Se le scuole italiane diventano fucine di jihadisti
Italia, piccoli jihadisti crescono. Per quanti denunciano da anni il pericolo del proselitismo tra i banchi di scuola da parte della Fratellanza Musulmana, l’allarme lanciato sui maggiori quotidiani e agenzie stampa sulla radicalizzazione negli istituti scolastici non è certo una sorpresa. Il problema è come arginare il fenomeno.
Italia, piccoli jihadisti crescono. Per quanti denunciano da anni il pericolo del proselitismo tra i banchi di scuola da parte della Fratellanza Musulmana, l’allarme lanciato sui maggiori quotidiani e agenzie stampa sulla radicalizzazione negli istituti scolastici non è certo una sorpresa.
Se viene resa nota al pubblico la particolare attenzione riservata dalla Digos e dai servizi d’informazione per la concreta possibilità che giovani adolescenti restino incagliati nella rete dell’estremismo, su internet e frequentando cattive compagnie, significa che il fenomeno ha superato il livello di guardia. Lo stesso dicasi per la presenza di soggetti radicalizzati che fanno propaganda per Isis o Al Qaeda e sono collusi con il terrorismo: a dimostrarlo è il fatto che l’Italia è il primo paese in Europa per numero di espulsioni. Anche la radicalizzazione in carcere è tornata alla ribalta delle cronache, un fenomeno interconnesso alla criminalità, alla mancata integrazione, all’immigrazione clandestina.
Come affrontare dunque l’emergenza estremismo in Italia? Dopo decenni di proselitismo da parte dei Fratelli Musulmani, il terreno di coltura per la “creazione” di nuove e nuovi giovani foreign fighters è stato stabilito: moschee illegali, presunte associazioni culturali, imam fai-da-te, costituiscono il principale veicolo di estremismo e radicalizzazione nel nostro paese come nel resto d’Europa. A ciò va ad aggiungersi la consumata abilità della Fratellanza a incunearsi nelle istituzioni, nel mondo politico e nella società civile, con l’obiettivo d’impedire l’adozione di misure volte a demolire la loro infrastruttura del terrore, facendo al contempo avanzare l’agenda islamista. Di fronte alla crescente pressione dell’estremismo, la reazione si è finora limitata a impedire che la minaccia potesse concretizzarsi. Di qui il record di espulsioni, ad esempio. Ma non basta, perché le Lara “Khadija” Bombonati e Maria Giulia “Fatima” Sergio attualmente in gestazione, chiuse le porte del jihad in Siria, potranno un giorno o l’altro attaccare gli “infedeli” direttamente in territorio italiano.
Per un contrasto davvero efficace al terrorismo, occorre pertanto prevenire che la minaccia si formi, andando in primo luogo a colpire le fonti da cui provengono i finanziamenti. Senza gli ingenti flussi di denaro provenienti da paesi come Qatar e Iran, le infrastrutture del terrore e chi le anima non potrebbero sopravvivere. Si tratta indubbiamente di una questione politica, che esula dalle strategie di sicurezza in materia di lotta al terrorismo, specie per quel che concerne il Qatar. Da parte del governo italiano sarebbe un atto di grande responsabilità, oltre che di minimo buon senso, porre ufficialmente al regime di Doha la questione dei finanziamenti all’estremismo, pena sanzioni e la rottura delle relazioni diplomatiche, sul modello del Quartetto arabo contro il terrorismo.
Inoltre, è necessaria l’approvazione di stringenti misure che tolgano ogni margine di manovra alla Fratellanza Musulmana per svolgere attività di proselitismo finalizzate all’indottrinamento e al reclutamento, sia tra i giovani della seconda e terza generazione, che tra gli italiani tout court. A tal fine, va bloccato il proliferare di quelle associazioni che operano di fatto come moschee non autorizzate, svincolate dalla legge e destinatarie dei finanziamenti dei suddetti stati canaglia per fungere da luoghi di propaganda estremista. L’introduzione di un registro pubblico delle moschee e di un albo nazionale degli imam non è più procrastinabile, e va elaborata una mappatura a livello nazionale dei centri sociali frequentati dai giovani musulmani, intensificandone il monitoraggio al fine d’individuare i casi di radicalizzazione e intervenire a sostegno di questi giovani con l’assistenza di equipe specializzate di psicologi, sociologi e criminologi.
Per impedire che le scuole vengano utilizzate come bacino di reclutamento da parte di gruppi estremisti, andrebbero adottate iniziative che consentano di arrestare il fenomeno della dispersione scolastica nei ragazzi di fascia adolescenziale e che frequentano la scuola dell’obbligo, con una particolare attenzione alla componente femminile: sono infatti ancora molte le ragazzine costrette ad abbandonare la scuola per contrarre matrimoni forzati. Occorre poi costituire un osservatorio per il contrasto alla radicalizzazione all’interno delle singole carceri, così da favorire la separazione dei detenuti più radicalizzati da altri soggetti meno esposti al fenomeno, quest’ultimi ancora in grado di ricevere una corretta riabilitazione attraverso programmi di de-radicalizzazione.
In ultimo, ma non per importanza, occorre avviare una massiccia opera di corretta informazione, nonché di diffusione di una piena consapevolezza, circa la natura del nemico che stiamo affrontando. I rappresentanti delle istituzioni e i leader politici, la diplomazia come la comunità di sicurezza e difesa, il mondo accademico e quello dei media, la società civile, le nuove generazioni, i cittadini: tutti devono sapere cos’è la Fratellanza Musulmana per poterla evitare, denunciare e combattere, sconfiggendo l’emergenza estremismo in Italia.