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Scuola chiusa per Ramadan, un favore non richiesto all'islam

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Prevedendo troppe assenze il dirigente scolastico di Pioltello sospende le lezioni. Motivazione logistica, che domani sarà rivendicata come un diritto dai musulmani. E non basteranno i discorsi sulla nostra identità cristiana.

Attualità 19_03_2024
Foto Carlo Cozzoli - LaPresse

Il Consiglio dell’Istituto comprensivo di Pioltello ha deciso di chiudere le scuole – due primarie ed una media inferiore – in occasione della festa islamica della conclusione del Ramadan. Il provvedimento non poteva non rimbalzare immediatamente sui media e così infatti è stato. Toccava infatti il punto delicato dei rapporti con l’islam.

La motivazione spiegata poi dal dirigente scolastico tendeva a ridimensionare la strana scelta: si sarebbe trattato solo di una disposizione per motivi pratici. Egli ha spiegato che nel suo Istituto comprensivo il 40 per cento degli alunni risulta di fede musulmana. Mancando in quel tal giorno una fetta così grande della popolazione scolastica, tanto valeva sospendere le lezioni per tutti. Forse il dirigente intendeva dire che in questo modo nessuno avrebbe perso nozioni importanti delle materie scolastiche e non ci sarebbe stata la fatica di registrare le numerose giustificazioni per le assenze. In fondo non si trattava che di un solo, misero, giorno di scuola. Nessun intento politico, nessuna forma di sottomissione all’islam, nessuna prova generale per analoghi eventi futuri.

La maldestra decisione ha però peccato almeno di superficialità. È infatti facile osservare che il motivo quantitativo non può essere sufficiente per spiegare simili decisioni. Anche i problemi pratici hanno risvolti non solo pratici. Poniamo che ad essere assenti in un dato giorno fossero il 40 per cento degli studenti italiani, o di quelli indiani di fede indù, o di quelli di altre religioni. Inoltre, perché, paradossalmente, non ipotizzare una assenza di massa per qualche evento pubblico particolare del 40 per cento degli studenti provenienti da famiglie atee? Non stiamo esagerando, stanti gli attuali trend, si può prevedere che in un prossimo futuro nelle scuole italiane ci saranno prevalentemente alunni islamici e atei. Non credo che il Consiglio di Istituto abbia voluto porre la norma pratica che quando si arriva ad una certa percentuale di assenti per motivi religiosi si può chiudere la scuola, però si è avventurato su un terreno minato, nel quale il concetto di discriminazione religiosa è in solerte agguato. La decisione del Consiglio può essere accusata di aver privilegiato una certa confessione religiosa oppure di aver voluto lanciare un segnale su come gestire la scuola interreligiosa del futuro.

Ogni religione ha le proprie feste religiose. Nella scuola multireligiosa come si potranno concedere assenze per motivi religiosi in queste giornate di festa senza discriminare le altre religioni? La chiusura delle scuole alla domenica che nasce dalla religione cristiana è discriminante per i musulmani e per i sihk? Abbiamo visto le tante esperienze di abolizione del presepio o del crocefisso, perché la cosa non potrebbe ripetersi anche per la chiusura domenicale? A Pioltello, forse senza esserne pienamene consapevoli, sono entrati in queste problematiche, sicché la loro decisione è stata comunque un primo passo nel riconoscimento della convenienza di sospendere le lezioni per una festa religiosa non cristiana ma islamica. La convenienza di oggi può però diventare diritto domani. Oggi i musulmani di Pioltello ricevono un favore forse non richiesto, il rispetto pubblico per un loro evento religioso da ossequiare con una astensione dal lavoro scolastico, e per il Ramadan del prossimo anno lo chiederanno apertamente, minacciando un sit-in davanti alle scuole se non sarà loro concesso e, ne siamo certi, senza promettere eventuali analoghi trattamenti da parte loro.

In altri Paesi questi problemi sono scoppiati prima che da noi e di solito la soluzione adottata e suggerita da insigni intellettuali, come per esempio Charles Taylor, è quella di concedere a tutti l’assenza da scuola in occasione della propria festività religiosa. Non bisogna togliere qualcosa a qualcuno, ma darlo anche agli altri. Alla domenica i cristiani potranno non andare a scuola, al sabato potranno farlo gli ebrei e al venerdì i musulmani. Tutti per i loro motivi religiosi. Questa è la politica dei “bilanciamenti”, delle “soluzioni di buon senso”, degli “accomodamenti equi” con i quali ci si illude di risolvere i problemi della società multireligiosa. Politica che ha due grandi limiti: non riesce a distinguere né tra religioni e preferenze come stili di vita (perché i naturisti o i cultori dello yoga non dovrebbero avere la loro “domenica”?) né tra le religioni stesse, assegnando ad ognuna la stessa importanza.

Detto tra noi: probabilmente gli attori della ridicola e improvvisata commedia di Pioltello non sapevano di queste problematiche, né che la loro decisione – assunta solo per motivi pratici, non dimentichiamo – fosse un primo passo verso l’indifferentismo religioso proprio di ogni società multireligiosa. E non è detto nemmeno che i tromboni che si sono affrettati a richiamare in campo le solite argomentazioni roboanti sulle nostre origini cristiane e sulla nostra civiltà cristiana sappiano valutare la verità delle diverse religioni: non è sufficiente rivendicare i diritti del cristianesimo per motivi storici, ma bisogna farlo per la sua verità, unico argomento perché esso possa vantare un primato sulle altre religioni, per cui le scuole devono essere chiuse per motivi religiosi solo alla domenica, non al venerdì, non al sabato e nemmeno per la conclusione del Ramadan.



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