Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
MANOVRE PARLAMENTARI

Se Meloni salva Renzi, poi non potrà stare serena

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Il governo Meloni potrebbe approvare una riforma elettorale, in vista delle prossime Europee, per abbassare la soglia di sbarramento dal 4% a 3%. Si salverebbero i piccoli partiti, fra cui anche Italia Viva di Matteo Renzi. Ma a che pro? La riforma complicherebbe la vita al Pd, ma aumenterebbe le sfide anche al centrodestra.

Politica 06_09_2023
Giorgia Meloni, Matteo Renzi

La maggioranza di governo naviga col vento in poppa. Nonostante le turbolenze estive e lo scoglio della manovra di bilancio, i sondaggi dicono che il centrodestra non corre alcun rischio di perdere il potere. Peraltro in questa legislatura le opposizioni, numericamente innocue, sono perdipiù inconcludenti e litigiose tra loro. Dunque gli eventuali ostacoli per l’esecutivo possono semmai arrivare da lobby internazionali o da poteri esterni alla politica, quali la magistratura e i media.

Non si comprende, dunque, il perché Fratelli d’Italia voglia consentire ai partiti più piccoli di sopravvivere, di conservare quel fastidioso potere di veto e di ricatto che tanti danni ha provocato negli ultimi anni, ritardando riforme strutturali e provvedimenti necessari per rilanciare il Paese.

In vista delle elezioni europee del prossimo anno, il partito del premier starebbe valutando una modifica della legge elettorale per abbassare dal 4 al 3% la soglia di sbarramento. Questo passo potrebbe consentire ad alcune forze politiche di entrare nella prossima assemblea di Strasburgo. In particolare offrirebbe a Italia Viva, partito fondato e guidato da Matteo Renzi, di portare in Europa una piccola pattuglia di parlamentari e di essere determinante all’interno del gruppo macroniano Renew Europe. Infatti il partitino di Renzi al momento viene dato dai sondaggi più ottimistici attorno al 2,5%, dunque ben al di sotto dell’attuale “ghigliottina” dei 4 punti percentuali. Nella stessa situazione si trovano Azione (quotato attorno al 3%), +Europa (sotto il 2%) e Noi moderati (sotto il 2%).

I seguaci della Meloni e, più in generale, gli analisti politici si chiedono quale disegno possa celarsi dietro questa possibile riforma della legge elettorale. La prima ipotesi è che il premier voglia guadagnarsi l’appoggio o quanto meno la non ostilità di queste forze politiche per condurre in porto a larga maggioranza le riforme istituzionali più importanti come il premierato. Inoltre l’abbassamento al 3% della soglia di sbarramento potrebbe consentire ai verdi di Bonelli e a Sinistra italiana di Fratoianni di portare a Strasburgo qualche parlamentare, a scapito del Pd. La Schlein si gioca tanto alle prossime europee e la competizione con i 5 Stelle è molto accesa, per cui l’aiuto agli estremisti di sinistra è anche un dispetto al segretario dem. Ma è altrettanto vero che il 3% potrebbe raggiungerlo anche una eventuale lista di estrema destra a guida Alemanno e Rampelli che si ponesse in contrapposizione alla Meloni proprio sulle politiche europee, aggregando il crescente elettorato euroscettico.

Ecco perché le insidie per il premier sono dietro l’angolo. Senza sottovalutare, peraltro, l’incognita Renzi. Parliamo di un politico scaltro e cinico, che senza voti è capace di far cadere governi. Lo ha fatto con Enrico Letta, soffiandogli il posto. Lo ha fatto con Giuseppe Conte per spianare la strada a Mario Draghi. Non c’è due senza tre. La Meloni farebbe bene a fare gli scongiuri. Renzi ha usato Calenda alle politiche di un anno fa per non rimanere fuori dal Parlamento e poi lo ha scaricato. Ha detto a Letta di “stare sereno” e poi lo ha disarcionato da Palazzo Chigi per insediarvisi lui.

Ma, soprattutto, Renzi è quello che da premier promise solennemente agli italiani che avrebbe lasciato la politica se avesse perso il referendum sulla modifica della Costituzione. Sappiamo bene com’è andata a finire: Renzi è ancora lì a dare in qualche modo le carte, pur avendo un consenso popolare risicato.

E allora torna l’interrogativo iniziale: cosa spera di ottenere la Meloni dall’inaffidabile Matteo, che rischia di rivelarsi “carnefice” anche con lei? Portarlo nel governo per indebolire Forza Italia e Tajani? Ridimensionare Salvini e rendere meno forte il peso della Lega nelle scelte dell’esecutivo? Il gioco appare alquanto complicato, pericoloso e dagli esiti imprevedibili. Forse Meloni farebbe bene a non stare serena.



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