Scuola e gender, ok il consenso informato ma non basterà
Sta per iniziare in Parlamento l'iter del disegno di legge voluto dal ministro Valditara per fermare l'indottrinamento Lgbt nelle scuole. È una legge necessaria ma richiede anche una maggiore vigilanza delle famiglie.

In questi ultimi anni è accaduto numerose volte che siano stati realizzati, all’interno delle scuole di ogni ordine e grado (comprese quelle dell’infanzia) progetti su tematiche riguardanti l’identità sessuale e le relative pratiche, spesso e volentieri celati dietro il paravento di programmi per l’educazione alla inclusione, alla tolleranza e/o contro le discriminazioni di genere, oppure presentati come percorsi di educazione affettiva, alfabetizzazione sentimentale o contrasto alla violenza e al bullismo.
In tal modo sono entrati nelle scuole, non poche volte, personaggi legati alle associazioni Lgbti+, che hanno avuto la possibilità di seminare, sul fragile terreno delle giovani generazioni, le loro teorie gender, alimentando in modo più o meno esplicito anche la disforia di genere.
Nei mesi scorsi, hanno destato un certo scalpore alcune iniziative di questo tipo realizzate a Pavia e Roma e, più recentemente, in provincia di Lucca, dove esperti esterni avrebbero tenuto lezioni a bambini di 6 e 7 anni su temi come sesso biologico, genere percepito e decostruzione degli stereotipi, nell’ambito di un progetto triennale finanziato dalla Regione Toscana con 600mila euro. E questi sono solo piccoli esempi fra i tanti che si potrebbero citare.
È questo il motivo per cui nei mesi scorsi il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara (nella foto LaPresse duranta la visita a una scuola), ha presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge che introduce nuove disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico, con regole più stringenti per le attività che trattano tematiche legate alla sessualità. Il provvedimento mira ad introdurre l’obbligo, per le istituzioni scolastiche, di ottenere dalle famiglie un consenso informato in forma scritta prima di avviare qualsiasi attività legata a temi di sessualità, mettendo anche a disposizione il materiale didattico previsto, così da permettere alle famiglie di esaminarne il contenuto. Nel caso in cui queste non autorizzino l’adesione, gli studenti potranno astenersi dalla frequenza qualora si tratti di attività extracurricolari, mentre per quelle relative all’ampliamento dell’offerta formativa l’istituto dovrà garantire attività alternative.
Il disegno di legge introduce anche disposizioni specifiche nel caso in cui sia previsto l’intervento di soggetti esterni come formatori: secondo l’Art. 2, l’ingresso di figure esterne alla scuola dovrà essere autorizzato sia dal collegio dei docenti sia dal consiglio d’istituto, con criteri di selezione basati su titoli, esperienza professionale e adeguatezza all’età degli studenti. Una norma di particolare rilievo, poi, data la delicatezza dell’età, riguarda la scuola dell’infanzia e primaria: per questi ordini scolastici sono escluse “in ogni caso” le attività didattiche e progettuali su temi attinenti alla sessualità, fatta salva quanto previsto dalle Indicazioni nazionali ministeriali.
L’iter parlamentare per l’eventuale approvazione del Disegno di Legge è in partenza, e ci si augura che per l’avvio del prossimo anno scolastico la norma possa essere già applicata. Ma servirà a fermare questa impressionante deriva? Qualche dubbio è legittimo, per diversi motivi.
Il primo è che, come insegna l’esperienza pregressa, le capacità di mimetismo di “certe” associazioni, non di rado assecondate dalla complicità di Dirigenti e organi collegiali compiacenti, è enorme. Scrivere un documento sui contenuti che dica tutto e niente, presentando titoli professionali che in realtà sono solo pezzi di carta (ma non identificano certo il pensiero e l’orientamento delle persone) per poi dire quello che si vuole, magari con sottile ambiguità, quando ci si trova dentro le aule, è tutto sommato molto facile….
Il secondo motivo è che le famiglie, oggi, sono in gran parte latitanti perché sbriciolate dalle separazioni e non di rado costituite da aggregazioni “fantasiose”, con ex coniugi in disaccordo fra loro e molto spesso disinteressati a entrare nel merito di questioni che hanno delegato in bianco alla scuola.
Un altro motivo, non irrilevante, è che la grancassa della propaganda che da anni insiste sui temi delle discriminazioni di genere, della libera sessualità, della necessità di educare alla affettività, sulla necessità della inclusione di qualsiasi orientamento senza dare giudizi, sul fatto che il sesso in realtà è assegnato alla nascita e non è un dato biologico, sulla prevenzione della violenza di genere, etc…, fa sì che tutto sommato le iniziative che in questi anni sono state portate avanti trovino il consenso (o quanto meno un giudizio di non dannosità) da parte di un certo numero di genitori, e che chi ha protestato sia in realtà una piccola minoranza considerata “retrograda”….
L’augurio, in conclusione, è che il disegno di Legge venga approvato e diventi presto esecutivo, perché sarà sempre meglio che niente. Ma se cambierà davvero qualcosa lo capiremo solo vivendo.
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