Nello stesso tempo, non temono troppo il ballottaggio. Anche Macky Sall, possibile vincitore, è Muride almeno quanto alle origini familiari. Chi nella stampa senegalese parla di un calo d'influenza delle confraternite perché, dopo tutto, i Muridi non sono riusciti a portare Wade alla vittoria al primo turno, forse vuole solo indicare forme d'influenza di tipo diverso.