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IL CASO

Se lo Stato abbandona le famiglie con disabili

Negli ultimi cinque anni in Italia la spesa per il sociale è passata da 2,5 miliardi a 250 milioni di euro, con un taglio del novanta per cento. Tagli oltretutto destinati ad aumentare, a giudicare dalle delibere regionali.

Articoli tematici 16_01_2013
Famiglia

Una famiglia agli arresti domiciliari, dimenticata dallo Stato e lasciata sola con il proprio problema: quello di avere un figlio disabile che necessita di assistenza ventiquattro ore su ventiquattro. Un semplice dato che fotografa la situazione: negli ultimi cinque anni in Italia la spesa per il sociale (e quindi per le famiglie che vivono questo problema) è passata da 2,5 miliardi a 250 milioni di euro, con un taglio del novanta per cento. Tagli oltretutto destinati ad aumentare, e a dirlo sono le stesse delibere regionali: “Nel ricco Veneto le spese per gli assegni di cura per la domiciliarità con il prossimo bilancio probabilmente spariranno”, ha spiegato Carlo Giacobini, operatore sociale e direttore di handYLex.org, un sito dedicato alle persone disabili e ai loro diritti.

Ai problemi delle famiglie con disabili a carico ha parlato lunedì mattina (e tornerà sul tema giovedì prossimo) “Melog, la realtà condivisa”, trasmissione di Radio 24 condotta dal lunedì al venerdì da Gianluca Nicoletti, giornalista di lungo corso che conosce personalmente il problema. Insieme a lui e a Giacobini, Stefano Trasatti, direttore di “Redattore Sociale”, agenzia di informazione online, e Maria Simona Bellini, autrice tra l’altro di “Vestita di nuvole. Una storia d’amore e di speranza”, in cui racconta la battaglia contro l’handicap che ha colpito Letizia, ultima dei suoi quattro figli, nata cerebrolesa. La bambina, alla quale i medici avevano prospettato un terribile futuro, ora a nove anni cammina, frequenta la scuola ed è piena di voglia di vivere, grazie anche ai tantissimi volontari che da oltre otto anni la aiutano negli esercizi di riabilitazione.

La Bellini ha lanciato una grave denuncia: “Certa disattenzione da parte del Pubblico è voluta, come se la famiglia con un disabile non avesse diritto di vivere“ o a vivere non da famiglia. E Nicoletti, addossandosi la responsabilità di quanto stava per dire, ha accusato la politica di essere assente, anche in questo periodo elettorale: quanti politici hanno affrontato questo problema? Oggi se si parla di famiglia lo si fa soprattutto per difendere quelle omosessuali e la loro richiesta di adozione. I problemi della famiglia con due genitori, un padre e una madre, sembrano passati in secondo piano. Sarebbe bello poter riportare, parola per parola, le telefonate degli ascoltatori, a cominciare dal dolore e dalla fatica di Chiara, madre di un disabile con necessità d’assistenza ventiquattro ore su ventiquattro. Presente sempre, sempre sveglia, anche di notte: quando dorme, ogni due ore si alza comunque dal letto per controllare se suo figlio deve essere girato, se la ventilazione va bene. Vedova (quindi il carico è tutto sulle sue spalle, non ha un marito con cui condividere la fatica), ha diritto soltanto a sei ore di assistenza ai domiciliari, “e mi ritengo una tra le più fortunate”.

Già, perché c’è chi deve fare a meno di quelle sei ore anche durante le feste, durante i sabati e le domeniche o le vacanze estive, quando le scuole sono chiuse e i ragazzi, anche i disabili, restano a casa. Giornate, ha sottolineato Gianluca Nicoletti, che si trasformano in veri e propri incubi.
E poi, ancora, la domanda sul futuro dei disabili quando restano senza genitori; del perché il Pubblico arriva a dare alle comunità fino a quattrocento euro al giorno per ogni disabile accolto, invece di aiutare economicamente direttamente le famiglie.

Le parole degli esperti e dei genitori che sono intervenuti raccontando la propria difficoltà richiamano alla mente il discorso di papa Ratzinger alla Curia romana per gli auguri natalizi: “La famiglia è forte e viva anche oggi – ha detto -. E’ incontestabile però anche la crisi che, particolarmente nel mondo occidentale, la minaccia fino nelle basi”. Ed ha quindi proseguito spiegando quanto la teoria del gender presentata come “nuova filosofia della sessualità” contiene una “profonda erroneità”, come anche la rivoluzione antropologica che la sostiene.
In queste minacce che minano le basi della famiglia si può conteggiare anche la dimenticanza del Pubblico, minaccia non sempre riconoscibile ma per questo non meno grave e pericolosa. Anzi, forse maggiormente pericolosa, perché subdola e difficile da decifrare.