Scuola, l'ultima roccaforte del sindacalismo
Sia il ministro Boschi che il Corriere della Sera, dunque il governo e il principale quotidiano, iniziano a mettere in dubbio il modello scolastico statale finora dominante. La reazione dei sindacati è istantanea e disperata. Perché la scuola è la loro ultima roccaforte corporativa, al servizio del personale e non delle famiglie.
La riforma della scuola "non è un prendere o lasciare", ma "quello che non è accettabile è lasciare le cose come sono. La scuola solo in mano ai sindacati funziona? Io credo di no". E’ bastato che ieri a Pesaro, durante un convegno elettorale in vista delle imminenti elezioni regionali nelle Marche, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi dicesse per inciso queste poche parole, perché la Cgil reagisse in modo furibondo. "La dichiarazione della ministra Boschi conferma l'arroganza e il disprezzo della democrazia ", ha subito replicato inviperito il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo.
L’episodio è molto interessante: sembra infatti confermare che anche nell’area di governo si sta finalmente incrinando il tabù che è alla base della crisi della scuola statale. Come già ricordammo (Insegnanti in sciopero per difendere un disservizio, La Nuova Bussola Quotidiana, 5 maggio 2015) nel nostro Paese la scuola statale è innanzitutto al servizio non dei suoi scolari e studenti bensì dei suoi addetti, docenti e non docenti. Benché dunque l’art. 30 della Costituzione sancisca che “ mantenere, istruire ed educare i figli” è un” dovere e diritto dei genitori”, questi ultimi sono oggi ridotti al ruolo di… fornitori di materia prima di una scuola in mano al potere, ieri dello Stato o oggi di sindacati che, al di là dei loro meriti storici, sono ormai delle corporazioni. In tale quadro la scuola statale si fonda su una catena di comando in cui anelli di natura sindacale un po’ si alternano e un po’ si intrecciano con anelli di natura ministeriale. In una società plurale, come è quella del nostro tempo, una scuola - in cui ai genitori e ai figli maggiorenni venga restituito il diritto che la Costituzione loro riconosce - non può più funzionare così. Non sorprende quindi la reazione furibonda della Flc-Cgil: se nella scuola statale gli utenti entrano in gioco come elemento-chiave, le loro richieste di qualità e di congruità dell’insegnamento provocheranno in breve tempo il crollo dell’attuale quasi-monopolio statale centralizzato della scuola pubblica.
Lo scorso 6 maggio, proprio il giorno dopo lo sciopero nazionale della scuola, è uscito sul Corriere della Sera con apertura in prima pagina un commento molto significativo. A firma di Andrea Ichino il commento, tuttora reperibile nel sito internet del quotidiano, s’intitola Perché non chiedere consiglio alle famiglie?. Da sempre il Corriere non rischia nulla. Quando viene fuori a dire qualcosa di inaspettatamente coraggioso ciò significa che l’establishment del nostro Paese acconsente, e che dunque non c’è più bisogno di coraggio per dirlo. Resta però comunque al commento di cui si diceva il merito del primato, della novità. Dopo aver fatto rapido cenno a un imprecisato “estero” dove ciò è già accaduto, Ichino osserva che “In Italia il governo Renzi non ha avuto abbastanza coraggio nell’abbandonare la strada del dettare le regole dal centro”. E continua: “Gestire in modo rigido e burocratico un’organizzazione con quasi un milione di dipendenti lascia perplessi in un contesto che sempre più richiede processi decisionali rapidi e flessibili nel tempo e nello spazio (…) Perché non consentire allora di «fare scuola statale» in modi diversi da quelli che il governo di turno preferisce? Si noti: «consentire anche »…, non «consentire solo»”.
E’ molto probabile che sia le aperture del ministro Maria Elena Boschi a nome del governo e sia i suggerimenti del Corriere a nome dell’establishment si rifacciano alla cultura laburista cui il primo si ispira e che il secondo attualmente ha scelto di assecondare: che cioè puntino all’ efficienza e all’adeguatezza del servizio scolastico con riferimento a una generica “modernità” di contenuti, e che siano orientati a concedere ai genitori spazi di semplice democrazia “partecipativa”, ossia un ruolo per molti aspetti subalterno. Fossero anche entro tali limiti, tali aperture meritano comunque di venire attentamente considerate. Costituiscono infatti una base molto interessante su cui portare finalmente alla ribalta nazionale le questione della libertà di educazione; e quindi dell’autonomia responsabile, quale strada maestra per una riforma del sistema scolastico italiano.