Sempre più incerto il futuro dei rifugiati Rohingya
Il colpo di stato in Myanmar ha del tutto fermato il progetto per il loro rimpatrio volontario e va a rilento quello per trasferirne una parte su un’isola attrezzata per ospitarne 100.000
Quattro anni fa quasi 900.000Rohingya sono fuggiti dal Myanmar per sottrarsi ai combattimenti tra esercito e milizie antigovernative. Altri li avevano preceduti negli anni precedenti in fuga da un paese che a stento li tollera e che non li considera cittadini. Sono in gran parte musulmani, quasi tutti vivono nel Rakhine e, siccome questo stato birmano si trova al confine con il Bangladesh, è oltre frontiera che hanno cercato rifugio. Per loro sono stati creati i campi profughi di Cox’s Bazar, sovraffollati, inospitali e insicuri per il dilagare della delinquenza al loro interno. Ad aggravare la situazione, gli incendi divampati a marzo, che hanno lasciato migliaia di persone senza un tetto, e il COVID-19 che ha messo in difficoltà un sistema sanitario già sotto pressione. Il progetto di sistemarne almeno 100.000 nell’isola di Bhasan Char, dove il governo del Bangladesh ha provveduto ad allestire alloggi e servizi, non ha convinto le Nazioni Unite e neanche i rifugiati che temono di essere abbandonati sull’isola senza prospettive. Attualmente Bhasan Char ospita circa 20.000 persone in condizioni in effetti migliori che a Cox’s Bazar perché le famiglie hanno a disposizione acqua corrente, letti a castello, cucina a gas e servizi igienici. Ma le autorità bengalesi avevano promesso anche terra da coltivare, mucche, bufali e prestiti per avviare delle attività e sembra che ancora non abbiano provveduto. Inoltre mancano traghetti per raggiungere la terra ferma. Ancora più a rilento è il progetto di rimpatrio volontario iniziato nel 2018. I rifugiati hanno paura a rientrare in patria temendo di ripiombare in una situazione insostenibile. Per motivi di interesse, sembra che alcuni capi tribali e delle ong contribuiscano a instillare sfiducia tra i rifugiati. A peggiorare la situazione è intervenuto il colpo di stato del 2021 che ha bloccato del tutto il progetto di rimpatrio e anzi ha causato altre centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati.