Trump taglia i fondi alle università pro-Pal. E privatizza l'istruzione
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Tagli ai fondi federali per le università protagoniste della protesta pro-Palestina, delle occupazioni e delle violenze contro gli ebrei. Ma si procede anche verso un più generale ridimensionamento del ruolo del governo federale nell'istruzione.

Per l’amministrazione Trump bastano pochi giorni per passare dalle parole ai fatti. E così, meno di una settimana dopo la promessa di punire le università più colpite dalle manifestazioni e dalle occupazioni pro-Palestina del 2023-24, con il taglio dei fondi federali, ecco arrivare i primi tagli. L’amministrazione Trump sta cancellando circa 400 milioni di dollari (sovvenzioni e contratti federali) alla Columbia University, epicentro della protesta.
L’università elitaria è sotto esame perché accusata di non aver protetto gli studenti ebrei. Le sovvenzioni in questione provengono dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, dalla General Services Administration e dal Dipartimento dell’Istruzione. «Le università devono rispettare tutte le leggi federali contro la discriminazione se vogliono ricevere finanziamenti federali», ha dichiarato Linda McMahon, la nuova Segretaria all’Istruzione. «La Columbia ha abbandonato questo obbligo nei confronti degli studenti ebrei che studiano nel suo campus».
L’università avrà adesso un periodo di revisione di 30 giorni per affrontare le preoccupazioni del governo e potenzialmente ripristinare i contratti. Trump avrebbe voluto tagliare ancor più fondi federali, per un valore complessivo di miliardi di dollari, ma venerdì ha deciso di mantenere intatte alcune sovvenzioni del National Institutes of Health alla Columbia. Secondo i dati del governo, nel 2024 la Columbia ha ricevuto più di 639 milioni di dollari in sovvenzioni dal NIH.
Ciò avviene nell’ambito del programma di revisione e repressione, per evitare che anche nel prossimo futuro si verifichino occupazioni e dimostrazioni tali da rovinare interi anni accademici. Prima per la protesta antirazzista di Black Lives Matter, poi per la guerra a Gaza, dal 2020 al 2024 sono stati anni orribili per gli studenti che vogliono studiare. «Gli agitatori saranno imprigionati o rimandati definitivamente nel paese da cui provengono. Gli studenti americani saranno espulsi definitivamente o, a seconda del reato, arrestati», aveva scritto Trump, a seguito del suo discorso al Congresso, il 4 marzo.
La scorsa settimana il Dipartimento di Giustizia ha dichiarato che una task force visiterà 10 università in cui si sono registrati più casi di antisemitismo (professori cacciati, studenti aggrediti, ecc…) durante le manifestazioni pro-Palestina. Fra queste primeggiano la Columbia University e la University of California, Los Angeles (Ucla).
Ma non si tratta solo di tagliare fondi a scopo punitivo. L’amministrazione Trump punta infatti a un graduale ritiro del governo federale dall’istruzione pubblica, in senso lato. Il taglio dei fondi riguarda anche la ricerca. Il National Institutes of Health, che finanzia la ricerca biomedica, ha annunciato che ridurrà la somma di denaro che il governo paga ai beneficiari delle sovvenzioni per le spese generali. Secondo il NIH, 9 miliardi di dollari dei 35 miliardi che ha concesso per la ricerca l’anno scorso «sono stati utilizzati per spese generali amministrative, quelle che sono note come “costi indiretti”». Una scuola che riceve una sovvenzione ottiene in genere un ulteriore 50% dei suoi costi diretti totali modificati (che includono stipendi, materiali e forniture, servizi, viaggi e alcuni pagamenti di subappalti) per coprire queste spese amministrative.
Più in generale, Trump intende iniziare a smantellare il Dipartimento dell’Istruzione. Ad occuparsi delle scuole, in futuro, saranno i singoli Stati (e i privati). La segretaria McMahon, come ha confermato lo scorso lunedì, ha promesso di ridurre il coinvolgimento federale nell’istruzione ed eliminare, già da subito, i programmi Dei (diversità, equità e inclusione).
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