Scudo penale per i sanitari, non sia un colpo di spugna
Visto l'alto numero di denunce che i medici in prima linea devono subire, si sta inserendo nel "Cura Italia" uno scudo penale che li metta al riparo da futuri processi, vista l'eccezionale situazione. Ma vale anche per le strutture sanitarie che hanno mandato i medici allo sbaraglio. E il rischio è anche che restino impuniti gli abbandoni terapeutici.
- GESÙ MISERICORDIOSO, L'IMMAGINE CONTRO IL COVID-19, di Ermes Dovico
Nei giorni scorsi, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, avuta notizia di cause legali intentate da cittadini per l'accertamento della responsabilità per decessi da Covid-19, ed anche di azioni pubblicitarie di studi legali in tal senso, ha chiesto al governo di varare subito una norma a protezione dei medici impegnati a far fronte all'emergenza epidemica. "Tutto ciò - ha dichiarato Anelli - è mortificante per la categoria, perchè i medici sono quelli in questo momento in prima linea proprio per salvare quanti più pazienti possibile”. Inoltre, ha sottolineato Anelli in una sua dichiarazione all’ANSA, "va considerato che i protocolli di cura si stanno definendo di giorno in giorno sulla base di nuovi studi e dati. Invece, alcuni mirano ad evidenziare presunti errori commessi da quegli stessi medici che, spesso a mani nude, provano ad arginare l'emergenza pandemica”. Preso dalla foga della retorica, Anelli ha usato un’immagine, quella di medici che lavorano “a mani nude”, che in tempi di richiamo alla necessità assoluta di protezioni individuali è decisamente infelice.
Ma il senso dell’appello era chiarissimo e il Governo non è rimasto insensibile di fronte al grido di dolore del presidente della Fnomceo, sostenuto da altri autorevoli esponenti del mondo dell’associazionismo sanitario. Infatti, anche il presidente della Federazione di Asl e Ospedali (Fiaso), Francesco Ripa di Meana, ha chiesto a Governo e Parlamento che "nessuna sanzione penale o amministrativa sia prevista per chi è impegnato nell'emergenza da Covid-19", mentre i ginecologi delle società Sigo e Aogoi chiedono inflessibilità contro chi "specula sull'emergenza". Scrive al premier Giuseppe Conte anche il Collegio italiano dei chirurghi, chiedendo di intervenire sul tema della responsabilità penale e civile dei medici per "frenare l'onda di denunce che altrimenti rischia di mettere definitivamente al tappeto il Ssn.”
La questione delle cause legali contro i medici è annosa: ogni anno migliaia di cause vengono intentate da cittadini e dai legali che li assistono contro medici per errori, veri o presunti. La maggior parte di queste cause finisce in un nulla di fatto, ma è una realtà che questo fenomeno mette in difficoltà l’operato dei medici, obbligati ad assumere un tipo di atteggiamento definito “medicina difensiva”, un atteggiamento assunto da una grande maggioranza di sanitari che ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato, che ritiene di subire una pressione indebita nella pratica clinica quotidiana a causa della possibilità di tale evenienza, che subisce l’influenza di esperienze di contenzioso legale capitate ai propri colleghi.
La conflittualità legale nei confronti dei medici è dunque un problema reale. Tuttavia, il decreto ora in discussione pone ulteriori questioni delicate. Il testo definitivo ancora non c'è, ma è già evidente un sostegno politicamente bipartisan al decreto. In questo momento gli operatori sanitari godono di una grande popolarità, sui media vengono presentati come degli eroi, e pertanto nessuna forza politica vuole farsi sfuggire l’occasione di coglierne le simpatie. Così è già arrivato il parere favorevole del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede agli emendamenti al dl Cura Italia sulla responsabilità sanitaria legata all'emergenza Coronavirus. La norma indicherebbe che la responsabilità civile degli esercenti la professione sanitaria sia limitata ai casi di dolo e colpa grave e, sul versante penale, la punibilità sarebbe limitata ai soli casi di colpa grave. Diverse le variabili da tenere in considerazione tra cui l'eccezionalità della situazione e la disponibilità di attrezzature e personale.
Infatti in discussione non c'è solo la responsabilità dei singoli operatori sanitari nei confronti dei pazienti, ma anche quella delle strutture sanitarie che non hanno dotato medici e infermieri di dispositivi di sicurezza adeguati. Per queste il decreto garantirebbe un vero e proprio colpo di spugna. Da un’altra parte, il richiesto “scudo legale” per gli operatori sanitari, limitando la punibilità solo per il reato di dolo, potrebbe far sì che le scelte di abbandono terapeutico cui si sta assistendo rimangano impunite. Scelte determinate - come sappiamo - da protocolli illegali, mai ufficialmente autorizzati. L’eccezionalità della situazione rischia di far passare come lecite pratiche che non possono diventarlo.
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