Sdoganare il Qatar è un compromesso con l'islamismo
In vista dei Mondiali 2022, il Qatar torna a far parlare di sé (male). Ma c'è molto di più: isolato dagli altri Paesi del Golfo, il Qatar intende riconciliarsi con i vicini. Ciò porterebbe a uno sdoganamento dei Fratelli Musulmani, di cui il Qatar è sponsor
Il Qatar torna a far parlare di sé e male, naturalmente, con l’ennesimo scandalo legato ai Mondiali di calcio del 2022. Dopo la pioggia di tangenti versata per ottenere l’assegnazione della competizione sportiva, ecco giungere la notizia di una mega frode da 6 miliardi di dollari perpetrata ai danni di una fondazione anglo-spagnola da parte di un esponente del clan Al Thani. L’emiro Tamin non è coinvolto direttamente nella vicenda, in cui un ruolo determinante è stato svolto da un faccendiere italiano, ma è certamente con la garanzia della sua protezione che lo sceicco Fahad, il componente del suo stesso clan protagonista della truffa, continua a rifiutarsi di risarcire l’istituto rimasto vittima, contravvenendo a una sentenza di condanna emessa dalla giustizia inglese riconosciuta persino dal tribunale di Doha.
Per maggiori dettagli si rimanda all’articolo “Grosso imbroglio con sceicco” pubblicato su Panorama, a firma dei giornalisti Stefano Piazza e Luciano Tirinnanzi. Le strutture e i parchi divertimento che avrebbero dovuto essere costruiti in vista dei Mondiali con l’enorme somma di denaro versata dalla fondazione, non vedranno mai la luce, ma il nuovo fango che va a sporcare ulteriormente la già compromessa immagine degli emiri del Qatar purtroppo non ha alcuna incidenza sulle relazioni internazionali in senso a loro sfavorevole.
Piuttosto, sono stati mossi passi significativi nel Golfo per quella che viene chiamata “riconciliazione” con i Paesi del Quartetto antiterrorismo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto) che dal giugno 2017 tengono Doha sotto embargo aereo, marittimo e terrestre a causa del suo supporto all’islamismo dei Fratelli Musulmani, in alleanza con la Turchia di Erdogan, e dei suoi rapporti di collaborazione con l’Iran khomeinista.
Tali passi conducono al vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo che avrà luogo il prossimo 5 gennaio in Arabia Saudita, il membro del Quartetto più attivo nella promozione del disgelo con i rivali del clan Al Thani. Considerazioni di natura geopolitica spingono Riyadh a rivedere il proprio approccio in direzione di un riavvicinamento a Qatar e Turchia, in una fase in cui gli Accordi di Abramo e la normalizzazione arabo-israeliana presuppongono a un ricompattamento sunnita contro l’Iran khomeinista, sempre più aggressivo nello Yemen e in Iraq attraverso il supporto a milizie estremiste sciite.
Il ricompattamento è caldeggiato dagli Stati Uniti del Presidente uscente Donald Trump, preoccupato che l’entrante Joe Biden possa invece vedere di buon occhio il persistere della frammentazione tra i paesi del Golfo poiché favorevole all’Iran, sulla scia delle politiche benevole di Barack Obama verso l’espansionismo regionale di Teheran. Ciò malgrado il fatto che lo stesso Trump, all’apice delle ostilità tra il Qatar e il Quartetto, abbia più volte manifestato l’intenzione di designare i Fratelli Musulmani come organizzazione terroristica, provvedimento adottato da tutti i paesi del Quartetto.
C’è pertanto grande attesa per la possibile partecipazione dell’emiro Tamim al vertice di Riyadh su invito ufficiale del governo saudita (a rappresentarlo in precedenti riunioni del Consiglio era stato il suo ministro degli esteri). Un’attesa ancora più grande è forse riservata alla possibile partecipazione come osservatore del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, nemico giurato insieme agli Emirati Arabi Uniti dell’asse islamista composto dai Fratelli Musulmani, Qatar e Turchia di Erdogan.
D’altro canto, anche se Tamim e Al Sisi non dovessero recarsi a Riyadh, il processo di “riconciliazione” è ormai avviato, sebbene occorrerà del tempo prima che si compia pienamente, visti i numerosi nodi da sciogliere al tavolo diplomatico. Tra questi, il principale è il supporto di Doha ai Fratelli Musulmani, a cui i nodi restanti possono essere in gran parte ricondotti. Al riguardo, sembra che l’Arabia Saudita si sia rassegnata al rifiuto del clan Al Thani di porre fine a tale supporto e che sia quindi disposta a “barattare” una ri-legittimazione dei Fratelli Musulmani con un allontanamento del Qatar dall’Iran: una posizione verso la quale Riyadh starebbe cercando gradualmente di portare anche il Cairo ed Abu Dhabi.
A quasi 10 anni dallo scoppio della cosiddetta “Primavera Araba”, l’islamismo che ha seminato morte e distruzione in Siria e Libia, destabilizzando Medio Oriente e Nord Africa, appare dunque sul punto di ritornare in auge. Uno sviluppo che incontrerebbe il favore della nuova amministrazione statunitense, sulla base dello stretto sodalizio tra il PD americano e i Fratelli Musulmani, senza contrapposizione alcuna da parte europea, neppure della Francia di Macron che l’islamismo sta cercando disperatamente di combatterlo in casa. Non proprio un buon inizio per il 2021.