Se Bersani vince, Caffarra va in galera
Una recente riflessione dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, su matrimonio e famiglia eterosessuale sarebbe passibile di denuncia se dovesse passare l'estensione della Legge Mancino.
«Nessuna civiltà, nessuna comunità nazionale fiorisce se non viene riconosciuto al matrimonio e alla famiglia la loro incomparabile dignità, necessità e funzione. Incomparabile significa che nel loro genere non hanno uguali. Equipararle a realtà che sono naturalmente diverse, non significa allargare i diritti, ma istituzionalizzare il falso». Per questa frase, contenuta in una riflessione offerta ai fedeli della sua diocesi, l’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, se Bersani vincesse le elezioni rischia il carcere.
Fantapolitica? Niente affatto. Nelle convulse, isteriche fasi finali della campagna elettorale più caotica e confusa del Dopoguerra, dove sono totalmente mancate la signorilità e la correttezza di un confronto leale tra avversari, è bene avere lo sguardo attento su ogni dichiarazione, su ogni sfumatura nelle parole dei protagonisti, per poter compiere la scelta giusta nell’urna.
Ebbene, a una convention organizzata a Roma da una variopinta serie di sigle gay, con la partecipazione di esponenti del Pd, Sel, Rivoluzione Civile e Movimento 5 Stelle, il candidato premier del centrosinistra Pier Luigi Bersani ha inviato un messaggio in cui si impegna a varare entro un anno - se vince - una legge sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso. E passi, non è una novità.
Ma nello stesso messaggio Bersani promette anche un’altra legge più preoccupante, da far decollare in tempi ancor più brevi, e cioè sei mesi: una norma che estenderebbe la legge Mancino (approvata 20 anni fa, condanna gesti, azioni e slogan che incitano alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali) anche ai «reati» di omofobia e transfobia: nuova fattispecie criminosa in cui si farà entrare di tutto. Accadrà così che non si potranno più difendere la famiglia tradizionale e il matrimonio inteso solo come unione tra un uomo e una donna, - come ha fatto appunto Caffarra - perché tale difesa sarà considerata come un (grave) atteggiamento di discriminazione verso i gay.
Come «assaggio» di quale sorte spetterebbe a tutti coloro che osassero avere una posizione critica verso l’omosessualismo e l’ideologia gender, che non ammettono le differenze sessuali come un dato di natura, valga l’immediata, violenta e volgare reazione di Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, che ha invocato il bavaglio e intimato di tacere a monsignor Caffarra, invitandolo alle dimissioni (da vescovo? da cristiano? da uomo libero?).
L’arcivescovo di Bologna, presagendo quale sarebbe stata la reazione alle sue riflessioni, ha precisato in sede di premessa che esse «non nascono da preoccupazioni politiche», ma vogliono essere dei «criteri di orientamento per il prossimo appuntamento elettorale». E ha aggiunto: «E’ come pastore della Chiesa che vi parlo». Citando anche Platone: «Non parlare come conviene non costituisce solo una mancanza verso ciò che si deve dire, ma anche mettere in pericolo l’essenza stessa dell’uomo».
Omofobo e meritevole di condanna anche Platone? Nel suo «vademecum per il voto», come è stato definito, l’arcivescovo di Bologna, oltre che la «salvaguardia dell’incomparabilità del matrimonio», indica ai credenti gli altri valori per cui battersi: il «rispetto assoluto di ogni vita umana, dal concepimento alla sua morte naturale», la «costruzione di un rapporto giusto fra Stato, società civile, persona», la «priorità del lavoro in un mercato non di competizione, ma di mutuo vantaggio», l’«affermazione di una vera libertà di educazione»; che non sono altri che i famosi «principi non negoziabili».
Precisa Caffarra: «Se con giudizio maturo riteniamo che nessun programma politico rispetti tutti e singoli i suddetti beni umani, diamo la nostra preferenza a chi secondo coscienza riteniamo meno lontano da essi, considerati nel loro insieme e secondo la loro oggettiva gerarchia». A poche ore dal voto (ultimo avviso ai naviganti) è più che mai necessario essere consapevoli dell’importanza di esercitare un «giudizio maturo» e «secondo coscienza».
Quello che è certo è che Bersani e la sua coalizione sono parecchio lontani dalla sensibilità espressa con tanta chiarezza dal pastore bolognese (con buona pace dei «cattolici» presenti nelle liste di Pd e alleati). E nonostante ciò l’ineffabile professor Monti afferma con candore che Bersani non sarebbe un cattivo capo del governo: basta che si liberi della tutela della Cgil.
Tutto qui? E la pericolosa deriva antropologica che stanno cavalcando gli ex comunisti, quella va bene? Ciò che conta è solo mettere a posto i conti dello Stato? Davvero poco. Nelle sue riflessioni, Caffarra non cita mai esplicitamente alcun partito o formazione politica. Lascia all’intelligenza e alla libertà dei fedeli capire come comportarsi nel segreto della cabina elettorale. E invita il clero diocesano ad assumere un atteggiamento corretto. Afferma: «Raccomando ai sacerdoti e ai diaconi permanenti di rimanere completamente fuori dal pubblico dibattito partitico, come richiesto dalla natura stessa del ministero sacro e da precise norme canoniche».
Si riferisce forse a chi appoggia e sostiene apertamente i partiti del centrodestra? Pare proprio di no: in questa tornata elettorale, così delicata e decisiva per il futuro dell’Italia, molti religiosi, ma anche qualche vescovo (come pure molti laici impegnati nell’associazionismo cattolico e nelle parrocchie), hanno in realtà fatto la scelta di schierarsi in gran numero in ben altre direzioni, orientando esplicitamente il voto dei credenti. E facendosi beffe delle indicazioni autorevoli della Chiesa.