Se a quel trans non piace la parola "peccato"
Un giovane transessuale, omosessuale e disabile, che si dichiara cattolico, scrive al Papa il quale gli risponde ricordando la realtà del peccato.
Ne avevamo già parlato: un giovane trans omosessuale e disabile scrive al Papa dichiarandosi cattolico. Questa la missiva: «Santità, mi chiamo Giona Dagnese, ho 22 anni, sono un ragazzo transgender, omosessuale e disabile, mi sentivo strattonato tra fede e identità trangender. Trans e credente, una volta al bivio ho scelto l’amore»
La risposta del Pontefice: «Il Signore sempre cammina con noi, sempre. Il Signore non ha schifo di nessuno di noi. Anche nel caso in cui noi fossimo peccatori, lui si avvicina per aiutarci. Il Signore non ha schifo delle nostre realtà, ci ama come siamo. E questo è l'amore pazzo di Dio. […] Non arrenderti… Avanti…».
E arriviamo alla seconda puntata. Giona commenta le parole del Papa sul quotidiano Open dichiarandosi dispiaciuto «che venga citato il peccato, come se portare con trasparenza la nostra identità nel mondo possa essere in qualche modo un errore».
Ma sta proprio in quella parola – “peccato” – la differenza tra essere cattolici e non esserlo: qualificare come peccati le condotte omosessuali e la volontà di essere transessuale.